Bin Laden ucciso in Pakistan con un colpo in testa dagli agenti americani

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ABBOTTABAD (PAKISTAN) – È riapparso in Pakistan, come molti si aspettavano, ma non nel luogo dove tutti pensavano: dopo 10 anni di latitanza Osama Bin Laden, capo di Al Qaeda, si è materializzato lunedì mattina qui ad Abbottabad, una sonnolenta cittadina a un’ora di auto da Islamabad, dietro alle mura che proteggono una villa a meno di 2 chilometri di distanza dall’accademia militare Kakuk, frequentata dai più alti generali pachistani, tra i quali il capo dell’esercito Ashfaq Pervez Kayani. Ieri pomeriggio questo luogo era il centro del mondo: polizia ed esercito a chiudere le strade, centinaia di persone in strada, telecamere e cronisti da mezzo mondo e sullo sfondo una villa bianca inavvicinabile, da cui ancora si alzava il fumo: quella dove viveva il leader terrorista. La casa fortificata è più alta di quelle che sorgono nella zona: si trova al fondo di una strada sterrata, protetta da un grande cancello e circondata da un ampio terreno. È qui che durante la notte fra domenica e lunedì (intorno all’una ora locale) tre elicotteri americani sono atterrati per portare a termine l’operazione in cui sono morti Osama bin Laden e almeno tre degli uomini che erano con lui. Uno di loro è uno dei figli dei capi di Al Qaeda: fra le vittime ci sarebbe anche una donna, usata come scudo umano dai terroristi. Sarebbe una delle mogli di Bin Laden: altre due sono state arrestate. Con loro altri sei dei figli del leader estremista. «Civili stranieri, comprese donne e bambini, sono stati fatti prigionieri», ci conferma, senza dire altro, una fonte del ministero dell’Interno pachistano. La stessa fonte sostiene che Bin Laden sarebbe morto in giardino e che gli arrestati in tutto sarebbero 12. La ricostruzione fatta dagli americani parla di un blitz rapido, svoltosi in 45 minuti: i commandos Usa (una ventina di uomini in tutto) sono atterrati e hanno fatto irruzione nella villa. Di fronte alla resistenza degli uomini hanno sparato, uccidendo Bin Laden con un colpo in testa: il corpo del terrorista sarebbe stato prelevato e portato via sugli elicotteri, per effettuare un test del Dna. Dopo uno stop in Afghanistan per le analisi e confermato che fosse davvero il suo, è stato gettato in mare. Prima di partire l’unico inconveniente dell’operazione: uno degli elicotteri si è bloccato e le forze speciali hanno dovuto aspettare che ne arrivasse un altro. Nel primo pomeriggio, quando la casa era circondata da polizia ed esercito pachistano, incaricati di tenere lontani le decine di cronisti e le centinaia di curiosi giunti fino a qui, dalla villa si alzava ancora il fumo del velivolo, distrutto dagli stessi americani prima di ripartire. Dai tetti delle case vicine si potevano vedere gruppi di uomini si aggirarsi nel giardino con in mano attrezzature elettroniche: «Sul prato sono stati trovati bruciati nastri e computer. Stavano cercando di scappare senza lasciarsi tracce e prove alle spalle. Stiamo ancora ispezionando l’interno: potremmo trovare armi e lanciamissili», ci dice il portavoce dell’esercito, generale Athar Abbas. Fuori dalla villa, centinaia di curiosi: alcuni vivono qui intorno, altri sono arrivati non appena sentita la notizia: «Non riesco a crederci – dice Tahir Khan, un vicino di casa – un giorno mi sono trovato fuori da quella casa e un uomo che indossava abiti arabi mi ha chiesto di andarmene. Sembrava furioso. Il mio primo pensiero è stato che quella doveva essere una residenza di soldati della sicurezza o dell’esercito. Pareva che l’ingresso principale fosse sempre chiuso: vedevamo arabi andare avanti e indietro ma mai avrei pensato ad Osama Bin Laden». Ma qualcosa di strano saltava agli occhi: «Vedevo un andirivieni di persone in quella casa. Erano misteriosi. Indossavano abiti di foggia araba. Nessuno di loro ha mai parlato con noi vicini. Comperavano farina afgana. E la sicurezza, tutto quel filo spinato: pareva inspiegabile. Lo avevamo detto alla polizia, ma non ci hanno prestato attenzione», sostiene un altro vicino, Mohammad Khalid. Le sue parole aprono la strada a uno dei dubbi più grandi di questa vicenda: davvero, come sostiene il governo, nessuno in Pakistan sapeva? O piuttosto Osama bin Laden viveva ancora sotto la protezione dell’ISI, il servizio segreto che a lungo lo ha assistito negli anni della lotta contro i sovietici in Afghanistan? «È sicuramente un flop dell’intelligence che vivesse accanto all’accademia militare e noi non lo sapessimo – ammette il generale Abbas – ora abbiamo chiesto alle agenzie d’intelligence di spiegare che cosa ha portato a questo grossolano errore. Siamo lieti della sua uccisione, ma non avremmo mai voluto che lo trovassero in Pakistan. Ora però lanceremo un’operazione a tutto campo per vedere quanti terroristi di Al Qaeda e di altri gruppi si nascondono qui». Al di là  dei commenti ufficiali, l’operazione ha messo i pachistani in grave difficoltà : sia che si sia svolta senza la loro cooperazione (e quindi in violazione della loro sovranità  nazionale) o con la loro assistenza (e quindi voltando le spalle alle potenti frange estremiste locali) l’immagine del governo di Islamabad esce danneggiata dalla vicenda. Il primo ministro pachistano Yousuf Raza Gilani ha detto che l’uccisione di Bin Laden è stata una «grande vittoria», ma subito i partiti dell’opposizione hanno definito l’intervento statunitense all’interno del Pakistan «un attacco».


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