L’apocalisse può attendere

Loading

NEW YORK. La signora col cagnolino non la smette di scandalizzarsi al telefonino: «Ma è ridicolo! Non è successo niente….». Il barboncino fa resistenza seguendola sulle rive dell’Hudson che un’ora prima ha annacquato la Dodicesima Avenue: deve pensarla diversamente, la bestiolina, se continua a tenere la coda fra le gambe per la paura delle onde.
Il cielo sopra Manhattan è ancora una nuvola nera che cancella le vette dei grattacieli. Ma la gente si sta già  riprendendo la città  che l’uragano le aveva scippato. Non era neppure un uragano: alla faccia dei metereologi. “Tropical storm” dice ora il National Hurricane Center. Come se facesse comunque tanta differenze farsi schiaffeggiare da un vento a 130 o a 105 all’ora. Come fosse comunque normale ritrovarsi con una tempesta da Tropici a un’ora dal Canada. Un gruppo di ragazzi s’infila oltra la striscia gialla della polizia – “No trespassing” – che protegge l’ingresso di River Terrace. Non è successo niente? Provate a chiederlo agli oltre cinque milioni di americani da due giorni senza luce: e chissà  ancora per quanto – avverte il governatore del New Jersey Chris Christie che teme decine di miliardi di danni. Provate a chiederlo ai milioni di persone appiedate dai diecimila voli cancellati. Senza ovviamente dimenticare le povere vittime. Il bilancio resta provvisorio: una quindicina. Ma cosa sarebbe successo a Staten Island se i vigili del fuoco di New York non fossero riusciti a raggiungere – soltanto in barca – quella settantina di persone che annegavano? E quante altre situazioni di emergenze hanno costretto l’impiego della Guardia Nazionale dal New Jersey a New York?
«Il peggio è passato» dice il ministro per la sicurezza Janet Napolitano che fino all’altra sera sfoderava il suo pessimismo. «Il peggio è passato» dice il sindaco Michael Bloomberg che non ha «nessun ripensamento» per le critiche sui troppi allarmi. «Il peggio è passato» dice il governatore di New York Andrew Cuomo. Ma l’Allarmista in capo Barack Obama invita «a non abbassare la guardia». Sì che tira un sospiro di sollievo per il peggio scampato da New York. Ma Irene muove ancora verso Boston. E da Philadelhia – la più colpita – a Baltimora e Washington le capitali della costa più ricca d’America stanno ancora contando le ferite. «E non è finita» dice il Presidente.
Anche New York naturalmente conta le sue ferite. L’albero sradicato davanti Toni’s non è uno spettacolo abituale e confortante per i giornalisti della Abc che solitamente assediano il ristorantino italiano dietro al Lincoln Center. E più di 600 sono gli alberi divelti in tutta la città . Più di seicento proiettili vaganti che adesso giustificano l’annuncio che la capitale del mondo ha diffuso per due giorni come si fa nei paesi – con l’altoparlante dalle auto: «Allontanatevi da Central Park: è pericoloso». Non è un caso che la devastazione in città  l’ha portata soprattutto il vento che ha cominciato a soffiare come una bestia intorno alle 4 del mattino di domenica. Proprio come aveva predetto lo stesso Bloomberg: costretto – nell’ultimo briefing prima della mezzanotte – a supplicare il contrario di tutto quello che aveva detto fino ad allora.
«Non c’è più tempo per mettersi in salvo» aveva tuonato come un profeta deluso dalle centinaia di migliaia di concittadini che avevano disubbidito all’ordine di evacuazione. «Chiudetevi in casa, non uscite: per la vostra sicurezza e anche dei soccorritori che rischierebbero per voi». Raccomandazione che non è stato certo difficile seguire. Prima ancora di fare alle 9 il suo tempestoso ingresso in città  la perturbazione-Irene ha scatenato l’inferno per tutta la notte. Ma più si avvicinava l’ora critica più è cresciuta la speranza che non sarebbe stata l’apocalisse temuta.
