I veri numeri sugli immigrati

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Sulla base di un riassunto (polemico con il governo) apparso su Repubblica il nostro collaboratore ha tratto le seguenti conclusioni: a) che nel biennio 2009-2010 sono immigrate in Italia 648.000 persone, suddivise in occupati (+309.000), disoccupati (+104.000) e inattivi (+235.000); b) che quindi il tasso di attività  degli immigrati è del 49 per cento mentre il tasso di disoccupazione è del 25,2 per cento; c) che il reddito pro-capite del Nord Italia, con questi nuovi ingressi, si è ridotto dell’1,1 per cento. La persona che arriva a queste conclusioni è, credetemi, molto più intelligente, preparata e anche più scrupolosa della media. Peccato che quanto scrive siano balle.
VI È UNA MORALE , in questa storia, anzi due. La prima consiste nel fatto che la faziosità  (come quella della giornalista di Repubblica che, per dare sulla testa a Tremonti, stravolge il contenuto del rapporto falsandone, come vedremo, le implicazioni) ha spesso l’effetto opposto a quello desiderato. La seconda morale è peggiore: il livello di disinformazione e ignoranza dei fatti cui è scesa l’opinione pubblica italiana è preoccupante. Fa spavento quanto poco gli italiani capiscano di economia, quanto incapaci siano giornalisti ed economisti italiani di riportare tali fatti e di interpretarli correttamente.
Tratte le morali, vediamo perché le affermazioni a) e c) riportate sopra sono scempiaggini. I 648 mila stranieri in più non sono il frutto solo di immigrazione ma anche di fertilità  interna. Lo stesso studio riporta che gli stranieri nati in Italia sono circa 77 mila all’anno, ossia 154 mila in due anni. Poiché la nostra legislazione, basata sullo ius sanguinis, li considera stranieri, questi nuovi nati, da soli, spiegano il 65,5 per cento di quei 235 mila nuovi stranieri inattivi. Un ragionamento analogo vale per i dati sulla disoccupazione. Il tasso di disoccupazione è ovviamente maggiore fra gli stranieri che fra gli italiani (11 per cento verso 8 per cento), ma questo è dovuto quasi esclusivamente al loro maggior tasso di attività . Anche se dovessimo calcolarlo sulla base dei dati di cui sopra (che includono persone in età  non lavorativa) esso risulterebbe pari al 64 per cento; sul totale della popolazione italiana esso era del 48,4 per cento nel 2010 (Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro, tabella 2.5). Fra le persone in età  da lavoro, il tasso di attività  degli stranieri è invece del 72,7 per cento contro il 61,6 per cento degli italiani. Idem per il tasso di occupazione che, come riportato anche dal documento in questione, risulta pari a quasi il 64 per cento fra gli stranieri e al 56 per cento fra gli italiani. Anche a voler confrontare il comportamento sul mercato del lavoro degli stranieri con quello del “virtuoso” Nord (come ogni buon leghista richiede) il risultato non cambia. Il tasso di attività  del Nord si aggira attorno al 53 per cento sul totale della popolazione e il 69 per cento fra le persone in età  da lavoro. Niente da fare, insomma: questi maledetti migranti, anche tenendo in conto quelli che si fermano a godersi il sole del Centro-Sud, lavorano di più.
La cosa più importante è che senza quei lavoratori immigranti (che lavorano a salari molto inferiori a quelli degli italiani) una valanga di piccole e medie aziende italiane rimarrebbero in piedi. A queste vanno aggiunti pure tutti i produttori italiani che senza la domanda di beni e servizi dei 4,2 milioni di migranti avrebbero chiuso. Siccome l’immigrato (specialmente se clandestino) non riceve sussidio, pensione o trasferimento alcuno dallo Stato, la domanda in questione è privata; frutto del lavoro migrante e non delle tasse di qualcun altro. Infatti risulta palese, anche dallo studio in questione, che solo grazie agli stranieri disposti a lavorare per molto meno degli italiani l’occupazione non è crollata negli ultimi tre anni e migliaia di aziende non hanno chiuso. Per orrenda che sia, la crisi economica italiana sarebbe stata peggiore e la caduta del Pil pro capite ancora più grave se non ci fossero stati questi inutili migranti!
OBIEZIONE : gli immigrati che arrivano sono poco produttivi e sanno fare solo lavori umili. Certamente: vengono quelli che l’economia del paese domanda. La produttività  dello straniero dipende dal lavoro che gli offri e che è disponibile. Importiamo stranieri scarsamente produttivi perché il nostro sistema economico genera solo nuovi lavori scarsamente produttivi: si chiama declino, signori, declino. La qualità  dell’immigrante medio altro non è che un termometro che lo misura: a Palo Alto l’immigrante medio ha un PhD e non dipende dal clima, ve lo posso assicurare.
P.S. Visto che è tempo d’austerità  vale la pena notare che lo “studio” in questione non è stato prodotto dai funzionari del ministero o dell’Istat, ma da una lunga lista di consulenti esterni. Sarebbe bello sapere quanto diavolo è costata questa mediocre rielaborazione di dati pubblici stampata su carta patinata. Mi offro di farla fare io alla mia research assistant cinese per metà  della cifra, qualsiasi essa sia stata. Magari il ministro Sacconi vuole renderla pubblica, la cifra, così la prossima volta facciamo domanda anche noi emigrati.
*Washington University in St. Louis


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