Il fondo strategico della Cdp studia i dossier Avio e Ansaldo

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MILANO – Cosa hanno in comune Ansaldo, Avio ed Edison? Si tratta di società  che operano in settori strategici (trasporti le prime due, energia la terza) e che il governo vorrebbe rimanessero sotto il controllo di gruppo italiani, opponendosi alle mire dalle multinazionali francesi.
Per ottenere questo risultato, l’esecutivo ha l’intenzione di utilizzare lo strumento nato proprio a questo scopo. Secondo fonti finanziarie, il Fondo Strategico Italiano, sostenuto al momento dalla Cassa Depositi Prestiti che ha contribuito con un primo finanziamento da 4 miliardi, sta studiando sia il dossier Avio sia il dossier Ansaldo. L’obiettivo è quello di un ingresso nel capitale per ostacolare le operazioni che vedrebbero Avio – società  del settore aeronautico fondata dagli Agnelli nel 1908 – nel mirino del gruppo Safran e Ansaldo di Alstom. Avio, di cui Finmeccanica possiede il 14% mentre in mano al fondo di private equity Cinven ci sono l’84% delle quote, ha di recente confermato il suo progetto di quotazione in Borsa. Ansaldo, attiva nel settore ferroviario, ha come socio di maggioranza sempre Finmeccanica: tra i più preoccupati per la vendita l’ad di Fs Mario Moretti che rischia di vedersi arrivare in casa i maggiori collaboratori dei rivali delle ferrovie francesi.
Il Fondo strategico Italiano non sarebbe, invece, intenzionato a sostenere i soci italiani di Edison, impegnati in una complessa trattativa con Edf . Da una parte perché lo statuto prevede che siano possibili solo gli investimenti in società  in utile (mentre il bilancio 2010 e la prima semestrale 2011 di Edison sono in negativo). Dall’altra, perché la situazione tra i soci italiani dell’utility milanese è quanto mai complicata, come dimostra l’uscita a sorpresa di Bruno Tabacci, l’esponente centrista che il sindaco di Milano Giuliano Pisapia ha chiamato in giunta come assessore al Bilancio. Tabacci, ieri, è entrato a gamba tesa nella trattativa che i consigli di gestione e di sorveglianza di a2a stanno portando avanti con i francesi di A2a. In sostanza, Tabacci ha detto che il lodo Zuccoli (lo scambio di azioni Edison con azioni Edipower) «non sta in piedi». E che il governo, stoppando gli accordi del marzo scorso «ha fatto solo confusione» e che il ministro Paolo Romani «non ha concluso nulla». Non solo: se l’è presa anche con Corrado Passera, per il suo presunto ruolo di mediatore con i francesi: «L’ho sentito e non ne ha nessuna intenzione anche perché ha interessi specifici da difendere, magari di qualcuno che ha finanziato ed è azionista di Edison». Il riferimento è al finanziere Romain Zaleski, che controlla il 10% dell’utility.
Un’uscita inattesa, a pochi giorni dall’incontro tra il ministro Romani e il numero uno di Edf, proceduta da una nuova riunione dei consigli di A2a. Ma il messaggio di A2a ai consiglieri nominati dal comune di Milano è più che evidente. Edison è già  francese, il governo non è in grado di difendere alcun progetto alternativo, è meglio accordarsi al più presto per il divorzio dai francesi.
A questo proposito, alcune fonti sostengono che i comuni interessati (Milano, Brescia e Torino) vedrebbero bene l’uscita dall’avventura in Edison fin da subito, senza aspettare di esercitare una opzione fra tre anni. Potrebbero così accettare la vecchia proposta di Edf che voleva rilevare il 30% in mano agli italiani a 1-1,1 euro. Si garantirebbero un incasso immediato da girare poi ai comuni – con le finanze ridotte al lumicino – sotto forma di dividendo. Un percorso a cui ora – pare di capire – potrebbe opporsi solo il governo.


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