Bollette e affitti record, giù i consumi liberi

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ROMA – Quando il potere d’acquisto cala e le famiglie devono decidere cosa tagliare per far quadrare i conti ci sono voci sulle quali si può discutere (l’abbigliamento, il tempo libero e per certi aspetti anche l’alimentare) e spese intoccabili e «obbligatorie», come l’affitto, la salute, le assicurazioni, la benzina o il riscaldamento. In Italia negli ultimi quarant’anni il peso di questi costi obbligati è raddoppiato e la caduta dei consumi «liberi» ne è l’evidente prova.
Per colpa della crisi economica, della disoccupazione e delle scarse entrate dovute alla diffusa cassa integrazione, il reddito pro capite degli italiani fra il 2007 e il 2011 è sceso del 7,8 per cento (che diventa 4,8 se si tiene conto anche della crescita della popolazione): il quadro di riferimento è diventato più rigido, i margini di spesa più ridotti e innestando su tale scenario anche il recente aumento dell’Iva nei prossimi mesi assisteremo ad un’ulteriore caduta dei consumi (meno 0,5 per cento) e ad un nuovo aumento dell’inflazione (a settembre sarà  del 3,1 per cento).
Queste le analisi e le previsioni contenute in uno studio della Confcommercio che analizza quarant’anni di spesa familiare: se nel 1970 la quota di spese incomprimibili (abitazione, sanità , assicurazione e trasporti in primis) era ferma al 23,3 per cento, nel 2010 la quota è volata al 38,8. Allo stesso tempo si è ridotto il budget destinato a tutte le altre voci. Un passaggio che ha penalizzato la libera scelta e la qualità  della vita delle famiglie costrette a puntare tutto sulle sempre più pesanti spese rigide. Una sorta di cappio, dalle bollette agli affitti.
Il fatto che le famiglie siano sempre più piccole non ha facilitato le cose (dalle 3,3 persone in media del 1971 si è passati alle 2,4 del 2010), visto che sono crollate le economie di scala. Ma è stata soprattutto la perdita del posto di lavoro o il reddito ridotto garantito dalla cassa integrazione ha segnare il passaggio. Le mancate liberalizzazioni («dove hanno funzionato – spiega il rapporto – il tasso di crescita dei prezzi ha rallentato sensibilmente») hanno fatto il reso. A subire le conseguenze di tutto questo sono stati in primis i pensionati (la quota di spese fisse sale per loro al 56,7 per cento che diventa 77 per chi vive da solo) e le coppie con più figli.
Ora l’Iva che dal 20 e passata al 21 per cento, dicono alla Confcommercio, «certamente non aiuta la crescita» visto che « si riversa soprattutto sulle famiglie più deboli e non incoraggia lo sviluppo e la crescita». In più «non risponde nemmeno alle esigenze di recupero dell’evasione». Il Centro studi lancia dunque l’allarme: nel 2012 ci sarà  un’ulteriore riduzione dei consumi dello 0,3-0,5 per cento e – contemporaneamente – l’inflazione si alzerà  al 3,1 in settembre per raggiungere il 3,5 a novembre. Bassa crescita, consumi stagnanti, redditi delle famiglie fermi, tassazione alta: «La drammaticità  della situazione non sfugge a nessuno e ad oggi avvertiamo che non ci sono né le premesse né le condizioni per una ripresa certa e rapida» ha detto il presidente Carlo Sangalli. Per Confcommercio c’è un solo un modo per rilanciare i consumi: «una riforma fiscale impostata sulla semplificazione e sulla riduzione della pressione». Se così non sarà  dietro l’angolo c’è una nuova recessione in arrivo.


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