“La P4 di Bisignani e Papa è un network eversivo segreti violati fin dal 2007”

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ROMA – «Un sistema di intelligence parallelo che almeno dal 2007 è in grado di incidere sulla vita di soggetti istituzionali». «Una filiera criminosa che parte da Napoli e arriva fino a Roma, con modalità  operative sofisticate di stampo terroristico e mafioso». Veri e propri «mercanti in nero di dati sensibili e informazioni riservate», spacciati per acquisire crediti con la politica o ricattare imprenditori. Luigi Bisignani il regista, il cardine, «il soggetto verosimilmente più influente». L’onorevole Alfonso Papa l’uomo dentro il Parlamento. E poi due ganci dentro i palazzi di giustizia, il maresciallo dei Carabinieri Enrico La Monica e il poliziotto Giuseppe Nuzzo. «Fonti inesauribili di notizie coperte dal segreto investigativo, indirizzato alla fine verso personaggi politici romani». Ognuno aveva un ruolo definito. Insomma, una vera associazione per delinquere. E come tale – scrivono i pubblici ministeri di Napoli Francesco Curcio e Henry John Woodcock nelle sessanta pagine di appello contro l’ordinanza del Gip Luigi Giordano – deve essere perseguita.
Il ricorso, depositato al tribunale del Riesame, sarà  discusso il 22 luglio prossimo. Il giudice Luigi Giordano, nell’ordinanza di custodia cautelare del 13 giugno, ha escluso dalle contestazioni ai quattro indagati l’ipotesi del reato associativo e l’associazione segreta, lasciando fuori dagli atti processuali molte intercettazioni telefoniche dell’onorevole Papa. E proprio su questo punto, sulla legittimità  dell’utilizzo delle intercettazioni “indirette” nei confronti dei parlamentari che parlavano con gli indagati si consuma lo scontro più aspro con il gip. Tant’è che una parte corposa dell’appello di Woodcock e Curcio è dedicata a spiegare le ragioni della necessità  del loro utilizzo per non vanificare tutta l’indagine. Sono telefonate che, secondo i pm, hanno svelato quell’intreccio e quella «catena di montaggio criminosa» e che hanno «consentito di delineare – diversamente da quanto opinato in modo riduttivo dal gip – un quadro indiziario di straordinaria gravità ».

IL SISTEMA CRIMINALE
Il metodo di comunicazione, dunque. Per Woodcock e Curcio è «di stampo terroristico e mafioso», una delle prove più forti dell’esistenza dell’associazione. Gli indagati cambiano schede telefoniche in continuazione, tutte falsamente intestate a persone estranee alla vicenda, quasi sempre extracomunitari, «tutte acquistate presso lo stesso dealer napoletano, gestito da Raffaele Balsamo detto Chicco, amico e coinquilino di Papa, già  arrestato e condannato per associazione per delinquere a Torre Annunziata». E come mai, si chiedono i pm, i quattro si sbarazzano contemporaneamente di tutte le schede il 25 ottobre? «Quel giorno – scrivono – avviene la fuga di notizie, Papa e Bisignani vengono informati da qualcuno di essere intercettati dalla Procura di Napoli, con indicazione precisa dei numeri dei telefoni sotto controllo».
Sono gli stessi protagonisti principali, Bisignani e Papa, che nelle conversazioni telefoniche fanno riferimento al «solito sistema», intendendo «i giretti» che Papa faceva a Napoli, ogni settimana, lunedì o martedì, per incontrarsi con le sue fonti, in un bar del centro. La Monica gli passava informazioni e atti giudiziari riservati acquisiti nel corso della settimana. Appare evidente la disponibilità  da parte dell’associazione di una fitta rete di informatori “infedeli” appartenenti alle forze di polizia». E con altrettanta sistematica puntualità  Alfonso Papa riferiva a Luigi Bisignani, il quale a sua volta (come ha confermato lo stesso faccendiere in diversi interrogatori, ndr) “girava” le informazioni ai suoi “amici” politici: Gianni Letta, Denis Verdini ed altri personaggi della politica e dell’alta finanza. Oppure decidevano di ricattare – con pretesa di denaro – imprenditori e soggetti in vista coinvolti in qualche indagine. «E’ illogico ritenere – scrivono i pm – che ci si trovi di fronte a casi isolati di rivelazione di segreto di ufficio, di favoreggiamento, di concussione ed estorsione, cioè a casi disgiunti come tante monadi».

“INTERCETTAZIONI DI PAPA UTILIZZABILI”
Per rendere chiara la legittimità  delle conversazioni intercettate dell’onorevole Papa e degli indagati con i parlamentari, Woodcock e Curcio si affidano ad un esempio di “scuola”: «Se un membro della Camera intrattiene colloqui, anche non occasionali, diciamo quotidiani, con qualche componente di una organizzazione mafiosa o dedita al narcotraffico, e da quei colloqui può nascere l’ipotesi o anche il solo sospetto di una sua qualche responsabilità , ogni intercettazione sarebbe soggetta all’autorizzazione preventiva del Parlamento perché indirettamente sarebbe intercettato il parlamentare: conseguenza paralizzante ed irragionevole sotto il profilo del rispetto dei principi costituzionali cardine (uguaglianza dei cittadini, obbligatorietà  dell’azione penale)…e si potrebbe dire – ovviamente in via paradossale – che basterebbe a ciascuna organizzazione criminale procurarsi un suo parlamentare di riferimento, con cui conversare telefonicamente, per garantirsi di fatto l’impunità  o comunque, l’immunità  delle investigazioni creando due classi di cittadini, gli interlocutori dei parlamentari e i non interlocutori dei parlamentari: i primi di fatto al riparo dalle intercettazioni e i secondi, di fatto no». E sempre sull’onda del paradosso giuridico, argomentano: «In Italia abbiamo circa mille deputati e senatori. Si tratta di cittadini che vivono all’interno di un reticolo di collegamenti, contatti, conoscenze estesissime. Non pensiamo di esagerare dicendo che in media ogni parlamentare è in contatto telefonico non occasionale con almeno 200 persone (amici, collaboratori, familiari, sodali di partito ecc). Se fosse esatta la tesi del gip avremmo un esercito di 200 mila persone immuni dalle intercettazioni! Insomma per il Papa tutte le conversazioni intercettate alle quali prende parte non sono, allo stato, utilizzabili, salva successiva autorizzazione della Camera».

IL “CINISMO” DI PAPA
Secondo i due pm napoletani, dalle numerose intercettazioni emerge il «cinismo» con il quale Papa rappresenta di volere fare “neri” gli imprenditori sul conto dei quali sta acquisendo notizie ed informazioni giudiziarie. Molti di questi hanno accusato Papa di estorsione e minacce dicendo che avevano letteralmente “paura” del parlamentare del Pdl. «Si configura un network criminale che può senza ombra di dubbio definirsi come eversivo dell’amministrazione giudiziaria». In conclusione, Woodcock e Curcio non vogliono solo che venga contestata ai quattro indagati l’associazione per delinquere. Puntano anche al riconoscimento dei reati di tentata corruzione e favoreggiamento per La Monica e di ricettazione per Bisignani e Papa.


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