Parma l’elegante adesso si ribella E chiede Mani Pulite

Loading

Dal 24 giugno scorso, giorno in cui sono stati arrestati per tangenti negli appalti pubblici in un colpo solo ben 11 tra alti dirigenti del Comune, funzionari e imprenditori, è scoppiata una piccola rivolta anticorruzione.
Il copione in fondo è semplice: i cittadini sono stanchi di piccole e grandi malversazioni e chiedono ai giudici di fare piazza pulita, di aiutarli a liberarsi di una casta fastidiosa e costosa. La sera stessa in cui in città  si era sparsa la notizia del clamoroso blitz la ribellione si è espressa con un vero e proprio assedio al municipio, un centinaio di persone che scandivano a gran voce la richiesta di dimissioni del sindaco, Pietro Vignali, individuato come il responsabile del malcostume amministrativo. Vignali nella circostanza se la cavò uscendo da una porta secondaria ma l’avversione popolare lo sta inseguendo da allora. Nei giorni successivi, infatti, «l’estate dello scontento parmigiano» è continuata con un fenomeno che si può documentare con le parole usate ieri dal procuratore di Parma, Gerardo Laguardia. «Molti cittadini si stanno facendo avanti presentando denunce ai nostri uffici e segnalando molti episodi di corruzione e concussione» . Di conseguenza gli inquirenti parmigiani— è sempre Laguardia che parla— avranno «da lavorare per molto tempo» perché le denunce dal basso richiedono opportuni controlli, verifiche e indagini. Nel frattempo dal procuratore si è venuto a sapere che parecchi tra gli arrestati stanno collaborando con la giustizia e quindi il materiale a disposizione degli inquirenti non manca. Anzi, rischia di tracimare. In una condizione del genere la politica locale appare come sospesa nel vuoto, privata della sua legittimità  sostanziale e ridotta a puro simulacro di micro decisioni amministrative. Vignali che fino a poco tempo fa era considerato l’enfant prodige di un centro-destra civico, e per questo destinato a luminosa carriera, non ci sta a innestare la retromarcia.
Non ha intenzione di dimettersi perché capisce che una volta perso il pallino non lo ritroverà  più ma il cortocircuito che si è creato tra magistratura e opinione pubblica forse va ben più in là  dei pur importanti destini politici del primo cittadino. Era dal ’ 75 e dalle manifestazioni che in città  ricordano come «le lenzuolate» che non si vedevano centinaia di persone in piazza a protestare per le scelte del Comune ed è evidente come la contestazione, che va al di là  del perimetro dell’opposizione, investa almeno simbolicamente l’intera classe dirigente parmigiana. Sui difetti di Parma e la leggerezza di una borghesia cittadina che non ha saputo prendere in mano il suo destino l’aneddotica è ricca. Le barzellette arrivano a raccontare persino le differenze tra un cane parmigiano piuttosto tronfio e incline all’autocompiacimento e un cane piacentino più diffidente ma al tempo stesso più attento a non perdere l’osso che sta addentando. Quello che su un piano più concreto si può dire è che Parma non è mai stata un contado ma non è mai diventata una capitale. I reggiani sono concreti e morigerati, i concittadini di Vignali sono più attenti alle belle parole, ai vestiti eleganti e agli inchini. Un esempio su tutti: pensate che in città  ci si sia battuti il petto perché una multinazionale del valore di Parmalat stava passando ai francesi senza che gli imprenditori italiani si fossero mossi per tempo (e spendendo così, tutto sommato, poco)? Tutt’altro mentre a Roma e Milano si parlava, purtroppo a vanvera, di cordate nazionali, a Parma le cose erano guardate con disincanto misto a cinismo.
La città  del resto non ha mai amato Enrico Bondi, il manager venuto da fuori, restio ai salamelecchi e più incline alla bonifica dei conti aziendali. Persino il film del regista Molaioli («Il gioiellino» ), dedicato a raccontare il crac Parmalat, in città  lo si è visto per poche sere. E nei bar lo si è criticato a sangue. Un’altra città  avrebbe fatto le barricate per un’azienda che volenti o nolenti porta nel mondo il suo nome, Parma no. Troppo ricca e cinica per nutrire passioni, dicono. E del resto basta partecipare a un dibattito nelle associazioni industriali per capire come lo spirito d’impresa e l’amore per il rischio abbiano traslocato.
 Le giovani generazioni non hanno voglia di soffrire, si sostiene, e i figli degli imprenditori meno che mai. Eppure da fare ce ne sarebbe tanto. Se non altro, almeno della sua meravigliosa food valley Parma potrebbe essere la degna capitale. I grandi marchi del cibo locale fortunatamente camminano per la loro strada nonostante la Grande Crisi. La Barilla guarda agli Stati Uniti e pensa addirittura di sbarcare in Cina con un progetto innovativo. Il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano e il mitico Prosciutto hanno realizzato nelle esportazioni del 2010 performance da capogiro. Ma potrebbero fare ancora e meglio. Del resto se non siamo capaci di esportare il cibo, la nostra «dolce vita» come recita uno slogan della Confindustria, tanto vale dimettersi dall’economia globale. Così messe da parte le belle ambizioni un pezzo significativo della società  parmigiana sembra dedito ai traffici, agli affarismi, ai subappalti.
Alla mediocrità  di tangenti tutt’altro che milionarie ma diffuse, alla volgarità  di pressioni coordinate e continuative sul capo dei vigili urbani per ottenere che i suoi sottoposti chiudessero prima un occhio e poi l’altro. E che si facessero strumento dell’ordinaria corruzione. «Il telefono dei vigili era rovente per le richieste» ha raccontato Laguardia. Ci avviamo ad avere a Parma una piccola Repubblica giudiziaria? Chissà . Di sicuro il blitz degli undici arresti una sua simbologia ce l’ha: i magistrati l’hanno fatto scattare poche ore dopo la conclusione della festa di San Giovanni (23 giugno), giorno che i parmigiani tradizionalmente consacrano al culto dell’abbondanza e non solo.


Related Articles

Borse in volo dopo la grande paura Milano +4,1%, brilla Wall Street

Loading

Da oggi stop concertato delle vendite allo scoperto. In rialzo il deficit commerciale Usa, Yuan record sul dollaro. Oro sopra quota 1.800 

Il tonfo dei mercati, Milano perde il 5%

Loading

Il differenziale Btp-Bund sale fino a 371. Istat: Italia ferma, crescita allo 0,7%

Semplificazioni, energia ed export: le nuove misure del governo

Loading

ROMA — Al ministero dell’Economia gli incontri tecnici bilaterali con i partiti della maggioranza sulla riforma dell’Imu si concluderanno lunedì, poi toccherà a una nuova riunione della cabina di regia, questa volta politica, forse a Palazzo Chigi con lo stesso presidente del Consiglio, Enrico Letta, tirare le somme. Il premier, nell’assemblea del Pd di mercoledì ha parlato di due Consigli dei ministri importanti nelle prime due settimane di Ferragosto.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment