Argentina. Mauricio Macri, il nemico di Cristina, è il favorito

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Buenos Aires, la regina del Plata, elegge oggi il suo sindaco. Ciò che confermerà  quanto sia ostica la capitale per il peronismo in generale e per peronismo kirchnerista in particolare. Chi si presenta come gran favorito, anche se non potrà  evitare il ballottaggio del 31 luglio, è la grande carta della destra argentina, Mauricio Macri, il sindaco uscente.
Macri, un ingegnere di 52 anni figlio dell’imprenditore miliardario Franco Macri, è di nuovo candidato dopo quattro anni di gestione che neppure i suoi elettori si azzardano a definire buona. I sondaggi gli danno fra il 36 e il 46% dei voti. Sebbene la presidente peronista di centro-sinistra Cristina Kirchner abbia drasticamente migliorato la sua immagine, anche nella capitale, e corra verso una probabile vittoria nelle presidenziali del 23 ottobre, l’inossidabilità  di Macri si spiega con la persistenza a Buenos Aires di un nucleo duro avverso al governo nazionale e al peronismo.
Il suo principale concorrente è il sociologo, senatore ed ex ministro dell’istruzione Daniel Filmus, 55 anni, che rappresenta qui in città  il kirchnerista Frente para la victoria (formato dal peronismo e suoi alleati di sinistra). I sondaggi gli attribuiscono fra il 27 e il 36%. Pur senza chanches di arrivare al ballottaggio, c’è anche il regista di centro-sinistra Fernando Pino Solanas (intorno al 10% nei sondaggi), che si presenta per un fronte costituito da socialisti, sindacalisti, ecologisti e dissidenti di altri partiti. C’è anche un’altra decina di candidati (fra cui vari trotzkisti e anche un neo-nazista).
Il voto di oggi per Macri ha un gusto amaro. Lui è uno di quella mezza dozzina di politici che da tempo aveva lanciato la sua candidatura presidenziale e che, di fronte all’evidenza di un secco fallimento, hanno scelto di ridurre le loro ambizioni. Idem per Solanas.
In origine, Macri è un uomo d’affari. L’impero di suo padre Franco si è gonfiato a dismisura all’ombra di appalti e commesse con lo stato, sia durante la dittatura militare sia in democrazia. Negli anni ’90, l’apice del peronista conservator-populista Carlos Menem, Mauricio ottenne il controllo della compagnia automobilistica Sevel (licenza Fiat e Peugeot). E’ stato condannato per contrabbando aggravato ed evasione fiscale, condanne poi annullate da istanze superiori della magistratura. Il balzo alla notorietà  mediatica fu nel ’95 quando conquistò la presidenza del Boca Juniors, la squadra di calcio più popolare, e nel 2001, con la crisi «greca» che aveva affossato l’Argentina, si lanciò nell’agone politico.
Calcio, ricchezza, efficientismo, giudici amici, Italia.. Un condimento che ha spinto qualcuno a compararlo con Berlusconi (con l’unica eccezione dei giudici amici…). Ma si tratta di una comparazione ingiusta perché i casi di corruzione in cui è coinvolto sono molto meno numerosi e gravi, e perché la sua passione per le belle donne esiste ma è molto più discreta.
A Macri va riconoscita la costanza, un fattore che fa difetto ai politici non peronisti. Oltre che ostica per il peronismo, Buenos Aires aveva la fama di città  progressista e Macri ha saputo rompere lo schema.
Si presentò per il Comune di Buenos Aires nel 2003, e perse. Quattro anni dopo, sull’onda di un discorso tutto centrato sul marketing e contemporaneamente all’evaporazione delle precedenti amministrazioni progressiste, ritentò di nuovo e vinse al ballottaggio con il 61% contro il 39% di Filmus. Allora riuscì a intercettare il forte sentimento anti-kirchnerista che soffiava nella capitale.
Il maggior inconveniente per Macri è di non aver potuto onorare neanche la promessa della «gestione efficiente» per la quale molti lo avevano votato. Parlava di 40 km di nuove linee della metro e si è fermato a 450 metri; prometteva 70 mila nuove case popolari e ne ha consegnate appena poche migliaia. Sul disastro degli ospedali pubblici, il sindaco ha lamentato il fatto che essi devono attendere gli abitanti poveri della sterminata provincia di Buenos Aires e dei paesi limitrofi, così l’ideologia, che era stata nascosta in campagna elettorale, durante il suo mandato è tornata fuori con prepotenza. Tutto il suo governo della città  si è accompagnato alle lamentele contro Cristina che l’avrebbe discriminato nell’assegnazione dei fondi speciali, qualcosa che per la verità  la presidenta non ha fatto nulla per occultare.
Macri per la verità  è finito anche sotto processo per il suo ruolo in una rete di spionaggio contro i rivali politici e i nemici personali (suo cognato, per l’esattezza) montata all’interno della Polizia metropolitana, un corpo creato dal suo governo per combattere una «insecurezza» iper-mediatizzata.
L’alleanza soprattutto con Clarà­n (poderoso gruppo che possiede giornali, radio, tv, Internet, l’industria della carta, web, cavo, a cui Macri ha appena concesso un contratto da 270 milioni di dollari per la fornitura di netbooks ad alunni e docenti) ma anche con altri media gli ha fruttato una stampa blindata da far invidia a qualsiasi altro politico.
Filmus fa leva sulla tradizione progressista di Buenos Aires e nel minoritario peronismo della capitale, per cercare di arrivare ben piazzato al ballottaggio. Non è un’impresa impossibile. Ma paga caro la diffusa corruzione del governo nazionale, anche se a livello personale ne risulta immune.


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