I rettori: più fondi alle carriere degli ordinari

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 Verrà  il tempo in cui la Conferenza dei Rettori (Crui) guidata dal neo-eletto presidente Marco Mancini, proposto dal Comunista italiano Diliberto al posto di ministro nel 2006, sarà  ricordata come quel ministro delle finanze del Re di Francia, Jacques Necker padre della più famosa Madame De Staà«l, che nel 1781 fece pubblicare il bilancio del regno dove venne dimostrato che il 95 per cento della ricchezza prodotta da un paese in crisi andava a beneficio del 5 per cento della classe dei nobili e dei baroni corrotti che sarebbero stati ghigliottinati da Robespierre 10 anni dopo.

La stessa indignazione di allora dovrebbe provocarla oggi una memoria inviata dalla Crui al Ministro dell’università  Gelmini pochi giorni fa. Con la deferenza di chi si approssima al trono del regnante con il cappello in mano, i rettori italiani ricordano al ministro di avere appoggiato una riforma che gli attribuisce poteri spropositati e in cambio chiedono il ripristino del fondo ministeriale (Ffo) che nel 2012 diminuiranno di altri 300 milioni di euro. «Il taglio subìto dal sistema universitario nel triennio 2010-2012 – hanno scritto ancora ieri in un comunicato – non ha eguali nel contesto internazionale». Da 7,4 miliardi l’Italia è infatti passata a 6,1 miliardi di euro. Gli atenei saranno costretti ad aumentare le tasse e gli studenti rischiano di non ricevere 100 milioni dal diritto allo studio, «un fondo in pratica azzerato per il prossimo biennio». E poi un pensiero va ai privati: «Non può passare sotto silenzio il taglio superiore al 50 per cento alle università  non statali».
La scena non è nuova. Già  un anno fa, la Crui parlò senza successo all’orecchio sordo di Tremonti (cioè Gelmini) per ottenere il ripristino del fondo. Oggi fa intendere di essere pronta all’intollerabile: dirottare i fondi sopravvissuti ai tagli di Tremonti non all’assunzione dei giovani ricercatori, ma alle progressioni di carriera dei professori ordinari e degli associati. I rettori si dicono pronti a sacrificare i 27 mila ricercatori strutturati e si dicono pronti a farli lavorare gratis nei corsi non obbligatori. Nell’offerta speciale sono previste docenze gratuite per tutti e nuovi co.co.co. per la plebe dei precari. L’arroganza che traspira da questo documento è l’ultima delle barricate che il 5 per cento dei baroni ha eretto contro il 95 per cento che vive nell’università . Ma quando scatterà  l’ora della caccia all’ermellino?


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