Abidjan è in festa “Basta con le guerre”

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ABIDJAN – Sui banchetti dei mercati è tornata la verdura fresca. Le donne trasportano sul capo sacchi di cereali, mentre i bambini saltano a corda per strada e gli uomini bevono caffè seduti ai tavolini dei bar. Mercoledì questa città , sconvolta da una settimana di combattimenti, un dissesto economico che si protrae da mesi e stretta a lungo nella morsa di un tiranno sconfitto che si rifiutava di abbandonare il campo, sembrava tornare lentamente alla normalità . A due giorni dall’assalto alla residenza presidenziale da parte delle forze dell’opposizione e dalla cattura del despota Laurent Gbagbo, gli abitanti della città  si muovono tra ciò che resta degli scontri della settimana precedente: veicoli bruciati, vetri mandati in frantumi durante ripetuti saccheggi, distese di rifiuti mai raccolti e abbandonati in strada da mesi e l’occasionale rumore di spari. Plateau, il centro cittadino degli affari, appare ancora semi deserto, fatta eccezione per i rapinatori armati e i cecchini che si nascondono all’interno degli edifici più alti. Altrove però, i segni della rinascita di questa vasta città  portuale appaiono inequivocabili. In alcune zone il clima di tensione che ha caratterizzato i mesi precedenti, quando il terrore suscitato dalle forze di sicurezza di Gbagbo aveva svuotato le strade, è ormai svanito. Anche i posti di blocco controllati dai giovani sostenitori armati di Gbagbo, un tempo onnipresenti, non si vedono più; al loro posto si incontrano invece occasionali drappelli delle forze irregolari di Alassane Ouattara – il vincitore delle elezioni dello scorso anno ma solo adesso entrato in carica. Brandiscono fucili, ma lasciano passare la gente. In alcuni quartieri gli abitanti esprimono sollievo e si augurano che la crisi, durata cinque mesi, sia ormai alle spalle. Dal suo quartier generale, allestito alla bell’e meglio nei locali di un albergo, Ouattara ha dichiarato ai giornalisti che si metterà  immediatamente al lavoro per ricostruire il Paese. Dal punto di vista della sicurezza, ha aggiunto, la situazione rimane delicata: per le strade si aggirano rapinatori armati, e lui ritiene sia necessario punire tutti coloro, compresi i suoi stessi uomini, che si sono macchiati di reati contro i diritti civili. Ouattara ha inoltre annunciato l’imminente nomina di una commissione che avrà  il compito di stabilire «la verità  su quanto accaduto» durante i dodici anni torbidi e tumultuosi in cui il Paese ha assistito a colpi di stato, guerre civili, la violenta ascesa al potere di Gbagbo e la sua brutale repressione di ogni forma di dissenso. «Dobbiamo far luce su tutto questo», ha affermato Ouattara: «Gli ivoriani devono sapere cosa è successo». Poi, assumendo toni conciliatori, ha aggiunto che gli uomini del despota saranno «assolutamente protetti» da qualunque aggressione fisica. Ouattara, ex primo ministro nonché ex economista del Fondo monetario internazionale, ha una laurea in economia e con i suoi abiti immancabilmente scuri e i suoi toni pacati è molto lontano dal populista Gbagbo, ex-professore e istigatore di folle. Nell’enfatizzare i particolari della ricostruzione, Ouattara ha annunciato che ripristinerà  l’energia elettrica e l’acqua corrente e riaprirà  le banche – rimaste chiuse da quando i leader dell’Africa occidentale esclusero il governo di Gbagbo dalla banca centrale regionale. «Lavoreremo duro», ha affermato: «Tra qualche mese vedrete una Costa d’Avorio riabilitata». In una zona del quartiere di Koumassi, in cui la maggioranza degli abitanti è a favore di Ouattara, alcuni clienti del Petit Café du Grand Nord dicono che il processo di rinascita è già  iniziato. Ritengono che il semplice fatto di potersene stare seduti a un bar sia un buon segno. Nei mesi scorsi, quando le forze di sicurezza di Gbagbo arrivavano senza preavviso e iniziavano a sparare, farlo sarebbe stato troppo pericoloso. «La vita sta riprendendo, molto lentamente», dice Laye Konate: «La gente sta tornando a lavorare. In futuro speriamo di avere pace». Mohamed Diakite, intento a osservare una donna che pulisce noci di cocco sul lato opposto della strada, esclama: «È finita. È Finita. Siamo stati terrorizzati e traumatizzati». Malgrado l’ottimismo però, il Paese versa in una «grave situazione umanitaria», stando a quanto dichiarato mercoledì di fronte al Consiglio di Sicurezza da Valerie Amos, responsabile del settore Affari umanitari dell’Onu. Amos ha aggiunto che scuole e ospedali rimangono chiusi, le famiglie non hanno da mangiare e alcuni quartieri sono ancora privi di elettricità . Inoltre, ottocentomila persone sono state costrette ad abbandonare la propria casa. «Malgrado l’arresto di Laurent Gbagbo, la situazione umanitaria in Costa d’Avorio rimane profondamente preoccupante». (Copyright New York Times/La Repubblica Traduzione di Marzia Porta)


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