“In Libia la Nato non fa abbastanza”

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LUSSEMBURGO – Continuano le incertezze degli europei sulla conduzione delle operazioni militari e umanitarie in Libia. Sul piano militare, Francia e Gran Bretagna non sono soddisfatte del livello di pressione che la Nato sta esercitando sulle milizie di Gheddafi, che continuano ad assediare Misurata, e chiedono ai partner di «fare di più» soprattutto per quanto riguarda i bombardamenti a terra. Ma le loro richieste, per il momento, si arenano di fronte alla resistenza degli americani a impegnare di nuovo i loro aerei e alle perplessità  degli europei, e in particolare dell’Italia, ad aumentare le risorse a disposizione. A Misurata la situazione è drammatica. «La comunità  internazionale intervenga per scongiurare un massacro», dicono gli insorti da Bengasi, che spiegano: «Dall’inizio della guerra Gheddafi ha già  ucciso 10 mila persone». Sul piano umanitario, ieri i ministri degli esteri dell’Ue hanno discusso il concetto operativo per la protezione militare della missione umanitaria in Libia, che dovrebbe essere accompagnata da truppe sul campo. Ma l’Ufficio umanitario delle Nazioni Unite appare riluttante a chiedere l’intervento dei militari per proteggere gli operatori sul terreno. Una perplessità  che l’alto rappresentante Ue per la politica estera, Catherine Ashton, ha definito «comprensibile», anche se ha confermato che l’Ue è pronta a fornire protezione «se le Nazioni Unite dovessero richiederla». In ogni caso, l’alto rappresentante ha escluso che la missione militare possa estendersi anche sul suolo libico. Ma il maggior motivo di contrasto, destinato a venire al pettine della riunione dei ministri degli Esteri della Nato giovedì a Berlino, riguarda le operazioni militari dell’Alleanza. Ieri il capo della diplomazia francese, Alain Juppé, ha criticato la direzione delle operazioni militari: la Nato, secondo lui, «non fa abbastanza» per fermare gli attacchi delle truppe di Gheddafi. Anche il suo collega britannico, William Hague, ha sottolineato la necessità  di «fare di più», ed ha chiesto ai partner europei di mettere a disposizioni più aerei da bombardamento. La Nato ha respinto seccamente queste critiche. «Considerando i mezzi a disposizione, stiamo facendo un gran lavoro e mantenendo un ritmo operativo elevato», ha dichiarato il generale Mark van Uhm, responsabile delle operazioni aeree sulla Libia. In realtà , dopo il ritiro degli americani dalle operazioni attive, l’Alleanza deve far fronte ad una netta riduzione dei mezzi a disposizione, e avrebbe bisogno di più aerei da bombardamento. L’Italia, che sinora fornisce solo aerei Ecr per il disturbo radar e caccia per la protezione dei bombardieri, è uno dei Paesi a cui è stato chiesto di fornire anche Tornado per missioni di bombardamento. Ma il governo appare molto perplesso. Secondo Frattini, la posizione del nostro Paese è particolarmente delicata a causa del passato coloniale in Libia. «Con il trattato di amicizia ci siamo scusati per la morte dei libici per mano dei fascisti colonizzatori: non vorremmo un secolo dopo trovarci per errore ad uccidere di nuovo dei civili libici». Frattini, poi, dice anche di nutrire «forti dubbi sull’ipotesi di accompagnare con armi sul terreno una missione umanitaria». Anche il ministro della Difesa, La Russa, ha confermato le perplessità  italiane. «Ci è stata chiesta una maggiore partecipazione agli attacchi a terra. Ma c’è una certa riluttanza da parte nostra. Sin dall’inizio abbiamo assunto il peso di altre missioni: quello di fornire le basi, gli Ecr che siamo gli unici ad avere, un numero di caccia, il supporto all’embargo navale e di essere in testa all’azione umanitaria. Abbiamo titoli per dire che stiamo già  facendo abbastanza».


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