I malati di Internet

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 Federico Tonioni lavora come dirigente medico presso il Day Hospital di Psichiatria e Tossicodipendenze del Policlinico Gemelli di Roma, dove dirige l’Ambulatorio per l’Internet Addiction Disorders. L’ambulatorio da lui diretto è uno dei pochi al mondo che si occupano di dipendenze da internet. Di recente ha pubblicato un libro con Einaudi, dal titolo “Quando internet diventa una droga” (Einaudi). Discutere con lui è particolarmente interessante, anche alla luce della decisione del governo di consentire il gioco d’azzardo on line senza limiti e con denaro reale.

Cosa hanno in comune le tossicodipendenze con le dipendenze da internet?
Come per le tossicodipendenze, anche le dipendenze comportamentali da uso compulsivo di internet rivelano sempre angosce preesistenti. Non esistono infatti dipendenti da sostanze o da comportamenti patologici che in origine abbiano intrapreso il loro cammino nella tossicodipendenza per morire o per stare peggio di prima. La dipendenza patologica quando si instaura è sempre una soluzione di compromesso tra l’individuo e un dolore ancora più profondo. Paradossalmente potremmo dire che l’oggetto della dipendenza patologica da qualche parte si prende sempre cura del dipendente, anche se gli effetti collaterali di “questa cura” portano progressivamente disfunzioni mentali e malattie organiche fino al decesso. Una volta chiarito il concetto ambivalente di dipendenza, possiamo dire che la fuga dalla realtà  è un tratto in comune tra i due tipi di dipendenza. Costruirsi un’identità  in rete attraverso un avatar, in un social network, o in un gioco di ruolo, attraverso la quale poter superare tutti gli aspetti problematici della nostra personalità  esaltando quelli che riteniamo più gratificanti, sembra una soluzione a tutte le difficoltà  della relazione reale. Così come l’idea che il consumo di una sostanza tossica possa risolvere le proprie problematiche esistenziali appare al tossicodipendente l’unica via d’uscita dai problemi della quotidianità . Un altro tratto in comune tra le due dipendenze è la formazione di abitudini, di veri e propri riti. Ce ne sono per l’uso di internet, come per il consumo delle sostanze tossiche. L’accensione del computer, il controllo sistematico della posta, l’ansia di vedere se abbiamo ricevuto messaggi, ne sono alcuni esempi. Costituiscono una ritualità  del web, dell’essere connessi. Questo avviene, per certi versi, anche con le tossicodipendenze. L’ “acchittarsi una botta”, come dicono i cocainomani, vale a dire il rito di preparare le strisce di sostanza da sniffare, sembra essere, per molti di loro, una fase della dipendenza più attraente del consumo stesso.
Quando possiamo considerare patologico l’uso di internet?
Il bisogno di costruirsi una personalità  altra sulla rete comporta, come effetto immediato, la perdita della dimensione corporea. Non arrossiamo più, non ci sono più i nostri corpi, i nostri sguardi. I bisogni compulsivi legati all’uso di internet possono sostituire i bisogni elementari della persona: mangiare, uscire, frequentare i propri familiari, gli amici reali. Inoltre, possono comportare la progressiva rinuncia all’adempimento degli obblighi quotidiani: negli adolescenti, l’abbandono della scuola; negli adulti, la perdita del lavoro. Si può arrivare alla depressione, al rifiuto generalizzato per tutto ciò che attiene alla realtà . Naturalmente le stesse peculiarità  della rete che possono portare a dipendenze patologiche possono rivelarsi, al contrario, particolarmente utili per favorire l’allenamento alla socialità  a chi ha già  disturbi relazionali. Sulla rete è possibile annullare o attenuare i nostri difetti, andare oltre la timidezza, si possono controllare meglio le emozioni. Per essere chiari, le relazioni web mediate diventano patologiche soltanto se non sono più in funzione della realtà , ma tendono a sostituirla completamente, ovvero quando le ore di connessione sono accompagnate da un progressivo ritiro sociale.
Come si diversificano le patologie di internet?
Possiamo dividerle secondo quattro tipologie. Le dipendenze dai giochi di ruolo, che inducono ad estendere la nostra identità , completandola con aspetti che sentiamo mancare nella vita di tutti i giorni. Attraverso i giochi di ruolo possiamo fare viaggi avventurosi, o liberare alcuni nostri istinti, spesso repressi nella vita reale. I giochi di ruolo vanno avanti per mesi e si stabiliscono rapporti quotidiani con identità  virtuali, con le quali si finisce per passare più tempo che non con i familiari. Chi siano realmente, i compagni di giochi virtuali, non è dato saperlo. Alcuni giochi di ruolo esaltano l’aggressività . I più diffusi sono simulazioni di guerre. L’esasperazione della componente aggressiva, attraverso i giochi di ruolo, può ingenerare fenomeni di bullismo attraverso la rete. Il bullismo web-mediato è un fenomeno molto sviluppato e del quale si parla pochissimo.
E le altre categorie, oltre ai giochi di ruolo?
Ci sono i social network. Il più conosciuto è Facebook. Nel caso dei social network può attivarsi una dipendenza all’incontro virtuale. Una ricerca compulsiva di nuove amicizie virtuali che finisce per sostituire la frequentazione di amici nella vita reale. Poi c’è il gioco d’azzardo on-line. Questo tipo di attività  è potenzialmente molto pericolosa. In rete non c’è il deterrente del controllo sociale: ad esempio, la signora del bar che ti fa riflettere su quanto hai giocato. Ricordo la paura di un giocatore incallito quando gli ho mostrato la prospettiva di giocare su internet. «Questa roba qui è pericolosissima – mi ha detto – è uno strumento infernale». Infine, ci sono i siti per adulti, che possono portare ad una mistificazione della sessualità , se frequentati in modo assiduo e in età  precoce.
I pazienti vengono spontaneamente a curarsi al centro, o sono accompagnati?
Trattandosi principalmente di minori, vengono accompagnati dai genitori, preoccupati per i cambiamenti nella vita relazionale dei figli, oppure vittime di reazioni violente da parte di questi, per avergli interrotto la connessione alla rete. Ci sono anche casi di adulti che vengono spontaneamente in ambulatorio. Esiste un vero e proprio gap generazionale tra adulti e adolescenti. Per molti genitori è inconcepibile vedere i propri figli trascorrere un’enormità  di tempo della loro vita su un computer. Parlano ormai in modo diverso, «ti taggo», «ti linko». Per noi esiste un prima di internet e un dopo internet. Loro invece non concepiscono di vivere senza questa dimensione. È necessario colmare questo gap informativo. La cosa peggiore da fare è provare a controllare i propri figli a loro insaputa. Questo serve solo a farceli sentire più lontani e a confonderci ancora di più. Il controllo fa molto più male a chi lo fa rispetto a chi lo subisce inconsapevolmente. Esistono limiti che non possono essere valicati, segreti e livelli di intimità  che l’adolescente ha il diritto di non comunicare, fuori e dentro internet. È utile invece presenziare e proporre esperienze di condivisione, anche se con gli adolescenti non è sempre facile. Occorre anche evitare la sospensione brusca e forzata del computer impedendone in qualche modo l’accesso.
Ha incontrato resistenze nella sua attività ?
Qualche volta mi capita di essere indicato come un detrattore della rete. Ma presentare le patologie a cui può condurre l’uso smodato di internet non significa avversarlo. Queste resistenze mi fanno pensare che, malgrado questo centro abbia già  molti pazienti in cura e diverse nuove richieste di ingresso ogni mese, esista un sommerso di potenziali pazienti e relative patologie molto vasto: tutti coloro che ritengono di essersi adattati, magari con un alto livello di disagio, alle due vite parallele: da una parte la loro vita reale e dall’altra quella dei loro avatar e dei loro profili, sospesi virtualmente da qualche parte, sulla rete, in uno dei tanti social network.

