Libia, sui raid La Russa dice no a Gates “Ma non è per una questione etica”

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WASHINGTON – «Bob ha compreso che non doveva insistere» dice Ignazio La Russa sulla scalinata del Pentagono «e ha capito che è inutile che faccia insistere anche altri più in alto di lui». L’Italia non bombarderà  la Libia. Ma chi ci sarà  mai più in alto del capo della Difesa Usa, Robert Gates, che chiama per nome dopo 40 minuti a colazione? Il presidente Barack Obama che telefona direttamente a Silvio Berlusconi? Per la verità  al ministro in missione è toccato anche “correggere” il suo premier. Berlusconi dice che non bombardiamo la Libia per una questione «etica»? Non è bello parlare di etica «mentre i nostri amici alleati bombardano» dice. «Certo ho espresso anche a Gates le preoccupazioni del premier. E non si tratta soltanto del nostro passato coloniale ma anche di quello recente». Eppure gli americani hanno insistito affinché gli italiani si impegnino di più. «Ne abbiamo parlato anche a quattr’occhi» ammette La Russa. E come ci siamo giustificati? «L’Italia non è seconda a nessuno. E agli americani ho ribadito il nostro impegno. Dalle sei basi a disposizione dalla gestione degli immigrati». Mentre l’ipotesi di mandare addestratori italiani a formare i ribelli è un problema «futuro», che al momento non è stato affrontato in «alcuna sede ufficiale». Eppure la coalizione s’è mossa su mandato dell’Onu per evitare il massacro dei civili: evitato quello di Bengasi lasciamo adesso i martiri di Misurata al loro destino? Sarebbero mille dall’inizio della guerra. Mentre le ultime notizie in arrivo dal campo sono devastanti: i ribelli dicono che Muhammar Gheddafi ha fatto 100 morti in 48 ore bombardando il sud: «Continueremo a operare con tutto il nostro impegno». Il fatto è che l’innegabile impegno degli italiani vive anche di cocenti contraddizioni. Una settimana fa il ministro Franco Frattini è venuto qui a Washington per dire davanti a Hillary Clinton che «l’Italia crede che all’interno della risoluzione Onu ci sia spazio per ragionare sulle armi ai ribelli». Adesso invece La Russa dice che in quella risoluzione «non sembra esserci spazio». Come la mettiamo? «Un conto è parlare di fucili, pistole. Un conto fornire a questo esercito che non è un esercito aerei, bombe». Il fatto nuovo – su cui ieri ha insistito anche Frattini – è l’accentuarsi del rischio che dietro agli insorti ci possano essere anche gli estremisti di Al Qaeda. «Ne abbiamo parlato con Gates» dice La Russa. Che strappato questo lasciapassare americano adesso potrà  dire ai colleghi di Francia e Inghilterra – tra incontri e telefonate – che non sarà  l’Italia a rinforzare le azioni della Nato ormai a corto di munizioni. La soluzione? «Noi ci auguriamo una via d’uscita politica. Un’opinione molto forte all’interno della Nato non considera compatibile la presenza di Gheddafi con la cessazione dello stato di pericolo per la popolazione». La posizione è fortissima: è la dichiarazione congiunta Obama, Cameron e Sarkozy. Ma l’Italia non vuole bombardare ora: figuriamoci quindi – «io non me la auguro» dice La Russa – come reagirebbe di fronte «a una soluzione militare». Forse a quel punto bisognerebbe rifare un giro dall’amico Bob.


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