Prove di vendita per la Industrial così Marchionne rafforzerà  Chrysler

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TORINO – Arrivare alla Chrysler anche attraverso Fiat Industrial. E’ la mossa che studia Sergio Marchionne su uno scacchiere sul quale sta giocando anche il governo americano, e con le agenzie di rating Moody’s e Standard & Poor’s che gli danno una mano. Se glielo si chiede, lui continua a dire che non ci pensa nemmeno. Ma ci pensa, eccome. Al punto da avere affidato di recente a un gruppo di banche l’incarico di trovare un acquirente per la società  che raggruppa CNH e Iveco dopo lo spin off di inizio 2011. Per Fiat industrial c’è stata già  nella seconda metà  del 2010 qualche avance da parte di Daimler, mai smentita con decisione dagli interessati, ma si cercano anche altri possibili acquirenti. L’idea trasmessa dall’ad del Lingotto alle banche è che sarebbe bene si trattasse di un gruppo dell’eurozona per evitare critiche aggiuntive a quelle sul trasferimento di Fiat negli Usa. In questa operazione Marchionne avrebbe il sostegno della famiglia Agnelli e, soprattutto, di quella parte che, dopo l’operazione Gm, è convinta che egli sia il migliore dei «venditori» possibili e che, avendo come obiettivo quello di monetizzare, è pronta a incassare almeno una parte di quanto si potrà  ricavare dalla cessione di Fiat industrial. E non sarà  una cifra di poco conto, trattandosi di un gruppo diversificato (camion, trattori e macchine movimento terra) presente su gran parte dei mercati mondiali. E al quale, da quanto si sa, sarebbero interessati alcuni importanti fondi d’investimento. Tutto questo per fare che cosa e entro quando? Ecco la seconda mossa di Marchionne, che porta a un recente contatto tra lui e Barak Obama. Propiziato dai collaboratori più stretti del presidente americano, in questo contatto il numero uno di Fiat-Chrysler avrebbe promesso di impegnarsi a fare grande l’industria americana dell’auto in modo da aggiungere punti importanti alla rielezione di Obama. Del resto la rifinanziarizzazione del debito che Chrysler ha col governo Usa (in misura più limitata anche con quello canadese) consentirà  a Marchionne di restituire in anticipo 7 miliardi e questo è un passo che, in tempi di elezione, conterà  molto in un Paese che non ama l’idea di uno stato imprenditore soprattutto se lo è con i soldi dei contribuenti. Tale disponibilità  avrebbe avuto una sostanziale contropartita, nel senso che Obama avrebbe detto al segretario del Tesoro, Tim Geithner di mettere a disposizione del ceo di Fiat e Chrysler ciò di cui ha bisogno. Questo «amore reciproco» ruota attorno all’industria dell’auto ed è finalizzato a risultati non lontani nel tempo: al massimo la seconda metà  di quest’anno. Questo spiega anche perché ieri Moody’s ha assegnato la valutazione «b2» con outlook positivo a Chrysler (che ad aprile ha aumentato le vendite del 22%, record dal 2008, con un boom della 500: +76%) riferimento all’emissione di bond per rifinanziare il proprio debito e «ba2» al prestito di 3,5 e 1,5 miliardi di dollari. Mentre S&P ha assegnato un «b+» con outlook stabile, business «debole» e rischio «aggressivo» ma con prospettive di un 2012 ancora redditizio per la società  sul mercato Usa. Due giudizi che, ieri, in America, Marchionne ha letto come il riconoscimento degli sforzi fatti per il risanamento e per il piano di restituzione dei prestiti da «una società  che da tredici anni è assente dagli schermi radar della comunità  finanziaria». Ma se Obama mira alla rielezione, qual è la contropartita di Marchionne? Chi lo conosce bene assicura che si accontenta di ritagliarsi il posto di «conducator» di questa operazione epocale, diventare un Lee Jacocca in versione XXI secolo. Possibilmente con un finale diverso. Insomma il grande capo di un impero che punta alla conquista dei mercati mondiali. Per quale strada? La risposta dovrebbe fornirla appunto la vendita di Fiat industrial, i cui proventi in parte potrebbero andare alla famiglia Agnelli perché li utilizzi, come ha confermato il presidente John Elkann, in investimenti tramite Exor in Cina, India Brasile. In parte potrebbero essere però destinati a Fiat-Chrysler dal momento che, anche dopo la fusione, il nuovo colosso avrà  bisogno di risorse per sostenere il suo sviluppo futuro. Soldi che solo in parte potranno arrivare dalle vendite dei nuovi prodotti lanciati in questi mesi.


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