Italia: voci di pace attorno alla Marcia Perugia-Assisi

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Proprio per festeggiare questo anniversario, la marcia 2011 ha lo stesso attuale tema della prima: Per la pace e la fratellanza tra i popoli che, come ricorda la Tavola per la pace che ha coordinato l’organizzazione, non può che richiamare alla memoria l’articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità  e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”. “Con questo spirito – ci ha spiegato la Tavola per la pace – abbiamo invitato a camminare insieme migliaia di persone, perché libertà  vuol dire più responsabilità  e partecipazione di ciascuno. E, se vogliamo provocare un nuovo futuro, dobbiamo superare ogni forma d’indifferenza, di individualismo, di inerzia e di rassegnazione. Ognuno di noi deve stare dentro la storia da protagonista, con la propria coscienza, sensibilità  e responsabilità ”.

Ma con che spirito a 50’anni dalla prima Perugia-Assisi il popolo arcobaleno si rimette in cammino lungo i 24 chilometri che separano Perugia da Assisi? Abbiamo raccolto da alcuni protagonisti di questa marcia i perché della partecipazione alla più importante manifestazione del movimento pacifista italiano:

Fabio Lotti, ccordinatore della Tavola della Pace: “A Perugia ci sarò perché come disse Capitini tocca a ciascuno di fare qualcosa, non possiamo delegare ad un governo, alla politica, né a nessun altro, quello che dobbiamo fare noi in materia di pace”.

Per Lisa Clark dei Beati Costruttori di Pace: “io sono più vecchia della marcia, ma non vado perché ci sono sempre stata, non è per questo che ci sarò, ogni volta è un’iniziativa diversa, ogni volta sono momenti diversi e ogni volta ci si va con emozioni, propositi, riflessioni diverse. Io quest’anno ci sarò anche per ricordare Vittorio Arrigoni, per pensare alla debacle della Libia dove non siamo stati capaci di impedire un massacro di persone, se non ricorrendo alle bombe”.

Il nostro capo redattore ad Unimondo Giorgio Beretta: “ci sarò perché a 50 anni dalla prima marcia il nostro paese rischia di spendere 13 miliardi di euro per comprare 131 caccia bombardieri d’attacco senza che nessuno lo sappia. Voglio esserci per dire no, voglio che il mio Parlamento dica no, l’Italia ripudia la guerra e non vogliamo assolutamente caccia bombardieri d’attacco per il nostro Paese”.

Silvia Fontana docente del Liceo scientifico e musicale Attilio Bertolucci di Parma: “Andiamo alla Perugia- Assisi per incontrare persone con cui trattare di pace, insieme alle quali desiderare e pregare per la pace, per dirci che speriamo ancora, nonostante tutto, nell’uomo e nella pace […]. Useremo la musica per dire parole di pace. Esprimere ideali ed emozioni, come la speranza, è difficile, perché a volte i discorsi sanno di retorica. Ma dove le parole finiscono, inizia la musica. […] Una stupenda, potente metafora vogliono interpretare con l’esecuzione dei loro pezzi i ragazzi del liceo Musicale di Parma durante la marcia della Pace Perugia-Assisi”.

Mao Valpiana del Movimento nonviolento: “ci sarò perché ci sono dal 1978, è perché è una splendida palestra per la costruzione di democrazia, vera, non formale, per questo marcerò nel ricordo, nella tradizione e nella volontà  di rinnovare ed attualizzare il pensiero e l’opera di Aldo Capitini”

I rappresentanti dell’amministrazione comunale di Motta San Giovanni, la città  di Francesco Azzarà  l’operatore di Emergency rapito da oltre un mese in Darfur, capeggiati dal sindaco Paolo Laganà : “Quest’anno la marcia Perugia-Assisi assumerà  per Motta San Giovanni un significato particolare. 
Il tradizionale corteo per la pace e la fratellanza dei popoli, giunto alla 50esima edizione, diventerà  un’occasione per mobilitare media, istituzioni ed opinione pubblica sul rapimento di Francesco nel tentativo tenere desta l’attenzione sull’accaduto ed arrivare presto alla liberazione”.

