Sorpresa, diciamo sì a pale e termovalorizzatori

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ROMA – Un paese che dice molti sì e qualche no ponderato. Che vuole la ricerca sulle cellule staminali per garantirsi la salute, che chiede le fonti rinnovabili per non rischiare il disastro climatico, che aspira a guidare un’auto elettrica per eliminare lo smog, che guarda con favore agli impianti di combustione dei rifiuti purché siano ben fatti e recuperino energia. Che sbarra con decisione la strada al nucleare, nel proprio Comune e altrove. È questo il quadro a sorpresa emerso dalla terza indagine sulla cultura dell’innovazione, ideata dal mensile Wired assieme a Cotec, la Fondazione per l’innovazione tecnologica presieduta dal capo dello Stato, e realizzata dall’Irpps-Cnr su un campione di 2 mila persone.

Le cronache raccontano un paese che si sente stretto in un angolo e non vede via d’uscita: rivolte per cacciare gli immigrati, comitati contro tutti i tipi di energia pulita, paura del nuovo. Ma se agli italiani si propone di dare un senso alle parole «futuro» e «innovazione» la situazione si ribalta: la fiducia nelle proprie possibilità  prende il posto dell’ansia e la sindrome Nimby (niente nel mio cortile) svanisce. 
La larga maggioranza degli intervistati vuole sistemi di trattamento dei rifiuti più efficienti e a minor costo ambientale (un plebiscito per la raccolta differenziata, il 55 per cento a favore di un termovalorizzatore nel proprio Comune, bocciati gli inceneritori); chiede di fermare le centrali nucleari (7 su 10); è decisamente favorevole all’uso delle cellule staminali (9 su 10); spera nell’auto elettrica (3 su 4); guarda a Internet come a una grande opportunità  più che a una minaccia per la privacy. Sugli ogm invece il giudizio è meno netto: alta la valutazione dei rischi, ma il no vince di misura (46,6 per cento contro 40,2 per cento) se si propone di «combattere la fame nel mondo».
«Da questa ricerca emerge un paese molto più evoluto e maturo del dibattito che lo rappresenta», commenta Riccardo Luna, direttore di Wired. «Si è fatto un gran battage sul proliferare della sindrome Nimby, ma la maggior parte degli italiani è pronta a scommettere sull’innovazione tecnologica, sulla ricerca, sulla difesa dell’ambiente. C’è una domanda di futuro a cui francamente vedo offrire poche risposte da parte della politica e del mondo industriale».
Dai dati dell’indagine del Cnr risulta che sia il rifiuto degli impianti inquinanti che la richiesta di sistemi avanzati prescinde dalla collocazione geografica di queste strutture: le persone critiche nei confronti delle centrali nucleari o degli inceneritori non limitano il giudizio all’area in cui vivono, sono contrari in linea di principio.
Anche i numeri sono molto netti. In campo energetico la fonte più gettonata è il solare con il 40,1 per cento delle richieste. Segue l’eolico, con il 25,1 per cento. Poi, appaiati, troviamo il recupero energetico da trasformazione dei rifiuti (12,1 per cento) e l’idroelettrico (11,3). Infine il nucleare è fermo a quota 8,2 per cento mentre il consenso ai combustibili fossili è vicino allo zero (1 per cento).
«È interessante notare come il forte orientamento contro l’uso dell’energia nucleare preceda l’incidente di Fukushima che ha solo aumentato la distanza tra i due schieramenti», aggiunge Luna. L’indagine, condotta dal 2 al 30 marzo, ha infatti permesso di misurare l’effetto prodotto dal disastro in Giappone: le opinioni sono cambiate ma senza modificare in maniera sostanziale un atteggiamento che era già  nettamente contrario. In testa all’elenco delle preoccupazioni che riguardano l’atomo figura il problema delle scorie radioattive, seguito dai dubbi sulla sicurezza dei reattori e dalla paura di un errore umano.

 


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