Suore stuprate e articolo 18, bufera su Sacconi

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ROMA – Maurizio Sacconi nella bufera per una barzelletta che voleva rendere ancor più evidente l’isolamento della Cgil sull’articolo 8 della manovra, quello che dovrebbe rendere più facili i licenziamenti. «È un esempio un po’ blasfemo – aveva detto il ministro del Lavoro – per rispondere alla Cgil rispetto agli scenari apocalittici che ha fatto. Vale quanto disse una suora in un convento del ‘600 dove entrarono dei briganti che violentarono tutte le suore tranne lei. Il Sant’Uffizio le chiese: “Come mai non è stata violentata?”. Lei rispose: “Perché ho detto di no».
Ironia e paragone che ha scatenato la reazione dell’opposizione e del mondo femminile. «Sgomenta l’idea che a un ministro della Repubblica venga in mente di usare lo stupro come esempio per distinguere rispetto alle opinioni che hanno i sindacati sulla manovra», dice Susanna Camusso. La leader della Cgil, continua: «Mi pare che si torni a logiche che pensavamo superate e cioè che sono i comportamenti delle donne che determinano se c’è lo stupro o meno: è la peggiore delle visioni maschilistiche. Sacconi è il peggior ministro del Welfare nella storia che abbiamo mai avuto».
Altrettanto duro il commento di Rosi Bindi. «Vergogna! – dice il presidente del Pd – L’ostilità  del ministro Sacconi verso la Cgil è talmente forte da fargli superare ogni decenza. Non ci sono scuse che possa offrire per la gravità  e la volgarità  delle sue parole. Un esempio intollerabile di misoginia. E’ ricorso a una logora barzelletta che si usa per negare la violenza sulle donne perché sarebbero sempre consenzienti».
Quasi scontato anche il paragone con le barzellette di Silvio Berlusconi. «La barzelletta raccontata da Sacconi non merita commento, solo sdegno. – commenta Fabio Evangelisti, presidente vicario dei deputati dell’Idv – Ormai non c’è più limite alle uscite infelici dei ministri di questo governo, evidentemente Berlusconi ha fatto scuola. Il ministro si dovrebbe scusare ma se non intende farlo non fa niente: presto lui e i suoi colleghi saranno solo un brutto ricordo per tutti gli italiani».
Le scuse vengono chieste da tutti. Ma Sacconi non ci pensa nemmeno. E dopo una giornata di attacchi, a tarda sera il ministro replica. Difendendo la sua barzelletta e accusando i critici di mancanza di umorismo. «Sfortunato quel paese nel quale dovessero prevalere il rifiuto di ogni dimensione ironica e la perdita della capacità  di sorridere anche di fronte ai paradossi più politicamente scorretti», dice il ministro. «E’ ovvio – continua – che non intendevo offendere nessuno ripetendo la storiella che Guido Carli mi raccontò per sdrammatizzare un momento critico. Ma offende ancor più la disonestà  intellettuale di quanti, ancora una volta, usano ogni pretesto per criminalizzare chi tocca l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, perfino in relazione ad un semplice atto di fiducia nei confronti della contrattazione collettiva».


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