Tarantini, il Riesame su carcere e competenza

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Imputato a Milano, dove questa mattina riprende il processo Mediaset. Parte offesa a Napoli, dove oggi il Tribunale del Riesame decide sull’estorsione contestata a Giampaolo Tarantini e Valter Lavitola. E presto forse anche indagato, a Napoli oppure a Roma, con l’accusa di aver indotto Gianpi a mentire o addirittura anche di corruzione. Per Silvio Berlusconi inizia una settimana decisiva sul versante giudiziario. Mentre non si sa ancora se il premier sarà  presente all’udienza milanese, si attende il provvedimento dei giudici napoletani sul ricorso degli avvocati di Lavitola e Tarantini contro l’ordinanza emessa per il presunto ricatto ai danni del capo del governo. Gianpi è in cella, la moglie agli arresti domiciliari, Lavitola latitante all’estero da dove si dice pronto a replicare, ma solo dopo il Riesame, alle notizie, bollate come «strumentali e banali», sulla sua presenza a bordo di un volo di Stato accanto a Berlusconi. Il Riesame si pronuncerà  anche sulla competenza territoriale, attribuita a Roma dal gip ma rivendicata dalla Procura di Napoli, e sulla possibilità , prospettata in udienza dai pm Francesco Curcio, Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock, di qualificare i pagamenti di Berlusconi a Tarantini attraverso Lavitola non solo come estorsione ma anche come induzione a mentire. Ricostruzione che determinerebbe l’iscrizione di Berlusconi nel registro degli indagati.
In un intreccio di inchieste, tra Napoli, Roma, Bari e Lecce, che si arrovellano tutte sui rapporti tra Berlusconi e Tarantini, un fatto appare certo anche dopo il verdetto del Tribunale del Riesame: Roma, la Procura ultima arrivata a svelare telefonate e affari tra il Cavaliere e Gianpi, resta oramai titolare del fascicolo che, per ora, vede Tarantini accusato di estorsione. Trasmessi dal gip di Napoli, quegli atti sono e restano a Roma. Qui, anche nel fine settimana, li ha studiati il procuratore aggiunto Pietro Saviotti, magistrato esperto di terrorismo e con la schiena diritta. Nel suo ufficio si deciderà  se l’inchiesta deve «cambiare faccia», se il reato di estorsione deve mutare o coesistere con quello di induzione alla falsa testimonianza. Visto da Roma, appare irrealistico che sia Napoli ad aprire una seconda inchiesta in cui contestare a Berlusconi di aver pagato Tarantini per dichiarare il falso prima a Bari e poi a Napoli. Falso che consisterebbe nell’aver taciuto che il premier non solo sapeva che le ragazze portate a palazzo Grazioli erano escort, ma che aveva anche contribuito a pagarle. E qui, a Roma come a Napoli, che indaga anche sui rapporti fra Lavitola e il premier in riferimento agli affari con Finmeccanica, corre il dubbio se Berlusconi non dovesse già  essere incriminato a Bari per concorso nel favoreggiamento della prostituzione. Così come avrebbe potuto finire indagato per corruzione per via dello scambio tra ragazze e appalti. Le anomalie dell’inchiesta barese toccano invece a Lecce, dove i pm indagano sul comportamento del procuratore Laudati.


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