Politici, affaristi e mazzette il MalPaese della corruzione

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Il verbo d’origine, “tango tangis”, è lo stesso ma tangenti e tangentisti non sono più quelli di una volta. E non perché Penati non ha la scorza leninista di Greganti, e Milanese, ombra di Tremonti, è troppo sgargiante per reggere il confronto con la devota Enza e con il diabolico Larini, ombre di Craxi. Ma perché con Alfonso Papa, per esempio, siamo arrivati alla perversione della tangente sull’informazione. Papa è il primo che invece di appalti vende le vite degli altri: dalle abitudini sessuali alle indagini in corso. In Italia dunque si paga il pizzo per non finire sui giornali complici o, meglio ancora, per farci finire il nemico.
Fermo restando che qui sto lavorando con le carte dell’accusa, e che vale per tutti la presunzione di innocenza, anche Milanese non lucra sugli appalti ma sui posti di potere e di sottogoverno. E la tangente è pagata con servizi, barche e viaggi a New York con la Ferilli e De Sica. Certo, le case di Bertolaso e di Scajola non hanno la fastosità  delle ville dei cortigiani socialisti, ma Prosperini, quello che «i clandestini salgano sul cammello e tornino a casa loro», ha avuto 230mila euro e poi ancora 10mila: tutti per lui. E Milko Pennisi (giunta Moratti), è stato arrestato in piazza della Scala mentre riceveva 15mila euro dentro pacchetti di sigarette: pochi per un partito, tanti per un uomo solo. I tangentisti di partito sono infatti diventati i tangentari che ci campano. È vero che il Diritto non riconosce la differenza ma Prada, collettore della Dc che si concedeva la cresta, era un ricottaro per i suoi “colleghi” Carnevale (Pci) e Larini (Psi).
Oggi l’ex assessore di Vendola, il dalemiano Tedesco, presunto “venditore” di nomine nella Sanità , non ha la drammatica grandezza di De Lorenzo, “il male assoluto”. E la scatola di scarpe dove Milanese nascondeva 250mila euro sembra la parodia del pouf che Lady Poggiolini imbottì di quadri, lingotti d’oro, monete rare e titoli. A Penati hanno trovato undicimila euro mentre De Lorenzo fu beccato in cucina a bruciare di tutto dentro una pentola.
E i tesorieri Balzamo e Citaristi erano i puliti e appartati uomini-chiave delle casseforti del danaro sporco, come il ragionier Spinelli è l’ufficiale pagatore del sesso sporco di Berlusconi. Erano i monaci poveri del convento ricco, come i sorveglianti che nella loggia massonica mettono la mano nel borsello nero, “il sacco della vedova”, e mimano il rito del prendere e del dare: «bevi il veleno rigenerante» dice il terribile fratello all’iniziato Alberto Sordi che si ritrae spaventato finché non gli mormorano: «È solo un Fernettino».
Il fratello terribile con le mani dentro “il sacco della vedova” del berlusconismo è Denis Verdini, altra novità  stilistica del “tango tangis”: teneva i contatti tra gli imprenditori e Bertolaso, aveva una banca e un giornale, ha governato il Pdl ed è sfacciato e spavaldo, il diavolo allegro che compra e rivende anche deputati.
«Noli me tangere» dice Gesù sfuggendo al tocco della Maddalena. La tangente è la retta che “tocca” il cerchio dell’affare in un solo punto: corruzione sfiorante. Dilagò con il boom edilizio: «Se tutti costruiscono perché non costruiamo anche noi?» la butta lì il Quinto di Calvino, l’intellettuale comunista che decide di «far ritorno nella sua città  natale per intraprendervi una speculazione edilizia». La politica promuoveva affari e voleva essere ripagata. Calvino nel 1957 lo intuì: «E poi quel Casiotti in Comune deve averci i suoi agganci, riesce sempre a fare quel che vuole».
Oggi il Casiotti del Milanese è l’architetto Ugliola che nei Municipi portava i soldi dentro custodie di dvd. E in Piemonte l’allegra brigata dell’assessora regionale Ferrero non riscuoteva il pizzo sui pannoloni ma “fotocopie”, “libri”, “brochure”, e se qualcuno non ci stava: «Lo scemo vuol far risparmiare soldi allo Stato». Ecco una filosofia che avrebbe fatto invidia a Vito Ciancimino.
Tangente infatti è la traduzione di “pizzo”, che è il becco dell’uccello. C’è dunque una sapiente ironia: cosa vuoi che sia il cibo di un uccello dinanzi al sacco della città ? Dall’ornitologia siamo passati alla geometria senza lupara, anche se sono morti, di dolore e di vergogna, Cagliari, Moroni e Gardini. E ci sono state le tangenti bianche, usate anche per costruire oratori e ospizi, e poi le rosse che hanno finanziato le sezioni e l’ideale. E i conti cifrati, quando la tangente ha smesso di sfiorare il cerchio e lo ha occupato, non più segnalando l’affare ma sostituendolo.
E oggi è andata a male persino la tangente d’antan. Certo, c’è il caso classico dell’area dismessa della Falck che a Penati avrebbe fruttato 4 miliardi di lire (era il 2000). E non si è capito quanto Penati, braccio destro di Bersani, è un tangentaro in proprio e quanto un tangentista di partito. Il tangentaro maneggia meno soldi ma ne possiede di più e, a differenza di Penati, esibisce la ricchezza, come quell’Abelli, uomo di fiducia di Formigoni e Bondi, detto “il faraone” per il jet privato e la Porsche 911, o come il sindaco di Buccinasco, Loris Cereda, che faceva brum brum sulle Ferrari “in prestito”. È vero che Tangentopoli fece ballare il tango all’Italia ma se “tango tangis” è appunto l’origine semantica della tangente è bastato spostare l’accento e il tanghéro, il danzatore di tango, è diventato il tà nghero, il miserabile.


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