«Non oseranno attaccare»

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 DAMASCO.Il timing non poteva essere peggiore. Mentre domenica sera la televisione pubblica siriana trasmetteva un messaggio del presidente Bashar Al Assad – il quarto dall’inizio delle proteste a metà  marzo – al Jazeera mostrava le immagini dei ribelli libici che entravano a Tripoli. E anche se le situazioni nei due paese sono differenti, vengono collegati in molti commenti.

Il presidente siriano affida il suo messaggio a un’intervista pre-registrata, stile molto diverso da quelli precedenti. Come diverso è il clima nel paese, dopo cinque mesi di proteste senza precedenti e una violenta repressione che ha causato oltre 2.000 vittime civili secondo fonti dell’opposizione e le Nazioni Unite. Domenica sera a Damasco non si respirava l’atmosfera di trepida attesa del primo discorso, il 30 marzo, a due settimane dall’inizio delle proteste a Daraa. Questa volta il messaggio principale sembra diretto agli Stati Uniti e all’Unione Europea che ne hanno chiesto le dimissioni. Bashar afferma che le pressioni occidentali «sono senza valore» e comunque ogni eventuale azione militare contro la Siria «avrà  conseguenze assai più vaste di quanto loro potrebbero sopportare, a causa della posizione geopolitica della Siria e delle proprie capacità , di cui non sono a piena conoscenza». Il presidente afferma che «la soluzione deve essere politica» ma che è necessario garantire la sicurezza, visto che le proteste erano diventate più militanti. Senza fare riferimento diretto agli attacchi dell’esercito contro alcune città  ribelli, ha affermato che le forze di sicurezza hanno ottenuto dei risultati. «Non sono preoccupato», afferma Bashar, «possiamo gestire la situazione».
Il presidente afferma che «i kurdi non sono immigrati», che «ha notato un senso di marginalizzazione tra i giovani» e assicura giustizia per tutti i responsabili di crimini. Ma l’opposizione fa notare che finora nessun ufficiale è stato processato, neanche Atef Najib, cugino del presidente e responsabile dell’episodio che è stato la la scintilla delle proteste, l’arresto dei 15 ragazzini a Daraa: è stato solo trasferito ad altro incarico.
Bashar parla di riforme e ne indica i tempi: revisione costituzionale tra i tre e gli otto mesi, elezioni amministrative entro fine anno ed elezioni legislative a febbrario 2012, con la nuova legge sui partiti. Ma non ha preso un chiaro impegno a cancellare l’articolo 8, quello che garantisce al partito Baath il monopolio del potere.
«Stanno prendendo tempo e non fanno le riforme», dice un oppositore che chiede l’anonimato, «due mesi fa ci hanno promesso elezioni ad agosto e democrazia alla fine dell’anno. Adesso posticipano. Assad non riesce nemmeno a dire chiaro che bisogna cancellare l’articolo 8. E’ tutto così vago».
Assad riconosce la pressione economica ma afferma che la situazione è migliorata negli ultimi tempi e che la Siria guarderà  a est per rimpiazzare il commercio con l’Unione europea che sta considerano sanzioni all’export di petrolio siriano.
«Il messaggio è chiaramente per consumo interno, una conversazione in un ambiente rilassato, intorno a un tavolo con due giornalisti», commenta un diplomatico occidentale: sembra fatto «più per rassicurare i sostenitori, che sono ancora molti, che per convincere gli oppositori. La società  è ormai polarizzata».
Subito dopo la fine dell’intervista, manifestazioni di protesta si sono tenute in numerose località  del paese e alcuni quartieri della capitale. La situazione rimane critica a Homs, terza città  del paese, roccaforte delle proteste, sotto lo stretto controllo delle forze di sicurezza che negli ultimi giorni ha provocato 15 vittime, e così anche nei dintorni: come a Rastan dove l’esercito è intervenuto con mezzi pesanti.
A Homs, città  famosa in Siria per la presenza di spirito dei suoi abitanti, gira la battuta che Bashar Al Assad, a differenza di Ben-Ali e Mubarak, prima di cadere pronuncerà  quattro discorsi, non tre, perché «è un dottore, è laureato». Aggiungono che il prezzo delle scarpe negli ultimi giorni è salito.
Da domenica una missione delle Nazioni Unite sta visitando i luoghi teatro di scontri ed attacchi (come Homs, Zabadani, i sobborghi di Damasco) per valutare la situazione umanitaria.


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