Accanto al sindaco Laganà , Emergency e il comitato Francesco Libero: “Siamo convinti che Francesco possa ben rappresentare tutti quei giovani italiani che, diversamente da un diffuso sentire comune, hanno deciso di dedicare la propria vita agli altri, contribuendo, in silenzio, a migliorare questa nostra terra. Vogliamo portare alla Marcia per la Pace l’immagine di Francesco, vogliamo indicarlo quale esempio di altruismo gratuito, testimone di una nazione, la nostra, che ha già  pagato e a caro prezzo l’impegno civile. Vogliamo che sia riconosciuto quale simbolo di una generazione che, nonostante l’attuale momento di forte crisi, non ha paura di assumersi responsabilità , non volge lo sguardo altrove, ma affronta la realtà , anche quella drammatica del sud Darfur”.

Michele Nardelli presidente del Forum trentino per la Pace e i diritti umani: “Mi piacerebbe che in occasione del cinquantenario, il pensiero di Capitini emergesse in tutta la sua complessità , con grande attenzione alla parola nonviolenza, preferibile a quella più comune pace, perché maggiormente significativa di quella coerenza tra fini e mezzi di capitina memoria, che fatica ancora oggi a trovare piena cittadinanza politica”. Ma non solo. “L’idea che le spese militari facciano Pil è un po’ come augurarsi che un terremoto possa in qualche modo contribuire alla ricostruzione” e l’Italia sappiamo “si sta attrezzando per l’acquisto di 131 cacciabombardieri F35, per questo risulta davvero difficile intravedere valide ragioni” per non essere alla Perugia-Assisi.

Padre Alex Zanotelli, missionario comboniano, “È fondamentale ritrovare l’ispirazione della nonviolenza attiva […] per farlo occorre mettersi insieme, marciare e fare rete, per porre con forza il tema della pace alla nazione”.

Anna, Luca, Michele, Yussuf, Valentina, Izet… di una delle tante classi delle scuole italiane in marcia e della quale ho smarrito il nome, ma che interpretano all’unisono ciò che il loro professore di storia ha convinto ad imparare: “perché ci hanno fatto imparare l’articolo 11, e adesso è nostro, – urlato – l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà  degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità  con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità  necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni – e poi… dopo un attimo di incertezza chiudono in coro – promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.

Achille Tagliaferri coordinatore del dipartimento pace e stili di vita delle Acli: “c’è stato un tempo per resistere, resistere, resistere, ora non possiamo più aspettare, ora l’importante è esserci, ma non per forza e solo fisicamente a questa cinquantesima marcia, esserci vuol dire che ognuno di noi può sporcarsi le mani con la pace, quotidianamente”.

Roberto Natale, presidente del FNSI: “perché è una delle espressioni di ricchezza della società  italiana. […] C’è una straordinaria vitalità  nella società  che pur in presenza di messaggi tra lo squallido e il tragico che arrivano da una delle nostre istituzioni più importanti, ha a cuore le cose che contano, come la pace e la giustizia” in barba a una certa stampa “distratta” che sbaglierà  questa sera i numeri dei pacifici marciatori.

Vittorio Cogliati Dezza presidente di Legambiente: “perché i temi della pace e quelli dell’ecologia sono strettamente legati e che non è solo la battaglia sul clima o il degrado delle periferie urbane che spinge chi ha a cuore l’ambiente a una marcia per la pace: c’è il tema dei diritti, che si coniuga con l’attualità  stretta di queste ore a Lampedusa, dove si trovano centri di detenzione per minori. Un’aberrazione giuridica contro cui ha senso fare questa camminata, che non ha dunque solo uno scopo commemorativo”.

Vittorio Arrigoni no, lui non ci sarà  questa volta, ma immaginiamo il suo suggerimento da Assisi o da Gaza “… per restare umani”. E allora in piedi, costruttori di pace! In un Paese che ha bisogno di risorgere da macerie ambientali, economiche e sociali la marcia della pace è un tassello troppo importante. Non si può più attendere, non di celebrare la pace, ma di raccontare che esiste e non solo sotto una bandiera.


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