Famiglie più povere, i consumi stanno crollando

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 La Coop siamo noi, sostiene un fortunato slogan. Purtroppo le Coop non scoppiano di salute, perché la crisi colpisce duramente «noi». A due anni dalla crisi del 2009 le cose non sono migliorate per chi è costretto a fare i conti con stipendi fermi e costo della vita in aumento. Il rischio, oltretutto, è quello di un double dip, di una ricaduta nella recessione. Provvedimenti di sostegno dei redditi non sono stati varati e a pagarne le conseguenze sono le famiglie costrette a mutare i loro consumi pur di sopravvivere e arrivare alla fine del mese.

Nel Rapporto Coop 2011 «consumi e distribuzione», redatto dall’ufficio studi di Ancc-Coop (Associazione nazionale cooperative di consumatori), viene messo in risalto come i consumi nel nostro paese abbiano subito prima un forte declino seguito da una risalita molto bassa. Per far quadrare i conti i cittadini italiani riducono la quantità  dei beni acquistati e modificano anche le scelte su cosa comprare. La caduta dei consumi è più sentita al Sud, dove la crisi ha contribuito a far accrescere le diseguaglianze colpendo le famiglie più giovani con figli a carico, e dove la piaga della disoccupazione (non solo giovanile) ha ripreso a incrementare il fenomeno della migrazione. A soffrire maggiormante, della riduzione dei consumi, è il comparto dell’alimentare, dell’abbigliamento e dell’ arredamento, mentre in previsione futura sono destinati a crescere le spesa per sanità , trasporti e comunicazione.
Cambia il carrello della spesa e mentre riprendono forza i prodotti di base, grazie anche alle promozioni, calano i consumi per beni di salute e di lusso. Gli italiani si dimostrano sempre più oculati mentre tramonta l’idea di un popolo di parsimoniosi. Il tasso di riparmio è calato di dieci punti percentuali rispetto ai valori degli anni ’90 e l’80% delle famiglie italiana è convinta di vivere al di sotto di uno standar accettabile (rispetto a un 44% della Germania e a un 54% della Francia). L’Italia risulta quindi il paese europeo dove i cittadini hanno la maggiore percezione di povertà . A influire su questa situazione si è aggiunto anche un mercato del lavoro debole. Dove il tasso di disoccupazione giovanile è aumentato (2006/2010 +6%) e dove sempre più i giovani sono inattivi uscendo così dalle file dei disoccupati.
Un’ ulteriore penalizzazione arriva poi dall’aumento dell’Iva dal 20% al 21% che con un’inflazione cresente rischia di stroncare ancora di più i consumi. «È un intervento inaccettabile- dice Vincenzo Tassinari, presidente del Consiglio di gestione Coop Italia – ogni punto di Iva in più pesa 7 miliardi sui consumi annuali». Nel 2012 l’aumento dell’Iva, unito a un’inflazione del 3/4%, peserà  nelle tasche di ogni famiglia italiana per 500/600 euro». Questo influisce negativamente sulla capacita delle vendite della gdo (grande distribuzione organizzata) che sono negative (-3%) da tre anni. Un ulteriore colpo, alle cooperative arriva poi dall’incremento dell’imposta sugli utili messi a riserva, passando dal 55% al 65%. Una buona notizia arriva però dall’Europa. La Corte Ue ha stabilito che le esenzioni fiscali per le coop non sono aiuti di stato. Precisando però che solo per quelle di produzione e lavoro, in cui gli utili della società  vengono distribuiti solo tra i soci che svolgono attività  lavorativa. Non altrettanto vale per le cooperative i cui soci hanno con loro un rapporto solamente commerciale.


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