“Afghanistan, abbiamo raggiunto gli obiettivi”

Loading

new york – «Riporto a casa 10mila soldati quest’anno, diventeranno in tutto 30mila ad essere tornati entro settembre del 2012», così Barack Obama ha annunciato ieri l’inizio della ritirata. «Abbiamo raggiunto gli obiettivi che ci eravamo dati nel dicembre 2009 mandando più truppe al fronte: spezzare lo slancio dei Taliban impedire ad Al Qaeda di usare l’Afghanistan come base per nuovi attacchi contro gli Stati Uniti». Di mezzo c’è stata l’uccisione di Osama Bin Laden, una vera svolta. Ma soprattutto Obama stavolta ha ignorato il parere del suo comandante sul campo, il generale David Petraeus, contrario a un ritiro così rapido. 
Il presidente ha dovuto ascoltare invece un’opinione pubblica stanca delle guerre e dei loro costi, un Congresso che deve decidere tagli brutali alla spesa. E agli alleati della Nato ha dato appuntamento a Chicago nel 2012: dal 15 al 22 maggio, nella “sua” città  il presidente convoca i partner della coalizione e il governo afgano. In coincidenza col G8, Obama farà  il punto sulla transizione, il passaggio delle responsabilità  di sicurezza agli afgani entro il 2014.
Il discorso che il presidente ha fatto ieri, rivolgendosi alla nazione all’ora di cena, era ricco di richiami a quello del primo dicembre 2009, pronunciato davanti ai cadetti militari di West Point. Ma l’America è per certi versi irriconoscibile: l’anno scorso la destra ha vinto le elezioni di mid-term; la ripresa economica si è sgonfiata; l’elettorato sente l’emergenza-lavoro e l’emergenza-deficit più di ogni altra cosa, il pericolo del terrorismo è in secondo piano anche se si avvicina il decimo anniversario dell’attacco alle Torri gemelle. Per Obama l’Afghanistan era diventato nel 2009 la “sua” guerra, ne aveva sposato la legittimità  e la razionalità  strategica fino in fondo (a differenza dall’Iraq). Due anni dopo è diventata la guerra che l’America non si può più permettere, in una fase in cui il presidente teorizza apertamente un ruolo più limitato che lo ha portato a delegare gran parte dell’intervento in Libia agli europei. 
Sullo sfondo del discorso di ieri sera, la presenza più incombente non erano più i Taliban e le minacce alla sicurezza nazionale, ma i 1.300 miliardi di dollari già  spesi in Afghanistan e Iraq, i 120 miliardi che Kabul continua ad assorbire dal contribuente americano quest’anno. Mentre Obama ha potuto ricordare che oltre a Bin Laden gli americani hanno fatto fuori ben 20 alti dirigenti di Al Qaeda su 30, il 56% dei suoi concittadini ieri era convinto che il ritiro totale dall’Afghanistan andrebbe realizzato “al più presto”. La conferenza dei sindaci gli aveva lanciato un avvertimento poche ore prima: «Le nostre tasse devono costruire ponti a Baltimora e Kansas City, non a Bagdad e Kandahar».


Related Articles

Il boia dell’Isis decapita il quinto ostaggio, Peter Kassig

Loading

Un video mostra l’uccisione dell’americano Peter Kassig e di una quindicina di soldati siriani Gli estremisti in crisi vogliono mostrare di essere ancora forti. Obama: «Sono il male assoluto»

I taliban di Istraele

Loading

 Sono nervoso. Fra poco dovrebbe arrivare all’aeroporto di Tel Aviv il compagno di mia figlia, che non è ebreo e in genere si veste in modo trasandato, non porta cravatta e ha una capigliatura poco curata. Ieri un amico mi ha detto che la figlia del sociologo A.E. di Tel Aviv (casualmente un radicale di sinistra e pacifista) si sposa e quindi il padre aspetta un amico invitato al matrimonio (causalmente anche lui un pacifista).

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment