Croydon, choc per la prima vittima

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CROYDON (Londra) — I veri affari li fanno i falegnami. Più ci si avvicina ai luoghi dei saccheggi e più ferve l’attività  di centinaia, migliaia di artigiani che spesso assieme ai proprietari di negozi, supermercati, pub e ristoranti si danno da fare per corazzare le vetrine coprendole con tavole di legno rinforzate con traversine in ferro. È una corsa contro il tempo. L’altra notte centinaia e centinaia di esercizi sono stati derubati, vandalizzati, in molti casi dati alle fiamme.
Proprio qui a Croydon c’è stato il primo morto dall’inizio della rivolta: un 26enne ferito lunedì sera da un proiettile alla testa, in circostanze ancora poco chiare, ieri è deceduto in ospedale. «Pago tremila sterline per tre vetrine. Ma non ho alternative, rischio altrimenti di perdere tutto. Il lavoro di una vita», esclama Malcom John, 49 anni, originario dei Caraibi e dagli anni 90 proprietario di un «Fish and Chips» nel centro di Croydon. La lavanderia vicina ha affidato il lavoro a un giovane falegname, Ken Clock, che nelle ultime ore ha guadagnato 10.000 sterline a tappezzare vetrate.
Sta diventando sera. Il tempo stringe. «Potrebbe essere un’altra notte di passione. Pazzia. Speriamo che la polizia sia più dura», aggiunge il proprietario di un negozietto in attesa che Ken arrivi da lui. La radio a tutto volume del camioncino carico di assi segnala in tempo reale le cronache dei disordini. Quelli più acuti hanno raggiunto Manchester. Sembra che nella regione di Londra bande di giovani si stiano dirigendo su Sutton e minaccino di tornare a Peckham e Brixton, dove avevano seminato terrore e rabbia già  lunedì notte.
Ciò che colpisce arrivando a Croydon non sono i quattro o cinque palazzi incendiati. Anche se uno è quello di un mobiliere che era la gloria del sobborgo: Reeves esisteva dal 1867. Piuttosto stupisce la vastità  delle devastazioni, e la paura della gente. Siamo solo a una ventina di chilometri a sud di Westminster ma pare un altro pianeta. I ragazzini banditi colpiscono a macchia di leopardo. Una zona può essere del tutto normale, con turisti per strada, caffè aperti, traffico intenso. E due strade più in là  è il deserto. Alle 17 il quartiere è sbarrato, chiuso in casa. Qui i fatti più gravi sono iniziati lunedì dopo le 20. «Ho visto bande di ragazzi arrivare a ondate. Molti armati di grimaldelli, sbarre e seghe. Si erano dati appuntamento tramite i BlackBerry e Twitter, con le email. Li aveva individuati anche la polizia, che però evidentemente non era pronta ad affrontare le violenze seguite. Alle nove di sera hanno dato fuoco a un bus di linea, poi alla falegnameria. Nel caos sono cominciati i saccheggi», racconta Kay Hussein, una pachistana che abita di fronte alla stazione dei bus vandalizzata. Ladri di lusso: si sono accaniti contro i negozi di musica, di elettronica e telefonini, biciclette da corsa. Nei supermercati hanno preferito liquori, vino, birra e dolci. Potendo scegliere, hanno lasciato perdere i vestiti meno cari dei grandi magazzini e si sono concentrati sugli abiti firmati delle boutique.
Croydon non ha nulla a che fare con i sobborghi poveri e sovrappopolati di immigrati neri o arabi che furono al cuore delle sommosse di Brixton del 1981. Al contrario, l’isola pedonale del centro è costellata da negozi di lusso, i ristoranti appaiono ricercati, costosi, ampie zone verdi sono circondate da nuovi palazzi dalle vetrate luminose. «Questi banditi bambini sono figli del benessere. Hanno tutto e vorrebbero di più, subito. Non sono poveri, non sono discriminati, piuttosto vengono da famiglie di divorziati, sono figli della strada, senza alcun controllo. Pensano di avere diritto a tutto ciò che vedono nelle vetrine. E se lo prendono», osserva risentito Micol McKenzie, un giamaicano di 40 anni che ora dice di temere per i suoi due bambini di quattro e sei anni. «Londra è sempre più accerchiata dalle bande, a scuola sono diventate il riferimento identitario. I giovani hanno perso il senso dello Stato e della comunità ». Lo contraddice Alì Nazeimi, d’origine iraniana, che vive nella strada vicino. «Non che le nostre autorità  siano un grande esempio per i ragazzi.
Gli ultimi scandali tra politici, polizia e giornalisti hanno demolito il rispetto per l’autorità  pubblica. Le rivolte sono l’espressione violenta del malessere profondo che attraversa i giovani del nostro Paese», dice polemico. Con il buio i ragazzi tornano per la strada. Giocano a rimpiattino con la polizia ormai dispiegata in forze. Ci sono tanti africani, altri parlano arabo, ma non mancano inglesi biondi. «Sono contento. Molto contento», esclama uno sui vent’anni in sella a una bici scassata. I compagni guardano soddisfatti i bidoni della spazzatura rovesciati a terra e il vuoto spettrale del centro.


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