«Frenano lo sviluppo». E Giugliano inaugura il muro «anti-Rom»

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Nel paese delle opere incompiute a Giugliano, popoloso centro dell’hinterland napoletano, da ieri vanno fieri di aver terminato il loro muro. Anche quello di Giugliano è fatto per separare: lungo 450 metri, alto quasi 3 (realizzato con 300 mila euro di fondi provinciali), serve a tenere da un lato le aziende della zona Asi, dall’altro i rom. Una iniziativa del Cig, il Consorzio presieduto dall’imprenditore Angelo Punzi. Solo che i rom c’erano da prima dell’insediamento industriale, da quasi trent’anni. Circa 86 famiglie, 466 persone di cui 275 minori (circa la metà  sotto i 5 anni), 13 disabili, sgomberati a metà  aprile. Col tempo, erano stati inglobati tra le 45 aziende dei settori dell’elettronica, della farmaceutica e dell’abbigliamento. Su un fazzoletto di terra, però, altamente inquinato da anni di sversamenti illegali di rifiuti tossici, tanto che il procuratore Aldo De Chiara a metà  aprile ne ha disposto lo sgombero.
Una piccola parte aveva ottenuto dei moduli abitativi dal comune, gli altri sarebbero dovuti andare in un campo attrezzato da realizzare a Quarto, su un terreno confiscato alla camorra. Un trasferimento difficile, come spesso accade per siti appartenuti ai clan, fino alle minacce armi in pugno. La comunità  rom, allora, aveva proposto l’acquisto da parte loro di un terreno per l’autocostruzione, a patto che le istituzioni provvedessero a far superare i pregiudizi. Da allora non è arrivata nessuna soluzione, una parte è andata via, gli altri si arrangiano in accampamenti di fortuna in aree private di Giugliano, senza acqua, luce, servizi igienici. A maggio è deceduto un neonato, aveva solo due mesi, la famiglia aveva trovato rifugio lì vicino, in un terreno tra un centro commerciale e l’Asse Mediano. È morto nella tenda dove dormiva, in terra, con le forti piogge che battevano sui teli.
Non è una misura di stampo razzista, assicurano i promotori dell’iniziativa: «Con la realizzazione del muro di cemento si scoraggiano i furti d’acqua con la deviazione di tubature, la manomissione delle cabine elettriche e la continua devastazione delle linee telefoniche per rubare il rame». Salvo poi contraddirsi: «Non è un muro, ma un normale sistema di recinzione posto a tutela dell’area industriale, come in altre zone analoghe, con sensori antintrusione. E non diciamo certo che tutti gli atti sono stati compiuti dai rom perché ci potrebbero essere altri che si ‘nascondono’ dietro questo alibi», spiega Punzi. Insomma è un muro ma anche no, ed è un tassello di «un progetto di qualificazione – prosegue -. Oggi, nei viali di ingresso, ci sono i fiori: chi conosce qual era lo stato dell’area sa che è un risultato addirittura straordinario». Nessun cenno al fatto che per arrivare all’area Asi si passa da una galassia di micro discariche abusive, ad ogni slargo ci sono le prostitute in pieno giorno e, soprattutto, il comprensorio adesso ingentilito dalle aiuole ospita l’impianto Stir per la tritovagliatura dei rifiuti, che si traduce in autocompattatori pieni di immondizia in fila a ogni ora, con relativo rigagnolo nero di percolato che scorre lungo le vie di accesso. Con il loro caratteristico cattivo odore, capace di stravolgere ogni stomaco, segnalano l’arrivo alla zona industriale. I rom però, per carità , sono loro che frenano lo sviluppo. I PROMOTORI «Non è una misura di stampo razzista. Non è un muro ma una normale recinzione a tutela dell’area industriale». L’iniziativa è patrocinata dall’imprenditore Angelo Punzo


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