Moody’s prende tempo sull’Italia

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BUCAREST – Giorgio Napolitano torna a denunciare il «macigno» del debito pubblico, a invocare un cambiamento forte («Ci saranno da rivedere molte cose»). E a mettere in guardia gli italiani per «la crisi di fiducia» degli investitori sul nostro Paese. Un momento difficile, dice al museo nazionale di Bucarest il presidente della Repubblica ai nostri imprenditori che lavorano in Romania. E quando rivolge un appello perché «ognuno abbia il senso delle proprie responsabilità », sembra riferirsi alle ultime sortite di Berlusconi e di Bossi. Le parole del presidente riflettono probabilmente anche l’attesa per la decisione di Moody’s sul rating dell’Italia, dopo che lo scorso 17 giugno l’agenzia aveva messo sotto osservazione per un possibile downgrade il giudizio sul nostro Paese, ora a livello «Aa2». Ma l’agenzia, a sorpresa, prende tempo, precisando in una nota diffusa in tarda serata che «cercherà  di concludere la review entro il prossimo mese». La decisione di Moody’s era invece attesa per oggi, dal momento che di solito passano 90 giorni tra il creditwatch e il verdetto. L’eventuale taglio del rating, ribadisce l’agenzia, è legato ai rischi insiti nella crescita, all’andamento dei mercati finanziari e alla capacità  del governo di ridurre il deficit. Secondo gli analisti un eventuale declassamento di un solo gradino del rating da parte di Moody’s non dovrebbe provocare troppi scossoni sul mercato dei titoli di Stato, i cui rendimenti già  scontano da tempo una possibile bocciatura. Ieri, segnale positivo, lo spread tra Btp e Bund decennali si è ristretto ulteriormente, arrivando intorno ai 350 punti.
In questo clima di attesa, che poi si è dissolto con l’annuncio di Moody’s, Giorgio Napolitano torna a denunciare l’errore di aver sottovalutato per decenni il peso del debito pubblico – «anche se tecnicamente Tesoro e Banca d’Italia sono stati molto bravi, abbiamo ben gestito il servizio del debito pubblico, le emissioni dei titoli di Stato» – e invoca un cambio di passo. Non siamo più negli anni Ottanta, dice, ovvero negli anni delle spese, della finanza allegra, dei buchi di bilancio. «Abbiamo sottovalutato – osserva – il fatto che ad un dato momento quel peso del debito potesse diventare un macigno che ostruisse la nostra strada verso la partecipazione piena allo sviluppo europeo». Quindi il presidente della Repubblica chiede di girare pagina. «Ci saranno da rivedere molte cose, da rivedere molti comportamenti, rivedere anche molte scelte del passato». Rispetto ai decenni precedenti oggi «il mondo è un’altra cosa, il mondo è radicalmente cambiato, e in un certo senso va tutto rimesso in discussione». Intervento preoccupato ma anche con l’invito, e la speranza, a superare una fase così difficile. «Certe volte mi chiedo cosa sia cambiato rispetto al 2 giugno, quando abbiamo registrato un’adesione unitaria al di là  di ogni aspettativa ai sentimenti unitari dei 150 anni. Non può essere cambiato tutto, da giugno a settembre, soltanto perchè c’è stato – diciamo pure – un certo impazzimento dei mercati. Rimane il messaggio, l’impulso dei 150 anni». Ecco perchè Napolitano invita a «non prendere abbagli», non cadere nelle psicosi, o «addirittura nello sbandamento». Si tratta di questioni molto delicate, «ed è anche vero che non le risolviamo dicendo: ci sono gli speculatori». La radiografia del capo dello Stato è la seguente: nei mercati in questo momento, tra gli investitori «c’è una crisi di fiducia nel sistema Italia, ma più che nel sistema Italia nella situazione di sostenibilità  finanziaria per effetto di quel debito pubblico accumulato nei decenni e che ci portiamo dietro». Però, ce la possiamo fare, possiamo riguadagnare credito sui mercati finanziari: abbiamo energie, capitale umano, dinamismo imprenditoriale. A patto, s’intende, di rivedere a fondo le scelte del passato.


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