Masi se ne va (tra le polemiche) Tempi rapidi per la successione

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ROMA — Ieri mattina a viale Mazzini è finita l’era di Mauro Masi che lascia l’incarico di direttore generale: ieri l’assemblea della Consap, la società  a controllo statale dei servizi assicurativi pubblici, lo ha designato come nuovo amministratore delegato. L’interessato è molto soddisfatto: «Sono davvero onorato di assumere l’incarico di amministratore delegato della Consap e ringrazio sinceramente per la fiducia accordatami» . Alla presidenza resta Andrea Monorchio. E a viale Mazzini si attende il consiglio di amministrazione del 4 maggio per la formalizzazione delle dimissioni di Masi. Il candidato più forte alla sua successione resta Lorenza Lei, ora vicedirettore generale per le Risorse artistiche e l’area gestionale, di area cattolica e quindi molto gradita ai vertici vaticani e della Conferenza episcopale italiana. Da molti anni la cultura cattolica non esprime un responsabile a viale Mazzini. Non è un caso che Ettore Bernabei, direttore generale dal 1961 al 1974 con la Dc al potere, dichiari: «Lorenza Lei appartiene a un nucleo di altissima professionalità  che ancora pulsa in Rai. Farà  bene» . I tempi potrebbero essere rapidissimi. Se ci fosse l’accordo, il presidente della Rai Paolo Garimberti potrebbe concordare mercoledì 4 maggio l’intesa col Tesoro, arrivare a un’assemblea totalitaria dei soci Rai e giungere alla seconda convocazione del Consiglio Rai lo stesso giovedì 5 con il voto. C’è chi parla di un anticipo dell’operazione nei due giorni di martedì 3 e mercoledì 4 per dare subito alla Rai, appesantita da molti problemi aperti, una guida certa. Gli addii a Masi risentono di mesi e mesi di polemiche. Nino Rizzo Nervo, consigliere Rai di area Pd: «Col metodo Masi del continuo rinvio l’azienda era paralizzata, ora si volti pagina» . Giorgio van Straten, consigliere di identico orientamento: «Oggi è una bella giornata per la Rai, gestione negativa dal punto di vista manageriale e subalterna alla politica» . Invece Alessio Gorla, consigliere Rai in quota Pdl, si dichiara rammaricato: «Con lui avevo un buon rapporto» . Antonio Verro, stessa collocazione: «Masi ha posto le basi per il raggiungimento di un equilibrio economico del Servizio pubblico che noi tutti da tempo auspichiamo» . Ma proprio dal Pdl il commissario di Vigilanza Raffaele Lauro assicura: «Masi va via? Non verserò una lacrima, non ha mai dato risposta alle mie richieste, informative e documentali, avanzate in Commissione sull’andamento gestionale della Rai, violando l’articolo 3 del regolamento. Spero in una rapida successione con un’altissima professionalità  come quella di Lorenza Lei» . Secondo l’Italia dei Valori (Leoluca Orlando) «finisce una delle più buie pagine del servizio pubblico, una triste era» . Il Pd è ugualmente pesante, con Vincenzo Vita: «Finisce, augurabilmente, un incubo. Ancora dobbiamo capire perché è arrivato lì a suo tempo. I danni prodotti sono molto pesanti, in particolare sulle politiche industriali» . Roberto Rao, Udc: «Le questioni che Masi lascia aperte sono ancora molte e delicate. Tocca ora all’intero Cda affrontare tali questioni in tempi rapidissimi, arrivando prima di tutto ad una nomina largamente condivisa del nuovo direttore generale» . Per la successione, ferma restando l’ipotesi di Lorenza Lei, non c’è clima di scontro. Dalla maggioranza arrivano segnali di dialogo. Giancarlo Mazzucca, anche lui membro della Commissione di Vigilanza: «Occorre privilegiare la professionalità , la Rai ha bisogno di una scelta condivisa» . E sempre Gorla prevede «una scelta interna» . 


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QUELLA LETTERA DI NAPOLITANO

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Forse all’attuale sottosegretario all’editoria, Carlo Malinconico, è sfuggita la lettera che, un mese fa, il presidente Napolitano ha scritto ai giornali colpiti dai tagli lineari del ministro Tremonti. Rileggendo quella breve e tempestiva nota, coglierà  la distanza tra gli auspici del presidente della repubblica e il provvedimento di questo governo. Rispondendo all’appello dei cento direttori delle testate sotto attacco, il capo dello stato condivise «la preoccupazione per i rischi di mortificazione del pluralismo dell’informazione» auspicando «una riconsiderazione delle decisioni del governo».

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