Referendum, a rischio anche quello sull’acqua

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ROMA – Dopo il nucleare l’acqua. Il governo apre alla possibilità  di un secondo intervento legislativo ad hoc, per bloccare sul filo del traguardo anche il referendum sulla privatizzazione delle risorse idriche. Lo ha detto chiaramente il ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani a Radio Anch’io: «Su questo tema, di grande rilevanza, sarebbe meglio fare un approfondimento legislativo». Sulla stessa lunghezza d’onda si era già  espresso il sottosegretario Stefano Saglia. La sortita di Romani è servita a raccogliere le sollecitazioni venute da Roberto Bazzano, presidente di Federutility, la federazione che riunisce i gestori degli acquedotti («Chiediamoci seriamente se non sia il caso di evitare un referendum che ha sempre più un taglio puramente ideologico»). Ma ha suscitato le proteste del Comitato referendario e dell’opposizione. «E’ un colpo di mano, si vuole togliere la voce ai cittadini: evidentemente c’è chi ritiene che le consultazioni popolari sui temi concreti facciano saltare le decisioni prese da pochi nell’interesse di pochi», accusa il presidente del Wwf, Stefano Leoni. Per i comitati che hanno raccolto un milione e 400 mila firme a sostegno del referendum si tratta di uno scippo. «Prima hanno buttato dalla finestra 350 milioni di euro pur di evitare l’accorpamento con le amministrative», ricorda Luca Martinelli, del Comitato promotore referendario. «Adesso provano a togliere di mezzo altri due quesiti, in modo da lasciare solo quello sul legittimo impedimento, su cui non sembra che il Parlamento intenda modificare il quadro legislativo». Secondo i promotori del referendum sull’acqua, l’abrogazione di una parte della legge Ronchi non basterebbe però a bloccare entrambi i quesiti perché uno dei due fa riferimento a un quadro di privatizzazione che ha cominciato a delinearsi con la legge Galli del 1994. «E’ in atto un secondo tentativo di truffa», accusa il leader dei Verdi Angelo Bonelli. «Sul nucleare il governo ha già  cancellato le norme su cui poggiano i quesiti referendari dicendo esplicitamente che valuterà  se reinserirle in un secondo tempo con modifiche trascurabili. Significa prendere in giro gli italiani e violare la Costituzione che assegna ai cittadini la possibilità  di esprimersi direttamente attraverso i referendum». «E’ l’ennesimo tentativo di scardinare le basi della nostra democrazia, ma la parola ora passerà  alla Corte di Cassazione», aggiunge Valerio Calzolaio, coordinatore del Forum Sel sui beni comuni. «E va ricordato che abbiamo un sistema legislativo che offre una serie di paletti a protezione del voto popolare. Una volta avviato il processo referendario un’abrogazione delle norme, o attraverso le urne o attraverso un preventivo intervento normativo, ha effetti giuridici abrogativi che durano cinque anni».


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