Ucraina. Nel Paese in piazza per la Tigre bionda

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KIEV. Si può fare un’intervista a gesti? Dietro a uno sbarramento di poliziotti in mimetica nera, Yiulia Tymoshenko si sporge dal banco degli imputati. La treccia che l’ha resa celebre è perfetta, tutto il resto un po’ meno. Ha l’aria stanca, l’eroina della dissolta Rivoluzione arancione. Si sbraccia sotto al mantello griffato, mima un messaggio che è una richiesta d’aiuto: «Raccontate questa storia, fate sapere al mondo quello che sta succedendo in Ucraina». Dalle finestre chiuse filtra un coro lontano che le strappa un sorriso: “Yiulia, Yulia”. Giù in strada, i ragazzi del partito Batkivscina (Patria) si stanno dando da fare sotto la pioggia fredda e sottile di questo insolito agosto. Saranno un migliaio, dormono in tende bianche che una volta erano servite da gazebo elettorali, raccolgono firme per la scarcerazione della loro leader sotto a un documento che per la prima volta parla di «dittatura al potere», convivono giorno e notte con agenti in assetto di guerra che li circondano minacciosi armati di scudi e manganelli.
Ore 10 del mattino, tribunale distrettuale di via Khresciatik 42, nel cuore della passeggiata di Kiev, tra un negozio d’intimo e una boutique italiana. A cento metri dalla piazza Indipendenza che vide la protesta e la storica svolta dell’inverno del 2004 e dove ora campeggia un timer che segna i 303 giorni, i minuti e i secondi che mancano ai prossimi campionati europei di calcio in Polonia e Ucraina. Yiulia Tymoshenko ha atteso l’inizio dell’udienza per tre ore in una gabbia da imputati di un metro per due. Con quella che i suoi fedelissimi ritengono essere una perfida tattica psicologica, l’hanno prelevata dalla sua cella di Lukianovskij prima delle sette del mattino. E’ la seconda volta da quando è stata clamorosamente arrestata in aula nel pomeriggio di venerdì, ma questa volta Yiulia la Tigre non si è fatta trovare impreparata. «Si è svegliata alle cinque per mettersi in ordine con tutta calma – raccontano, adoranti, le ragazze del suo staff – Sappiamo tutte quanto ci tenga». Perché il momento sarà  pure difficile ma il look resta fondamentale. Lunedì, trasportata in tribunale in tutta fretta, appariva sconfitta e umiliata con i capelli tirati indietro e una camicia bianca spiegazzata. «Non accadrà  mai più – giura la sua assistente Marina Soroka – Togliere la treccia a Yiulia è come togliere il basco a Che Guevara. Il suo aspetto è parte della nostra forza».
Sembrano sottigliezze ma contano moltissimo in quella che è diventata una guerra di nervi tra l’ex premier e un governo che la detesta personalmente prima che politicamente. Ecco perché Yiulia Tymoshenko ostenta soprattutto contegno e sicurezza. Dopo lo sfogo dei giorni scorsi, le urla di «fascisti e mafiosi», verso i magistrati, simula una serenità  innaturale. Perfino in carcere dove divide una cella con una detenuta comune e dove i pasti che le mandano da casa vengono spezzettati ed esaminati dalle guardie. In aula, saluta senza troppe smancerie i due nuovi difensori, associati da poche ore al suo storico avvocato in tante battaglie legali. Si tratta del marito Oleksandr che arriva in abito da sera, portando un mazzo di rose bianche come a una festa di compleanno. E la figlia, Eugenia, 28 anni. Supporto psicologico ma non solo. Eugenia è una giovane legale che gode già  di un’ottima fama nei tribunali ucraini. Un solo accenno di irritualità  prima che l’udienza cominci. La Tymoshenko si alza in piedi e grida: «Viva l’Ucraina» come faceva al termine di ogni suo intervento da Primo ministro.
Poi si comincia con l’estenuante lettura di verbali. Il tentativo, fallito, della difesa di ricusare la pubblica accusa, il rinvio a giovedì dell’esame dell’ennesima richiesta di scarcerazione immediata.
Fuori l’Ucraina attende, a modo suo. Accanto alla tendopoli dei militanti di Batkivscina, ne sorge un’altra dall’aria più organizzata. Ci sono le bandiere del partito filo russo al governo. Un sistema di amplificazione da struttura militare e tanti striscioni che inneggiano alla «fine della corruzione», all’arresto di «Yiulia Tymoshenko e suoi complici», «Alla fine della politica firmata Vuitton». Anche qui ci sono gli agenti speciali Berkut (i falchi) ma hanno l’aria più rilassata come gli agenti di guardia a una tifoseria notoriamente tranquilla. I sostenitori delle ragioni del governo, non parlano con i giornalisti, non dormono nelle loro tende blu nuove di zecca ma arrivano al mattino come per timbrare un cartellino. Sono tutti ragazzi sui vent’anni. I pro Yiulia sostengono che siano reclutati nelle provincie più povere dell’interno e portati ogni giorno in pullman a fare da claque. Tra i due campi non c’è astio. Solo disistima reciproca. Tra i fan di Yiulia tante donne, molte anziane, che ancora ringraziano per lo storico aumento delle pensioni del governo Tymoshenko. Raccolgono fondi in cambio di poveri gadget di carta e spago con il simbolo del cuore rosso. Fanno la conta con un passaparola che nasce da Internet delle reazioni del mondo all’arresto: il Canada che condanna, la Spagna che ricorda di non dimenticare i diritti elementari della difesa, l’ambasciatore degli Stati Uniti a Kiev che fa richiesta formale di visitare la signora in carcere. «E l’Italia che fa? Stiamo aspettando», dice Aleksandr Turcinov braccio destro politico della Tymoshenko ed ex vice premier.
La delusione più grande ha un nome, Viktor Yushenko, fondatore con Yiulia del movimento arancione, presidente dell’Ucraina per cinque anni, adesso figura sbiadita e defilata. Neanche un intervento, una riga di solidarietà . E’ all’estero. La difesa vuole interrogarlo. Verrà  dopo Ferragosto, forse. Ma il clan di Yiulia lo vede come uno che si è arreso, che è passato dall’altra parte.
L’arresto, che ha fatto gridare allo scandalo perfino Vladimir Putin, eterno rivale della Rivoluzione arancione, appare in effetti sempre più difficile da giustificare. La procuratrice Lilija Frolova l’ha ottenuto dopo tre tentativi come una sorte di punizione «per il comportamento sprezzante dell’imputata in aula». Difficile che possa reggere in punta di diritto alle pressioni internazionali. Più complicata da capire è l’accusa. La Tymoshenko deve rispondere di abuso d’ufficio per aver firmato, da premier, un contratto di acquisto di gas dalla Russia a tariffe svantaggiose per Kiev. Un paradosso che sembra studiato a tavolino se si pensa proprio come l’arma del prezzo del gas sia stata utilizzata da Mosca per accrescere la crisi economica ucraina, distruggere l’immagine del governo allora in carica e favorire la vittoria dell’attuale presidente filorusso Yanukovich.
Ma ora la crisi continua, Yanukovich crolla in popolarità , il carisma di Yiulia la Tigre e il suo profilo di amica dell’Occidente, la rendono pericolosa. La piazza urla, la polizia controlla inquieta, gli avvocati di Batkivscina si preparano: «Comunque vada questo processo, non finirà  qui».


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