In tv gli inviati in ammollo sotto la pioggia hanno fatto a gara per farsi trascinare via dal vento. Ma l’alluvione di Lower Manhattan che la Cnn ha trasmesso in diretta non è stata lo tsunami che doveva fare impennare anche gli indici d’ascolto. L’Hudson ha raggiunto pericolosamente il livello della superstrada che costeggiandolo unisce il Sud e il Nord di Manhattan. E a quel punto il fiume che divide New York dal New Jersey ha cominciato pericolosamente a tracimare. Ma è durato poco: il tempo di un paio di collegamenti tv.
Come a Battery Park: anche davanti all’imbarcadero dei traghetti che portano alla Statua della Libertà  (vietata ai turisti da due giorni) l’acqua ha oltrepassato gli argini. Ma un’ora dopo c’era già  la piccola folla dei curiosi a passeggio sotto la pioggia malgrado gli avvisi per radio di Cuomo: «Restate a casa, godetevi la famiglia, leggetevi un bel libro». Niente. Quando l’orologio dell’armageddon segna le 11.10 un timido sole si affaccia dietro alla coltre di nuvole e nebbia: e i newyorchesi ormai non li tieni più. Non ci sono solo gli imprudenti che col vento ancora a palla sono scesi a guardare le onde da quel “Piers 16” che oggi è soltanto l’ombra del molo di “Gangs of New York”. Non c’è solo quel pasdaran dello jogging che sta tornano a piedi sul ponte di Brooklyn: e al traguardo al posto degli applausi trova la volante del Nypd. Cominciano a rianimarsi i quartieri più alla moda che fino alla notte prima temevano l’apocalisse – Tribeca e Soho erano nella zona B che rischiava l’evacuazione. E gli abitanti delle zone evacuate non aspettano certo l’ordine di Bloomberg («Via libera alle 3») per rientrare.
È finita? Magari. Sì, Times Square è tornata Times Square con la folla che si aggirava tra troppi locali ancora chiusi. Ma solo oggi e lentamente riapriranno gli aeroporti: le piste del Jfk sono allagate come tante parti di New York che non è Manhattan e quindi fa meno notizia. E solo oggi dovrebbe anche rimettersi in moto al metropolitana più grande del mondo: con gli inevitabili disagi che far ripartire un mostro del genere comporta.
Alluvioni e alberi sulla linea hanno bombardato tutta la rete dei trasporti. E l’East Coast non ha ancora finito di pagare il tributo a questa maledetta Irene che sfiancata dal fallito attacco a Manhattan punta su Boston e il New England. Mentre i soliti noti hanno continuato a giocare con l’uragano nelle loro case agli Hamptons: a un’ora di auto da New York. Da Bill Clinton che festeggiava con Hillary il suo 65esimo compleanno giù fino a Justin Timberlake e Gwyneth Paltrow hanno tutti atteso lo “storm” nella tranquillità  dei loro bunker al mare. Davvero per loro “non è successo niente”: ma non succede quasi mai.


Related Articles

Il nuovo rais

Loading

Egitto. Trionfano i “sì” al referendum sulla Costituzione. Preparando l’ascesa alla massima carica dello Stato di Abdel Fattah Al-Sisi, Più che approvare il testo proposto, il voto serve a legittimare il golpe del 3 luglio. il “nuovo Nasser”

Le rivoluzioni anestetizzate

Loading

Percorsi di letture. Dall’Egitto raccontato da Giuseppe Acconcia alle rivolte tunisine e siriane, fino alla crisi irachena. Una panoramica di libri che affrontano il «dopo» delle Primavere arabe al Salone dell’editoria sociale di Roma

Francia-Libia: Si riapre il caso dei fondi neri da Gheddafi a Sarkozy

Loading

La ricostruzione dell’intricata trama di relazioni e valigette colme di banconote, tra gli uomini di Sarko e il Colonello, con il tramite del faccendiere libanese Ziad Takieddine, prende origine nel 2005

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment