Bossi: elezioni? Prima le riforme La maggioranza non va allargata

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VARESE — Sempre più difficile. Sempre più in salita. Umberto Bossi tenta di spegnere i fuochi che si accendono nel Carroccio così come nella coalizione. E se ieri l’elezione del segretario varesino gli è riuscita ancora una volta, il capo leghista ha dovuto prendere atto che, fermo restando l’affetto dei militanti, fermo restando il pluridecennale rapporto con Roberto Maroni, qualcosa nel movimento va scricchiolando: ieri sera, dopo il congresso, fuori dall’hotel che l’ha ospitato è apparso uno striscione: «Canton segretario. Ma di chi?». Non si tratta soltanto di un problema interno al partito, e Bossi lo bene: se a Varese non c’è da ridere, sarà  meglio non dover piangere a Roma. Perché di fatto, ogni giorno che passa i passaggi parlamentari si faranno più difficili.

E allora, meglio blindare le questioni principali. In primo luogo, nessun allargamento della maggioranza. Con i cronisti che lo interrogano sull’argomento Bossi ostenta sicurezza: «Spero di no, nessun allargamento. Per adesso i numeri li abbiamo». E per quanto riguarda le elezioni, arriveranno. Ma non troppo in fretta: «Prima bisogna fare la legge elettorale, poi dobbiamo fare la riduzione del numero dei parlamentari, per la quale abbiamo già  presentato la legge in Consiglio dei ministri». Dal punto di vista di Bossi, l’aspetto più importante della nuova legge sembra essere il ritorno della preferenza: «Il vero problema è che la gente oggi vuole scegliere il candidato, quindi non sceglie più il partito ma le persone: questo è quello che emerge nel campo politico». Comunque, seppure la Lega «tratterà  con tutti», la legge sarà  più o meno come la vuole il Pdl: «Come la vogliono gli alleati, perché per approvare la legge devi avere i numeri altrimenti non passa».

Quindi, il leader leghista entra su uno dei temi più delicati dello scenario politico. I rapporti tra lui, Giulio Tremonti e Silvio Berlusconi. L’ultima decisione del premier a Bossi e a una parte del Carroccio non è piaciuta. Che il decreto Sviluppo possa essere seguito dal ministro allo Sviluppo Paolo Romani non soltanto taglia (in parte) fuori il super ministro all’Economia, ma anche il suo più stretto collaboratore in Lega: Roberto Calderoli. Per i padani, di fatto, la gestazione di quello che vuole essere il più strategico dei provvedimenti governativi, si allontana. Ma non è certo su questo che il Carroccio romperà  con il Pdl. Un’unica annotazione: «Non ho capito perché il condono, forse vogliono i soldi per fare nuove leggi ma non ne so di più». Dell’atteggiamento della Lega Bossi ha parlato con franchezza anche con Giulio Tremonti. Per dirgli che sull’argomento non salirà  sulle barricate. Giusto sabato sera, i due ministri erano insieme nel pavese, dove Tremonti ha casa. La coppia governativa è arrivata qualche decina di minuti prima della mezzanotte nell’osservatorio astronomico di Cà  del Monte per assistere al passaggio della cometa Garradd, invisibile ad occhio nudo. E chi era con loro li ha sentiti discutere del fatto se fosse possibile esprimere desideri anche con le comete o soltanto con le stelle cadenti.

Ieri, Umberto Bossi ha sintetizzato la questione Tremonti- Berlusconi così: «Io sono amico di Tremonti, ma ho fatto l’accordo con Berlusconi che mi ha dato i voti per fare il federalismo». E a chi gli chiedeva se riuscirà  a far fare la pace tra il premier e il ministro, il capo padano ha detto di sperare di sì. Anche se, una volta di più, le tensioni sarebbero più che altro «un casino che fanno i giornalisti, che creano confusione e danno illusioni sbagliate. Credo che delle vie si possano trovare». Insomma Bossi dice di trovarsi «a metà » tra Tremonti e Berlusconi. E se nel partito qualcuno avesse in uggia il rapporto con il capo del governo e il Pdl, Bossi torna a ricordarlo: «Il partito farà  anche dei conti, ma se Berlusconi non mi dava i voti per il federalismo, il federalismo non passava». Bossi ha anche irriso le velleità  di un governo senza Silvio Berlusconi: «Può essere tutto, ma senza Berlusconi dove vanno? Chi li piglia i voti, Scajola?».


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