“L’Europa decida unita il nucleare è superato”

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«Io spero che gli italiani vadano numerosi al referendum di giugno e facciano sentire chiara e forte, in modo incontrovertibile, la loro voce contro l’energia nucleare. L’Italia è la culla della civiltà , è rimasta l’ultimo baluardo dell’occidente ad avere resistito a questa fonte: non è possibile che ora dia anche un minimo segnale di incertezza, né basta la moratoria proclamata dal vostro governo. Ma spero che Fukushima rappresenti anche un campanello d’allarme per l’intera umanità ». Jeremy Rifkin, classe 1945, economista della Warthon School, fondatore della Foundation on Economic Trends di Washington, è contro il nucleare da tempi assolutamente non sospetti. Ora che il disastro giapponese sta prendendo dimensioni sempre più catastrofiche, vuole che si colga l’occasione per dire basta una volta per tutte, e su scala globale, a quest’energia «sporca, pericolosa e antieconomica». Il problema è che quest’energia ce l’abbiamo tutti in casa o poco fuori. Il caso dell’Italia è simbolico: l’abbiamo fermata in patria ma ne siamo circondati… «Infatti è il momento perché a livello di Unione Europea si avvii un sano ripensamento o perlomeno un robusto dibattito sul nucleare. Gli stati che vi hanno fatto ricorso, e purtroppo per voi fra questi spiccano i vostri vicini francesi, hanno sempre evitato un confronto franco e leale con i loro partner confinanti sui pericoli dell’atomo. Tutto questo deve diventare una cosa del passato. È urgente che la Comunità  si faccia carico di questo problema. Magari prendete spunto dal fatto molto significativo che la Germania sta facendo marcia indietro, per portare il caso a Bruxelles. Non è possibile che una materia come il nucleare, che è sovranazionale per definizione, rimanga dominio di un singolo paese. Lo sapete a che velocità  si muovono l’aria e l’acqua contaminate in caso di incidente? Bisogna che tutti si prendano la loro responsabilità , altrimenti in caso di emergenza ci sarebbe una fuga dalle colpe, anche finanziarie». Finanziarie? «Sì certo. Oltre al tributo in vite e salute umana, che non ha prezzo, vi siete chiesti quanto vi costerebbe un incidente nucleare in Francia o in un altro dei paesi a voi vicini, in termini di indennizzi, di cure, di ricostruzioni, di decontaminazione? E chi pagherebbe il conto? Siete sicuri che i francesi o chi per essi se ne farebbero carico? Potrebbe essere per voi l’equivalente di una recessione, roba da far saltare i conti pubblici. Tutto questo è doppiamente paradossale essendo voi un paese no-nuke». Prima di Fukushima stava crescendo in Italia il numero di chi diceva: visti gli avanzamenti della tecnologia, quasi quasi… «Macché, tutte follie alimentate dalla lobby filonucleare che in Italia come in tutto il mondo è fortissima e finanziatissima. Credetemi, se si riuscirà  a portare la questione a livello comunitario, sarà  il momento di riflettere attentamente sulle fonti alternative: solare, eolico, geotermico, biomasse. Lì sì che la tecnologia ha fatto passi da gigante. Non come il nucleare, dove da 60 anni ci vengono a dire che stanno per risolvere il problema delle scorie, che invece è rimasto irrisolto. E poi Three Mile Island, Chernobyl, Fukushima…cos’altro deve accadere?» Lei è stato consulente per i piani energetici di alcune amministrazioni in Italia. Che impressione ne ha tratto? «Abbiamo redatto i masterplan di Lazio e Sicilia: non c’è traccia di nucleare. E mi risulta che analoga posizione la abbiano le altre regioni. Nessuna comunità  locale lo accetta, in nessuna parte del mondo». Veramente in Francia dicono che tante regioni accettano entusiasticamente quest’opzione… «Vorrei vedere come fanno a estorcere il consenso. Lo sapete che proprio in Francia quattro anni fa ci fu una siccità  e morirono tantissime persone? Era mancata l’elettricità  per i condizionatori perché le centrali nucleari hanno bisogno di acqua, l’acqua appunto scarseggiava per la siccità  e così molte avevano dovuto spegnerle. Il 40% dell’acqua sorgiva è usata in Francia per raffreddare le centrali, secondo me ci vanno di mezzo perfino le falde che portano all’Italia. Vede cos’è la dipendenza dal nucleare? Imporre una centrale è opera solo di un governo autoritario e antidemocratico». L’argomento forte dei sostenitori dell’energia nucleare è la mancanza di emissioni di CO2 nell’atmosfera. Ha ancora senso? «Lei che pensa? Oltretutto, quell’affermazione era già  una truffa. Perché la riduzione del CO2 si faccia sentire non bastano le 450 centrali in servizio che contribuiscono a non più del 6% del fabbisogno complessivo. Bisogna arrivare al 20%, ma questo significa avviare tre centrali al mese per i prossimi 6 anni. Un incubo e una spesa folle: solo a quel punto si avrebbe una sensibile riduzione del CO2. Ma avete visto a che prezzo? Per fortuna di tutto questo non se ne farà  più nulla. Almeno spero».


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