Redditi on line, dubbi dei sindaci

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ROMA — Il coro di sì, che si era alzato a caldo, si va smorzando. La pubblicazione dei redditi on line appare una strada piena di insidie ai sindaci italiani, che si preparano a imboccarla con cautela. E se avesse ragione il Garante della privacy, Francesco Pizzetti? Se lanciare in rete i dati su ricchezze (e povertà ) individuali generasse una «società  della paura», fondata sulla delazione e sulla diffidenza tra Stato e contribuente? Questi e altri interrogativi assillano i primi cittadini, combattuti tra la promessa di compensare i tagli agli enti locali grazie ai nuovi poteri e i possibili contraccolpi sociali.
Giuliano Pisapia ha festeggiato la decisione di lasciare alle amministrazioni l’intero ricavato della battaglia dei Comuni contro l’evasione, eppure il sindaco di Milano è prudente. Riconosce che pubblicare i redditi sul web possa essere «una misura forse utile», però, al tempo stesso, la ritiene «in parte demagogica». Che farà , dunque, Milano? Il sindaco ritiene di avere in mano «tutti gli strumenti» senza bisogno di ricorrere alla pubblicità  dei 730 e 740. Il piano è pronto. Una direzione centrale lavorerà  per incrociare i dati di Comune, Catasto e Agenzia delle Entrate. Per verificare la corrispondenza tra tasse pagate e tenore di vita gli agenti antievasione spulceranno le carte relative a immobili, ristrutturazioni, consumi e pagamenti delle imposte come Ici, Tarsu, Tosap. A coordinare la task force milanese sarà  il direttore generale del Comune, Davide Corritore. Il quale già  medita di siglare una convenzione con il Pubblico registro automobilistico (Pra) per individuare auto di grossa cilindrata, e di chiedere aiuto ai sindaci delle località  più amate dai milanesi, come la Costa Smeralda o la Versilia, per scovare seconde case fantasma.
A Roma il sindaco Gianni Alemanno è «senz’altro favorevole» alla pubblicazione dei redditi, plaude all’intenzione di lasciare ai Comuni l’intero gruzzolo recuperato e sprona il governo a trovare meccanismi ancora più incisivi: «Bisognerebbe introdurre meccanismi premiali per chi denuncia la mancanza di rispetto delle regole fiscali». A Torino, invece, Piero Fassino si mostra scettico: «Per ora mi pare sia solo un annuncio. Con quali modalità  sarà  realizzato questo adempimento? Quali saranno le effettive competenze affidate ai Comuni?». Il sindaco di Torino pensa che coinvolgere i municipi contro l’evasione sia «giusto e necessario» ma chiede allo Stato «strumenti, supporti e collaborazione per poterlo fare in modo efficace». A Bari, Michele Emiliano è combattuto. I suoi averi sono pubblici, ma mettere on line i redditi di tutti i cittadini «sarebbe una violazione della privacy rilevante e anche rischiosa». Certo, riconosce Emiliano, una simile rivoluzione «potrebbe cambiare la coscienza fiscale dei cittadini».
Per il sindaco di Modena, Giorgio Pighi, è solo «sabbia negli occhi della gente», la trovata di Tremonti «non porterà  un solo euro» nelle casse degli enti locali: perché devono essere i municipi e non il ministero delle Finanze a mettere in rete i tesoretti degli italiani? Anche Bologna sbatte la porta. Virginio Merola è contrario a «pubbliche e demagogiche gogne» e giura che sul sito del suo municipio non comparirà  «nulla». Matteo Renzi a Firenze è invece pronto a «dare una mano», ma senza farne una guerra di religione: «I Comuni possono fare un buon lavoro incrociando le utenze di gas, acqua e rifiuti con le dichiarazioni dei redditi». Quanto però alla pubblicazione, il sindaco democratico non si sbilancia: «Aspettiamo di leggere le norme, quando saranno definite ci attrezzeremo». Firenze resta a guardare? «Da due anni abbiamo un osservatorio ad hoc, guidato dalla comandante della polizia municipale. Ma c’è tanta demagogia in giro, aspettiamo le carte…».
In Finlandia si fa e per consultare le dichiarazioni in rete serve una password. In Norvegia i redditi vengono pubblicati per un tempo limitato. Altrove, niente. «Non esiste in nessun altro Paese del mondo», insiste il garante Pizzetti. Eppure, a Napoli, Luigi de Magistris sta soppesando i pro e i contro, sul piano economico e su quello giuridico. Da una parte, ragiona il sindaco ex magistrato, c’è il diritto alla privacy, dall’altra c’è il sacrosanto impegno per stanare gli evasori. Ed è questo secondo elemento a fare premio: «Un sindaco che non volesse pubblicare i redditi potrebbe ricorrere alla Corte costituzionale, ma io non lo farò». E questa, per i napoletani che sperassero di farla franca, è una cattiva notizia. Intanto il primo cittadino si sta concentrando sulle contravvenzioni stradali. Guerra ai furbi, senza «caccia alle streghe». Incentivi per chi paga le multe e sanzioni aggiuntive per chi non le paga. Sei virtuoso? Avrai accesso a tutti i servizi. Sei recidivo? Perderai i tuoi diritti di bravo cittadino. E anche Napoli avrà  la sua task force, 25 tra finanzieri e funzionari delle Entrate.
«Chi fa il furbo è nemico di tutti noi e bisogna impedirglielo», condivide i presupposti Marta Vincenzi, Pd. Da tre anni il sindaco di Genova ha siglato un accordo con l’Agenzia delle Entrate e nel 2010 ha avviato 700 pratiche per sospetta evasione. Eppure è scettica, a dir poco: «Non esiste la possibilità  che i Comuni riescano a compensare i tagli. È un inganno». E le dichiarazioni on line? «Gli italiani devono capire che è finito un mondo e se ci chiederanno di farlo non mi sottrarrò, ma la ritengo una bufala». Città  che vai, dubbi che trovi. A Verona, sindaco leghista, l’evasione si combatte anche incrociando i dati dell’anagrafe con i consumi. «Domandiamo alla Finanza di fare verifiche su quelle famiglie che chiedono bonus, benefici o esenzioni — racconta Flavio Tosi —. Per chi prova a fregare l’ente pubblico scatta la denuncia penale». Eppure il sindaco non crede che in una città  di 270 mila abitanti sia possibile mettere on line più di centomila cartelle: «È un mare di numeri, come si fa a consultarli? È demagogico sperare che qualcuno entri nella banca dati e faccia una segnalazione. È un sistema empirico». La sua ricetta? «Consentire di dedurre scontrini e ricevute come negli Usa, creando un conflitto di interessi». A Cagliari il giovane Massimo Zedda (Sel) è preoccupato per l’impatto sulla memoria collettiva di una Regione che ha vissuto il dramma dei sequestri di persona. E il sindaco di Olbia Gianni Giovannelli, si dice pronto alle barricate: «Non mi prendo la responsabilità  di dire a tutti chi è ricco e chi è povero. È una boutade pericolosa».


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