I ribelli (e i raid) mettono in fuga le truppe del Raìs

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BENGASI — «Grazie Allah, grazie Nato!» . Guardano felici al cielo i ribelli vittoriosi. Sparano all’impazzata con i mitra puntati verso l’alto, non contro il nemico, a celebrare un successo che solo otto giorni fa sembrava perduto. «Se non ci fossero stati i vostri jet, le colonne di Gheddafi ci avrebbero massacrato» , ammettono in tanti. Non sono più soli. E allora via veloci verso Ovest, per superare la linea del fronte appena dopo le raffinerie di Ras Lanuf dove si erano impantanati meno di due settimane fa. Ieri pomeriggio il tabù è stato infranto. In serata avevano raggiunto la cittadina di Ben Jawad. «Lunedì siamo a Sirte, la strada per Tripoli è aperta. Gheddafi prepara le valigie» , cantano inebriati di gioia. Un’avanzata di 400 chilometri in 48 ore. Ora i due grandi poli petroliferi della Libia centrale (Brega e Ras Lanuf) sono nelle loro mani. «Il Qatar ci ha già  promesso aiuti per l’esportazione degli oltre 130.000 barili di greggio che siamo in grado di produrre subito» , spiegano ottimisti a Bengasi. Dopo la caduta sabato mattina di Ajdabiya, la loro offensiva si è trasformata in un gigantesco salto in avanti. Ma è sufficiente osservare il loro comportamento sul terreno e ricordare le vicende belliche recenti per suonare un campanello d’allarme. La Rivoluzione del 17 febbraio ha compiuto ieri il suo 40esimo giorno e non è detto che i trionfi delle ultime ore debbano perpetuarsi senza ombre sino a Tripoli. «Non abbiamo imparato nulla dalle battaglie delle ultime settimane? Stiamo correndo troppo veloci. Occorre fermarsi, riorganizzare le truppe, studiare strategie di attacco per la presa della Sirte, dove sono le tribù fedeli a Gheddafi e dove non c’è stata alcuna rivolta di piazza» , sostengono diversi avvocati e intellettuali che compongono i circoli del governo transitorio a Bengasi. Tutto lascia credere che i problemi di fondo che indeboliscono le truppe rivoluzionarie non siano risolti. In ordine d’importanza: gravi tensioni tra i giovani rivoluzionari e i veterani del vecchio esercito che dovrebbero guidarli; la mancanza di organizzazione e addestramento; la superiorità  delle armi dei gheddafiani. Le conseguenze si sono viste nelle battaglie tra lunedì e sabato per la presa di Ajdabiya. Poche centinaia di soldati di Gheddafi sono riusciti a resistere. Se non fossero tornati i caccia francesi e britannici per colpire i tank anche nella zona urbana, ci sarebbe stato il rischio che riprendesse l’offensiva su Bengasi. Da allora l’avanzata dei rivoluzionari è stata un gioco da ragazzi. Gipponi lanciati all’inseguimento dei nemici senza sparare un colpo. Così 80 chilometri più avanti è stata presa Brega, poi per altri 50 fino al villaggio di Bashar e l’oasi di Agheila. Ieri mattina ancora avanti per 100 chilometri: Ras Lanuf. Qui è stato necessario organizzare pattuglie. Bisognava sincerarsi che i depositi locali di gas e greggio fossero intatti. La cittadina ha 40.000 abitanti, la maggioranza è fuggita, ma tra i pochi rimasti non mancano i militanti pro Gheddafi. Sono le avvisaglie delle difficoltà  dei prossimi giorni. Una quarantina di chilometri a ovest di Ras Lanuf, superato il villaggio di Ben Jawad, l’oasi di Nufliah segna il confine storico tra Libia orientale e occidentale. Qui comincia il territorio delle tribù pro Gheddafi di Sirte. I rivoluzionari sperano con la loro presenza di incitare a nuove sommosse la popolazione locale. Non è detto che sia semplice. Certo Sirte è nel mirino: ieri sera gli aerei della coalizione hanno lanciato i primi raid, con almeno due forti esplosioni udite in città . Giornalisti occidentali sono stati portati da Tripoli a Sirte viaggiando su pulmini bianchi senza alcuna insegna «press» , costretti ad avvertire le rispettive ambasciate per non correre il rischio di essere colpiti dai jet Nato. Mentre i gheddafiani hanno cominciato a spostarsi da Sirte: ieri una colonna di venti automezzi militari (con artiglieria anti aerea) ha lasciato la città  natale del Colonnello verso Tripoli, seguita da decine di automezzi civili.


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