Anche il Vaticano scarica il Cavaliere Bertone si piega alla linea Bagnasco

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ROMA – A Berlusconi stavolta hanno “venduto” una patacca. La sicurezza con cui ieri il premier ha smentito che il convegno dei movimenti cattolici a Todi avesse come obiettivo la «spallata» al governo è infatti basata su un’informazione errata, circolata ai piani alti del Pdl alla vigilia del temuto conclave cattolico in Umbria. «Presidente – gli hanno spiegato gli uomini che tengono i contatti con Oltretevere – possiamo stare tranquilli. Il cardinal Bertone è intervenuto su Bagnasco, dal presidente della Cei non verrà  alcun attacco al governo».
In effetti se è vero che il discorso di Bagnasco si è limitato a rinfrescare la dottrina Ruini sui valori “non negoziabili” – dando così modo a Berlusconi di definirlo «splendido» e al Foglio di fare l’elogio di un «pensiero antropologico ribadito con i chiodi della Croce» – chi ha accesso ai corridoi del Vaticano racconta un’altra storia, molto diversa e ben poco rassicurante per il futuro politico del Cavaliere. Intorno alla metà  di settembre, quando l’organizzazione di Todi marciava spedita e da Bagnasco era già  arrivata la dura condanna a Berlusconi, nel Palazzo apostolico si sarebbe infatti tenuto un decisivo incontro a tre. Non una riunione come le altre, ma un vertice tra il Papa e i suoi due principali collaboratori – il segretario di Stato e il presidente della Cei – dedicato appunto al «caso italiano». Un incontro definitivo, che avrebbe messo fine una volta per tutte al dualismo tra un Bertone filogovernativo e un Bagnasco deciso invece a esplorare nuove forme di impegno dei cattolici in politica. Dal poco che filtra, il risultato del miniconclave sarebbe stato poco lusinghiero per il premier. Certo, il pontefice avrebbe invitato i suoi cardinali a non schierare la Chiesa nella contesa, senza tuttavia risparmiare un giudizio liquidatorio sul Cavaliere. Di fronte poi al presidente dei vescovi che rivendicava con insistenza la sua competenza sulla politica italiana, Benedetto XVI avrebbe infine accettato di affidare proprio a Bagnasco questa esclusiva. Da qui la fine del dualismo al vertice della Chiesa, e la fine anche delle illusioni del premier.
Non a caso ieri l’Avvenire, la voce ufficiale della Cei, titolava su Todi: «Serve un governo nuovo». Un titolo forte, come la scelta di pubblicare, di fianco all’articolo di cronaca, il discorso integrale di Bagnasco, proprio come si fa con le prolusioni ufficiali. Insomma, il messaggio inequivocabile era che su Todi ci fosse il timbro di Santa Romana Chiesa. «Con il Vaticano – osserva Lorenza Cesa, segretario dell’Udc – a volte contano i gesti più delle parole. E la presenza fisica di Bagnasco a Todi, al di là  delle parole del suo intervento, stava a significare una cosa sola: andate avanti con il progetto». Un progetto, spiegano i cattolici del Pdl a cui è stato illustrato in via riservata, che non prevede affatto la nascita di un nuovo partito identitario con la croce. L’idea invece è quella di fare perno sul Pdl per allargare l’area dei moderati anche al terzo polo e ai cattolici del Pd. Ma per raggiungere questo risultato è imprescindibile che Berlusconi si faccia da parte, consentendo ai cugini ex Dc di ritrovarsi sotto lo stesso tetto. Dentro il Pdl questi scenari vengono discussi ormai in circoli sempre più larghi. E i più aperti al vento nuovo di Todi sono i ciellini come Roberto Formigoni e Mario Mauro o l’area che fa riferimento a Claudio Scajola, per non parlare di Beppe Pisanu. Anche se, nel lungo tramonto del Cavaliere, sono in molti nel Pdl a sottoscrivere la domanda che si è posto pubblicamente proprio Mauro in un articolo su “ilsussidiario.net”: «Dobbiamo morire berlusconiani?».
Il Cavaliere, preso dalla tenuta del governo, finora è parso dare credito alle parole rassicuranti di chi gli continua a garantire la benevola «sponda» di Bertone. E avrebbe già  chiesto ai suoi ambasciatori di intervenire affinché la Segreteria di Stato si attivi per evitare una manifestazione in piazza, stile Family Day, dei cattolici di Todi. «Ma l’unica speranza del premier – riflette Sabino Pezzotta – a questo punto risiede nella maledizione che spesso colpisce i cattolici in politica: sono peggio della sinistra, in 2 sono capaci di avere 3 idee diverse»


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