La Banca centrale europea teme lo choc sulla moneta

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È il momento che in quest’ultimo anno e mezzo nessuno al governo o all’opposizione, a Roma, a Bruxelles o a Francoforte voleva vedere. Era evitabile, ma ora il genio è fuori dalla lampada.
Il contagio della periferia dell’euro si è insediato in Italia e a questo punto potrebbe essere tempo perso chiedersi chi è l’untore: un Paese che non fa nulla per crescere, o un’Europa che fa ancora meno per arginare l’infezione in Grecia, la fonte che secerne sfiducia in tutto il sistema. Potrebbe essere tempo perso, se non si trattasse di trovare una via d’uscita e di farlo anche in fretta. Il Tesoro di via XX Settembre a Roma deve rinnovare 31 miliardi di euro di debito pubblico in agosto e 38 miliardi in settembre, un compito da assolvere a tutti i costi a tassi d’interesse sostenibili.
Ieri il Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, presidente designato della Banca centrale europea da novembre prossimo, ha parlato in teleconferenza con molti dei grandi investitori istituzionali in questo che è il mercato più profondo del debito europeo. Da vari osservatori privati risulta che ieri grandi soggetti italiani, forse Generali o le stesse grandi banche, sono mancate all’appuntamento con il mercato. Hanno fatto un passo indietro: gli investitori istituzionali, la spina dorsale che sostiene il debito con 900 miliardi sul bilancio delle banche nazionali, hanno preferito non prendere rischi.
Alcune grosse assicurazioni estere e i fondi asiatici hanno fatto altrettanto. Accanto agli speculatori al ribasso amanti dell’ingegneria finanziaria, anche chi gestisce il denaro vivo ha votato con un clic di mouse contro l’Italia: uscendo (per ora) dai titoli del Paese. Se serviva un segnale che la crisi non minaccia più singoli Stati ma un’intera area monetaria, ieri da Milano è arrivato. Scrive Conor Quinn di Goldman Sachs in una nota riservata: «Si pensava che gli italiani avrebbero comprato (titoli di Stato di Roma, ndr) con i decennali al 5,20%, ma abbiamo superato questi livelli e ancora non vediamo niente di sostanziale» . L’interesse decennale dei Btp ha chiuso a 5,25%, impennandosi di 248 punti-base (2,48%) sopra i Bund tedeschi. E non è stata questa l’unica novità . Per la prima volta nell’euro, la Francia ha di colpo perso terreno sulla Germania: il titolo a dieci anni di Parigi ha chiuso di 58 punti-base sopra quello di Berlino, invece dei soliti venti o trenta. C’entra magari il fatto che le banche francesi hanno 330 miliardi di euro di esposizione sull’Italia (di cui 68 in titoli di Stato, a fine 2010); ma anche le banche tedesche ne hanno per 150, di cui 35 in Bot e Btp di Roma. Entrambi i sistemi finanziari d’Oltralpe hanno un legame vitale, da gemelli siamesi, con la salute dell’economia italiana.
 Accanto a questi segni di contagio pervasivo, si sono però accese anche spie diverse: la Spagna oggi si muove meglio dell’Italia, benché venga da una posizione più difficile. Lo scarto negli interessi passivi fra i due Paesi è da tempo a favore di Via XX Settembre, ma ora il vantaggio si è drasticamente ridotto e ieri era appena di 35 punti-base sui decennali. Di questo passo, Roma tra poco pagherà  più di Madrid per raccogliere credito sui mercati globali. E sarà  un caso ma, con tutte le sue debolezze, il governo di José Luis Zapatero non è rimasto fermo alle sole misure di austerità : ha riformato il mercato del lavoro per tornare a crescere, ha avviato un radicale piano di privatizzazioni degli aeroporti per abbattere il debito.
 Nella sua nota di ieri Goldman Sachs osserva invece che proprio questo è ciò che manca all’Italia: «Gli investitori guardano avanti e pensano a come i Paesi cresceranno per risolvere i loro problemi, e non c’è da essere ottimisti sull’Italia: la crescita è stata di 0,1%in media in dieci anni (contro una media dell’area-euro di 1,6%), ci sono pochi segni di riforme strutturali e c’è discordia politica fra Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti» . Insomma sia chi vuol fare soldi nella crisi sia chi ha solo paura di perderne, fa i conti con proiezioni delicate. Ieri Moody’s, l’agenzia di rating che con S&P’s ha avviato la tempesta mettendo l’Italia sotto osservazione, ha avuto parole di sostegno per la manovra. Ma Barclays nota che dei 68 miliardi di correzione prevista sui conti, ben 40 si accumulano sul 2014 (fra manovra e delega) con una progressione di Pil prevista addirittura all’ 1,6%.
È sempre possibile che il contagio europeo sia cauterizzato all’origine e muoia anche in Italia. Lunedì all’Eurogruppo i ministri finanziari dell’area torneranno a studiare nuovi piani per affrontare il debito della Grecia e le esposizioni delle banche su Atene. Ma a giudicare dal loro successo fin qui, meglio che l’Italia si prepari ad aiutarsi da sola.


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