Gli indagati diventano quattordici i Radicali sperano nel Consiglio di Stato

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MILANO – Ottocento firme false e 14 indagati tra consiglieri e sindaci del Popolo delle Libertà . Il tutto per portare Roberto Formigoni al vertice della Regione Lombardia, per la quarta volta. L’inchiesta del procuratore aggiunto Alfredo Robledo ha smascherato il gigantesco raggiro interrogando uno per uno i firmatari “dubbi” della “Lista Formigoni per la Lombardia”. E uno dopo l’altro hanno messo a verbale davanti ai carabinieri che quella firma non è la loro. Ne servivano almeno 3.500 per accedere alle elezioni, ne sono state raccolte oltre 3600, ma quasi 800 sono risultate false. Nel registro degli indagati sono finiti alcuni consiglieri provinciali di Milano (Massimo Turci, Barbara Calzavara, Nicolò Mardegan e Marco Martino), insieme a quelli di altre province lombarde, nonché sindaci e consiglieri eletti nel Pdl, tutti pronti a convalidare il falso in nome della ragione di partito. Alcuni più solerti di altri sono arrivati a convalidare da soli oltre cento firme. La procura contesta loro l’articolo 479 del Codice penale: «Falsità  ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici», un reato che prevede pene da tre a dieci anni. Come viene spiegato nell’invito a comparire notificato agli indagati (che verranno interrogati a partire da lunedì prossimo), i consiglieri avrebbero agito «in concorso con altre persone allo stato non identificate». Gli inquirenti stanno cercando di individuare chi materialmente ha trascritto le firme, poi autenticate dai consiglieri. Per i falsi firmatari è ipotizzabile l’accusa di falso materiale mentre i consiglieri sono accusati di falso ideologico. Gli accertamenti eseguiti dalla procura di Milano potranno essere disponibili per un eventuale utilizzo in sedi amministrative o civili per chiedere la verifica della regolarità  delle elezioni, ma solo quando il fascicolo penale verrà  chiuso. Serviranno soprattutto ai Radicali (estromessi dalle Regionali per non aver raggiunto il numero sufficiente di firme) che presentarono fin da subito ricorso in Tribunale. Presto, il 17 maggio prossimo, il Consiglio di Stato dovrà  valutare un ricorso presentato dal partito, nel quale si chiede la decadenza di tutti i consiglieri regionali eletti in Lombardia, proprio sulla base della falsità  delle firme. «Formigoni chieda scusa ai cittadini ai quali ha mentito e ancor più a quelli a cui è stata falsificata la firma», è l’invito che ieri il radicale Marco Cappato ha rivolto al governatore della Lombardia. «La giustizia faccia il suo corso, sperando che non intervenga una leggina ad hoc per sanare la falsità  materiale e ideologica commessa. Ma se i magistrati sostengono che quella lista è stata presentata in modo errato vuol dire che anche la candidatura non è stata presentata in modo corretto e quindi deve essere ripetuta dichiarandone la decadenza», ha aggiunto Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei Valori. Guido Podestà , all’epoca coordinatore regionale del Pdl, che nei giorni scorsi aveva scaricato ogni responsabilità  sulle spalle di una segretaria della sede del partito, ieri ha bollato come «balla stratosferica» la notizia secondo cui il rifacimento in extremis del listino fosse dovuto all’inserimento di Nicole Minetti. Ma tra le varie anime del Pdl milanese è già  guerra tutti contro tutti, alla vigilia delle Comunali nelle quali Letizia Moratti rischia la poltrona di sindaco.


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