La Grecia di nuovo nella bufera

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MILANO – Nuova bufera (come al solito in arrivo dalla Germania) sul debito greco. Ad alzare il tiro su Atene è stato Der Spiegel Online preannunciando per la serata di ieri una riunione dei ministri delle finanze dell’eurozona in cui il governo di George Papandreou avrebbe annunciato l’uscita dall’euro e il ritorno alla dracma. L’indiscrezione – che ha fatto scivolare l’euro da 1,45 a 1,43 sul dollaro in pochi minuti – è stata smentita a stretto giro di posta dall’esecutivo ellenico, dal presidente dell’eurogruppo Jean Claude Juncker e da quasi tutti i governi europei (con l’Italia tra le poche eccezioni). Diverse fonti confermavano però un incontro “privato” in corso tra i ministri delle finanze dei maggiori paesi europei in Lussemburgo per fare il punto sulla situazione in Grecia e Portogallo. Secondo l’agenzia France Presse, si discuterà  anche della candidatura di Mario Draghi alla presidenza della Bce.
La pressione per una ristrutturazione dei 325 miliardi di debito greco è in effetti altissima da settimane. E lo stillicidio di sollecitazioni in arrivo quasi quotidianamente da Berlino non aiutano certo il faticoso lavoro del governo Papandreou. Lo scorso anno Ue e Fmi hanno varato un piano da 110 miliardi per puntellare i conti di Atene in cambio di un drastico programma di tagli all’economia ellenica. Il mercato resta pero scettico («la ristrutturazione del debito è inevitabile», ha scritto ieri anche il New York Times). L’esecutivo è riuscito a tagliare la spesa pubblica del 9% e a varare numerose riforme. Ma la crisi economica (-3% il pil 2011) ha rallentato le entrate: il deficit 2010 è al 10,5% del prodotto interno lordo, oltre le stime dell’esecutivo e il governo ha dovuto varare un nuovo piano da 76 miliardi tra tagli e privatizzazioni per rispettare i suoi obiettivi.
La prossima settimana gli esperti di Ue e Fmi torneranno ad Atene per verificare il rispetto degli impegni e stanziare un’altra tranche di aiuti (per ora hanno staccato assegni per 30 miliardi). Il salvagente internazionale durerà  fino alla seconda metà  del 2012, quando la Grecia – che potrebbe però chiedere un ulteriore sforzo a Bruxelles – dovrà  in ogni caso reperire sul mercato 25 miliardi. Impresa che in queste settimane, con i tassi sui biennali oltre il 20%, pare in salita.
Cosa succederà  allora? I tedeschi spingono per una rinegoziazione soft del debito, con un allungamento delle scadenze. Un modo per non penalizzare gli istituti di Berlino che hanno in pancia 40 miliardi di titoli greci. Il timore è che lasciando passare troppo tempo, la situazione possa precipitare costringendo Atene a una manovra più drastica (come un taglio del 40% del valore delle sue obbligazioni) che rischierebbe di mettere ko il credito teutonico. George Papaconstantinou, ministro delle finanze ellenico, continua a smentire entrambe le ipotesi: «Rispetteremo i nostri impegni». Una certezza che deve però fare i conti con la forza d’urto dei fondi speculativi anglosassoni che hanno rastrellato credit default swap per proteggersi e che dal crac del paese, a questo punto, avrebbero tutto da guadagnare.

 


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