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POKER ON LINE
Lo Stato «biscazziere» e l’allarme ludopatie

 La possibilità  di giocare d’azzardo con denaro reale, decisa dal governo, fa crescere l’allarme ludopatie. «Il vero rischio del poker online è che sta allattando le nuove generazioni», spiega Rolando De Luca, psicologo e psicoterapeuta tra i responsabili di gruppi di terapia contro il gioco d’azzardo a Campoformido, in provincia di Udine. «Non esiste un limite tra gioco responsabile e gioco d’azzardo. Siamo di fronte sempre a giochi di fortuna, dove il risultato è determinato esclusivamente dalla sorte. Il giocatore non può in alcun modo interagire impegnando la propria intelligenza o la propria forza fisica o mentale». De Luca ritiene molto più rischioso l’online, soprattutto per le nuove generazioni «quelle che usano di più le nuove tecnologie come il computer e internet». «Non serve a nulla credere nella favola che non possono accedere ai giochi vietati ai minori di 18 anni – spiega – perchè possono benissimo utilizzare le carte di credito e i dati dei loro genitori. E comunque sono continuamente tartassati da pubblicità  e spot che li mettono in contatto già  con questo mondo creando un rapporto di confidenza». A far cassa, comunque è sempre lo Stato, definito dal professore un vero e proprio «biscazziere». «Le famiglie italiane possono spendere circa 800-900 miliardi di euro in un anno e li investono in carta straccia, anche in un momento di difficoltà  per tutti come questo che stiamo vivendo».


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