Ma la «riforma delle riforme» dovrebbe agire sul contributivo

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Buone possibilità  ha anche l’anticipo dell’incremento dell’età  pensionabile delle donne. Ma allo studio c’è anche quella che sarebbe la riforma delle riforme: il contributivo pro-rata per tutti con la reintroduzione della fascia flessibile d’età , tipo 63-68 anni. Meno possibilità  ha invece l’aumento dei contributi. In ogni caso, nuovi interventi sulle pensioni farebbero raccogliere al governo entrate strutturali per svariati miliardi.
Quota 101
Il sistema delle quote regola il pensionamento d’anzianità . Fino a tutto il 2012 si può lasciare il lavoro avendo 36 anni di contributi e 60 di età  oppure 35 di contributi e 61 di età  (per gli autonomi la quota è 97). Dal 2013 scatterà  quota 97 per i lavoratori dipendenti (36+61 o 35+62) e 98 per gli autonomi. Facendo partire quella 97 già  nel 2012, si potrebbero risparmiare 400 milioni il primo anno, ma già  1,2 miliardi nel 2013. La manovra potrebbe essere completata con step successivi: per esempio aumentando la quota di uno ogni due anni fino ad arrivare a 101: 66 anni d’età  più 35 di contributi o 65+36. A regime si risparmierebbero 1,8 miliardi l’anno.
Donne a 65 anni
L’ultima manovra, quella del 13 agosto, ha accelerato il percorso previsto dal decreto del 6 luglio. Per le lavoratrici del settore privato l’età  per la pensione di vecchiaia, oggi 60 anni, salirà  gradualmente dal 2016 per arrivare nel 2028 a 65 anni. Se si partisse già  nel 2012 i risparmi previsti arriverebbero subito. La relazione tecnica alla prima manovra stimava risparmi per 145 milioni nel 2021 «progressivamente crescenti» fino allo «0,4% del Pil nel 2031-2040», cioè 6,5 miliardi a valori attuali. La relazione tecnica alla manovra bis fa notare che a questi risparmi vanno aggiunti quelli conseguenti all’ anticipo della misura: 112 milioni nel 2017, 320 milioni nel 2018, 565 milioni nel 2019, 1,2 miliardi nel 2020, 1,8 miliardi nel 2021. Risparmi che potrebbero arrivare, appunto, già  dal 2012.
Contributivo
Sarebbe la madre di tutte le riforme e realizzerebbe una maggiore equità  intergenerazionale. Piace al ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta. È tornata a proporla nei dettagli Elsa Fornero, grade esperta di previdenza. Si tratterebbe di tornare all’impostazione originaria della riforma Dini aggiornandola. Al posto dei requisiti d’età  per la pensione di vecchiaia e quella di anzianità , ci sarebbe una fascia flessibile di pensionamento a scelta dei lavoratori, tra 63 e 68 anni, uguale per tutti e col calcolo della pensione col contributivo pro-rata. Renderebbe molti miliardi, ma si tratta di una riforma che rimetterebbe in discussione troppe cose e quindi ha poche chance.
Aumento dei contributi
Improbabile anche l’aumento dei contributi proposto dal vicepresidente della commissione Lavoro della Camera, Giuliano Cazzola (Pdl), che vorrebbe portare l’aliquota sui parasubordinati (co.co.co. e co.co.pro.) al 33% (oggi pagano il 26%) come i lavoratori dipendenti. «Si incasserebbero 1,3 miliardi». Le aliquote andrebbero aumentate, «ma sui lavoratori autonomi che hanno le gestioni previdenziali in profondo rosso e pagano il 20% — ribatte Gian Paolo Patta, membro del consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps —. Secondo il consuntivo 2010 i coltivatori, artigiani e commercianti hanno raggiunto insieme un deficit di oltre 10 miliardi». Un contributo di solidarietà  «su tutti quelli che sono andati in pensione prima di 50 anni d’età  e non hanno svolto lavori usuranti» viene proposto dal portavoce dei giovani del Pdl, Giovanni Donzelli, anche alla luce del dibattito che si è svolto nei giorni scorsi sul Corriere e al quale hanno partecipato centinaia di lettori.


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