La polizia brucia il nuovo Cie

Loading

NAPOLI – «Non siamo cani, aiutateci per favore» è quello che ripeteva a telefono all’alba di ieri uno dei 95 migranti tunisini rinchiusi dal 18 aprile nel Cie di Santa Maria Capua Vetere. Dalle 2 alle 4 di mercoledì il campo è letteralmente andato a fuoco: i terribili lacrimogeni Cs, quelli che tolgono il fiato e bruciano gli occhi, sparati a raffica hanno incendiato 10 tende su 12, fiamme così alte da superare il muro di 5 metri che circonda la Andolfato. In 25 finiscono all’ospedale con crisi respiratorie, i medici riscontrano stati di choc fino alla catatonia. Di sedici di loro ieri non si riusciva a sapere le condizioni.
La carica notturna è partita perché un tunisino, raggiunto sul cellulare dai familiari, scopre che il fratello è morto, per uscire decide di ingerire pezzi di vetro. «Si è sentito male – spiegano al telefono i migranti ai ragazzi dei comitati antirazzisti e all’Arci – e allora l’abbiamo accompagnato al cancello per farlo soccorrere. Ma c’erano gli uomini in assetto antisommossa, hanno cominciato a insultarci, lo trascinavano a terra, è partita la carica, hanno sparato i gas». Opposta la versione del questore: sarebbero stati i tunisini ad appiccare il fuoco, usando carta igienica e accendini, cercando poi di fuggire usando i supporti in ferro. La procura di Santa Maria Capua Vetere ha messo sotto sequestro probatorio l’intera area: «Accertati fatti eloquenti e gravi di devastazione» fanno sapere. «Il sequestro dà  ragione alle nostre denunce, a quanto sostenuto da comitati e sindacati – spiega l’avvocato Cristian Valle -. Avevamo già  fatto un esposto per le pessime condizioni sanitarie, un altro perché venga accertata la causa dell’incendio. È evidente che il campo non rispetta le norme di sicurezza, come dimostra la documentazione che abbiamo depositato». In serata si è riunito il tavolo per l’ordine e la sicurezza, obiettivo individuare un nuovo sito dove smistare i migranti, a cui si è cercato di addossare tutte le responsabilità . Un luogo, probabilmente, come l’Andolfato, ex carcere militare. Il permesso di soggiorno come risarcimento per essere stati rinchiusi illegalmente a Santa Maria, invece, la richiesta della Rete antirazzista.
Ieri niente medici, né operatori e neppure cibo nel campo. I tunisini raccontano di un ragazzo ferito alla testa da un sasso lanciato dall’esterno del recinto che li chiude (dentro è tutto spianato), un altro ha il gesso e la gamba gonfia che gli fa male, molti i contusi, ma hanno paura di andare al pronto soccorso, temono rastrellamenti che li avviino al rimpatrio. Le nottate scandite da manganelli e lacrimogeni si susseguono da marzo perché il campo è talmente invivibile da rendere impossibile la pacifica permanenza, figuriamoci la reclusione forzata. Di giorno il caldo è asfissiante, da più di un mese dormono senza le reti, i materassi stesi a terra. Gli acquazzoni dei giorni scorsi li hanno inzuppati rendendo le loro condizioni ancora più disumane, in un gesto di rabbia e di estrema protesta ci hanno orinato sopra. Atti di autolesionismo si susseguono. C’è chi ingerisce candeggina, vetro, shampoo, chi si taglia. Le sigarette le acquistano dagli italiani nel campo, con la sovrattassa di un paio di euro. Un interprete della Croce rossa è stato allontanato su denuncia di alcuni migranti: avrebbe estorto loro 400 euro e un oggetto d’oro in cambio dell’inserimento in una lista, inesistente, per la regolarizzazione.
La commissione di Caserta ha respinto in primo grado la richiesta di protezione internazionale, nonostante il primo contingente di 200 migranti avesse ottenuto il permesso temporaneo, nonostante nessuno dei termini stabili dalla legge per il loro trattenimento sia stato rispettato. Il 20 giugno i giudici dovranno decidere l’ulteriore fermo. Per i 95 si ipotizzava una uscita dal campo con il decreto di espulsione in tasca, ma la possibilità  ieri è sembrata allontanarsi. La Rete antirazzista con i senatori Marco Perduca e Annamaria Carloni chiedono da mesi la chiusura di quello che avrebbe dovuto essere un centro provvisorio, legato alla crisi sbarchi, e che invece si avviava a proseguire l’attività . Il 24 maggio scorso la prefettura di Caserta, infatti, ha pubblicato un bando per «l’affidamento della gestione del Centro di Identificazione ed Espulsione sito in Santa Maria Capua Vetere», nel testo è sparito il termine Temporaneo. Il contratto poneva come termine il 31 dicembre, con la possibilità  di proroga di altri 3 mesi, il prezzo base dell’appalto di 40 euro a migrante al giorno, per una popolazione stimata tra le 100 e le 200 persone. Un vero e proprio business su cui, pare, avesse già  messo gli occhi la Protezione civile. Un budget a cui vanno aggiunti i costi di polizia, procura, giudici di pace, ditte per i lavori e tutte le altre spese, un conto molto salato a carico della collettività  per tenere in ostaggio 100 persone, fuori da ogni legalità .


Related Articles

Malala e le sue sorelle il mondo è delle donne ecco le protagoniste della rivoluzione 2014

Loading

L’anno che si chiude è stato ricco di successi per l’universo femminile: spesso raggiunti con fatica e fermezza. Scienziate e attiviste, ma anche attrici e cantanti, hanno trionfato: diventando un esempio per tutte le generazioni

Ius soli, l’iniziativa e il digiuno dei cittadini apre uno spiraglio

Loading

Cittadinanza. La riforma ora è possibile, grazie a quelle migliaia di persone che hanno digiunato

Nell’inferno dell’Esma

Loading

Gli orrori della dittatura militare argentina nella testimonianza di Carlos Munoz, recluso due anni nella «Escuela de la armata», oggi testimone chiave della ricostruzione storica

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment