Marchionne pronto a uscire da Confindustria

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TORINO – Dal primo giugno prossimo la Chrysler sarà  una delle controllate che compaiono nel bilancio Fiat, come, ad esempio, Ferrari e Magneti Marelli. Sergio Marchionne sbarca in Italia con la spilla «Paid» per ricordare a tutti di aver restituito il debito con Obama e il governo canadese. Si gode il successo ma subito deve affrontare le spine del rapporto con i sindacati e Confindustria. Riaprendo il dossier di una eventuale uscita di tutta la Fiat dall’associazione di Emma Marcegaglia. Tema spinoso che l’ad affronta nel pomeriggio in un faccia a faccia con il ministro Sacconi.

La giornata parte a Torino con le note positive. Tra una settimana, quando sarà  perfezionato l’acquisto di una quota del 16 per cento di Chrysler da parte di Fiat, il Lingotto sarà  il primo azionista di Auburn Hills e dovrà  quindi consolidare la casa di Detroit nel suo bilancio. Nascerà  così un gruppo mondiale da oltre 4 milioni di auto (4,2 secondo gli obiettivi 2011) che punta a raggiungere presto i 6 milioni entro il 2014. Ma sarà  anche questa una fase di transizione. Il passaggio successivo è quello della nascita di una società  unica: «La fusione è logica. Per un costruttore generalista non ha senso procedere con gestioni separate», dichiara l’ad del Lingotto a margine della presentazione della nuova Ypsilon. Non c’è fretta: «La fusione non è un tema cruciale da affrontare subito». Ma Marchionne ha abituato tutti a tempi accelerati e c’è da immaginare che per l’operazione non passeranno anni: in Usa non saranno disposti ad accettare per molto tempo il fatto di vedere una delle tre case di Detroit consolidata tra le controllate di una società  italiana. Prima di arrivare alla società  unica la strada è ancora lunga. Fiat può salire fino al 70 per cento di Chrysler se esercita tutte le opzioni call in suo possesso. Lo farà ? «Se quelle opzioni ci sono è per un motivo», risponde laconico l’ad.
Dopo i fasti americani, gli scogli italiani. Il principale è ancora quello delle relazioni industriali: con i sindacati e con Confindustria. Torino lascia viale dell’Astronomia? «La questione non è all’ordine del giorno», risponde secco il Lingotto alle indiscrezioni circolate nel pomeriggio. Eppure proprio di questo discutono a Roma Marchionne e Sacconi in un confronto durato un’ora e preceduto da un colloquio tra lo stesso Marchionne e Emma Marcegaglia. La Fiat teme un’eventuale sconfitta in tribunale contro la Fiom che ha impugnato l’accordo di Pomigliano. Il processo inizierà  il 18 giugno e potrebbe concludersi entro l’estate. Se il Lingotto vincerà  non avrà  problemi. Ma in caso di sconfitta tutti gli accordi separati firmati a Pomigliano, Mirafiori e alla Bertone decadrebbero e la Fiat verrebbe condannata per aver violato le leggi. L’unica soluzione alternativa potrebbe essere quella di un provvedimento legislativo, una mossa comunque imbarazzante anche per l’attuale governo, pure disposto a dare una mano a Torino: «Non siete soli», dice Sacconi all’ad. L’ipotesi dell’uscita di tutta la Fiat da Confidustria e l’adozione in tutto il gruppo del contratto nazionale di Pomigliano potrebbe rappresentare una via di fuga per evitare la decadenza dei nuovi contratti al centro delle polemiche di questi mesi. «E’ una mossa inevitabile – commenta Roberto Di Maulo del Fismic – per rispondere all’attacco della Fiom e all’incapacità  di Confindustria di risolvere il problema». «L’uscita da Confindustria – replica Giorgio Airaudo della Fiom – non risolverebbe il problema. Se vinceremo la causa gli accordi decadranno comunque».

 


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