La tv dei terroni per l’unità  nazionale

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In effetti, per quanto attiene in particolare a quest’ultimo capitolo, è vero che per un complesso di ragioni storiche, culturali ed economiche, le notizie e le opinioni generalmente “calano” sul Mezzogiorno: nel senso che i giornali, le radio e le televisioni a diffusione nazionale sono per lo più basate da Roma in su. E quindi, a parte le edizioni locali dei grandi quotidiani come il nostro e le edizioni regionali dei Tg della Rai, il flusso mediatico parte dal Centro-Nord e arriva al Sud. Non c’è, insomma, una testata giornalistica o televisiva meridionale che abbia una diffusione e una dignità  nazionale. Sarà  per carenza di mezzi, di idee o di iniziative, sta di fatto che nel panorama dell’informazione italiana manca una “voce del Sud”, qualificata e autorevole, in grado di rappresentare la tradizione culturale, le ragioni economico-sociali e gli interessi legittimi del Mezzogiorno. Eppure, le redazioni di tutti i giornali principali abbondano di professionisti che sono nati e si sono formati al Sud. A occupare in qualche modo questo vuoto, sta provando da sei mesi Tg Norba 24, il canale “all news” lanciato a fine ottobre sulla piattaforma satellitare e sul digitale terrestre dal gruppo di Luca Montrone, patròn di TeleNorba, la maggiore emittente locale che ha sede a Conversano, provincia di Bari, diffusa in gran parte del Centro-Sud. E stando ai primi dati, presentati ieri a Milano in una convention intitolata “Il ruolo dell’informazione televisiva nell’Italia federale”, l’esperimento sembra aver prodotto qualche risultato apprezzabile. In sintesi, tra novembre e febbraio, Tg Norba 24 ha superato più volte il milione di ascoltatori quotidiani, attestandosi su una media di 900 mila al giorno, di cui poco meno di 300 mila fuori della Puglia. Ogni settimana sono stati raggiunti circa tre milioni di ascoltatori diversi, cioè a rotazione: 1,7 nella regione e 1,3 nel resto d’Italia. E nel mese di gennaio, questi sono stati addirittura sei milioni (2,7 in Puglia e 3,3 nelle altre regioni). Ma, al di là  dei numeri, ciò che più conta è la linea editoriale di questo telegiornale “sudista”. Per quanto radicato nel Mezzogiorno e focalizzato in prevalenza sulle notizie che riguardano più direttamente le regioni meridionali, Tg Norba 24 punta a raggiungere una collocazione nazionale, con un “taglio” profilato ma non “antagonista” nei confronti del Nord. E dunque, secondo il concept del progetto, “non una televisione contro, ma una televisione per”. In un Paese come il nostro, in cui gli editori dei giornali lamentano a giusta ragione che la tv rastrella ancora troppa pubblicità  a danno degli altri media, il circuito delle emittenti locali rappresenta da sempre un potenziale “terzo polo” rispetto al duopolio Rai-Mediaset: oltre il 6% complessivo degli ascolti, contro il 44,72 del servizio pubblico e il 41,74 del Biscione. Tanto più che sia La 7 sia Sky, nonostante la qualità  della loro programmazione, superano a stento il 3% ciascuna. Ma la ripartizione della “torta” pubblicitaria risulta evidentemente sbilanciata a favore di Mediaset che detiene la quota maggiore con il 55,5%, contro il 28,1% della Rai, il 7,1% delle locali, il 5,9 di Sky e appena il 3,4 attribuito a La 7. Per garantire il pluralismo dell’informazione e la libera concorrenza, occorre dunque una più equa distribuzione delle risorse pubblicitarie: prima, tra la carta stampata e la tv; e poi all’interno del settore televisivo. La sperequazione attuale, infatti, è fortemente condizionata dalla duplice concentrazione televisiva – pubblica e privata – che soffoca tutti i competitors, con buona pace della scellerata legge Gasparri che ha prodotto solo il flop del digitale terrestre. E così si spiega l’anomalia italiana, per cui il nostro è tuttora l’unico Paese occidentale in cui la televisione supera la carta stampata nella raccolta pubblicitaria: rispettivamente, il 56,3% contro il 30,3. Mentre i migranti del Nord-Africa premono alle porte del Mezzogiorno d’Italia e gli istinti separatisti della Lega arrivano a ipotizzare la nostra uscita dall’Europa, è proprio a un’informazione più pluralista e responsabile che spetta il compito di coltivare l’unità  nazionale oltre il suo 150° anniversario. Non si tratta di dividere il Paese tra nordisti e sudisti, come in una guerra di secessione strisciante. Ma piuttosto di rivendicare l’identità  collettiva attraverso il richiamo a una storia, a una tradizione e a una cultura comune.


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