I nuovi giganti del mare spinti da sole e vento

Loading

Da una parte il rispetto dell’ambiente, dall’altra la ricerca del business. È un matrimonio d’amore e di interessi, quello delle navi alla ricerca di una “rotta verde” che consenta loro di bruciare meno carburante, ridurre le emissioni di CO2, salvaguardare l’habitat del mare. E allora ben vengano grandi aquiloni a catturare il vento e a spingere enormi petroliere negli oceani, pannelli solari e pale eoliche montati su cargo e navi da crociera e megayacht, perfino ciminiere da cui sbuffa il vapore che arriva dalla geotermia. Perché quella delle “navi ecologiche” non è una moda un po’ bizzarra e fantasiosa all’apparenza, ma è diventata la nuova frontiera del business che già  oggi, se venissero realizzate quattro unità  all’anno, varrebbe due miliardi di euro. Meglio attrezzarsi per tempo, affinché i cantieri di Cina e Corea, che già  controllano oltre il settanta per cento del mercato mondiale delle costruzioni, non conquistino anche questa fetta di mercato che vale una fortuna.
A lanciare è l’allarme è infatti la massima organizzazione europea del settore, la “Cesa”, l’associazione dei costruttori europei, che nel suo ultimo report dedica per la prima volta un intero capitolo alle navi ecologiche. «La crisi del mercato è evidente – si spiega nel documento – È necessario intervenire al più presto, sfruttando al meglio le tecnologie avanzate e rispettando il più possibile gli allarmi sul surriscaldamento del clima e sull’inquinamento. La crisi ha cancellato il 50% della produzione europea e spazzato via il 20% degli addetti e bisogna invertire questa tendenza». Non a caso, l’Unione Europea ha appena messo a disposizione per la ricerca in questo settore duecento milioni di euro. Via quindi alla realizzazione delle navi ecologiche su cui potrebbe entrare in gioco anche la Fincantieri, a corto di navi tradizionali e già  impegnata nella progettazione di una nuova “nave verde”.
Non sfugge certo ai costruttori europei che, da tempo, proprio le navi mercantili sono sul banco degli imputati per le loro emissioni inquinanti (il doppio di quelle degli aerei): fra le 600 e le 800mila tonnellate di CO2 all’anno, il 5% del totale globale. Ecco allora la svolta epocale, che altro non è che un ritorno al passato: il vento. Dai cantieri tedeschi di Amburgo ha già  preso il mare la portacontainer “Ms Beluga Skysail”, un “ibrido” a motore e aquilone, enorme, poco meno di duecento metri quadrati di superficie montato su un albero di prua alto 15 metri che si solleva fino a duecento metri di altezza per catturare il vento. Il tutto, manovrato da un computer di bordo.
Il risparmio di carburante, con questa prima applicazione, è già  del 15%, ma altri modelli in fase di realizzazione, con aquiloni di superficie fino a seicento metri, potrebbero far risparmiare fino al 50. L’operazione ha già  suscitato l’interesse della Marina Militare statunitense che presto potrebbe dotarsi di apparecchiature analoghe per alcune sue unità . Dal Giappone arriva invece il prototipo della petroliera che si sposta con un mix di motori, vele e pannelli solari. I raggi del sole e il vento vengono catturati e trasformati in energia da piccole centrali montate a bordo, con il risultato di risparmiare carburante ed emissioni. Ma in fondo, prima ancora di costruire navi ecologiche da spingere in mare, si potrebbe cominciare con la realizzazione di nuovi impianti a terra. Sono le cosiddette “navi con la spina”. Invece di tenere i motori accesi, le navi vengono spente e alimentate da cavi che immettono corrente elettrica attraverso una normalissima (anche se molto più grande del solito) spina. Le emissioni nocive in aria vengono così tagliate del 95%. Il primo porto che si doterà  di questo impianto sarà  quello di Genova, che ha già  approvato il suo piano energetico.

 


Related Articles

In Belgio il nuovo ‘68, mobilitazione permanente in difesa del clima

Loading

Quarto giovedì consecutivo, oltre 30mila ragazzi invadono le strade. Record a Liegi

All’inizio c’era soltanto un panda

Loading

L’11 settembre 1961, in Svizzera, un pubblicitario, un professore, un avvocato, un pittore, un ornitologo e un principe fondarono il World Wildlife Fund. Da allora il Wwf ha salvato specie in estinzione, foreste e riserve naturali. Ma soprattutto ha inaugurato un nuovo modo di guardare il mondo. Volevamo un animale bello, in pericolo e amato. E bianco e nero per risparmiare sui costi di stampa 

Clima. Tassonomia Ue, 10 buoni motivi per portarla in tribunale

Loading

Includere gas e nucleare nella transizione ecologica è illegale. Su questa base alcune associazioni europee ambientaliste (tra cui Wwf e Greenpeace) vogliono fare ricorso alla Corte di giustizia europea

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment