Maxi tagli ad Atene, aiuti più vicini In Grecia

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BRUXELLES — Arrivano i soldi dall’Europa, e si allargano i buchi del bilancio: c’è una schiarita, ma anche un nuovo lampeggiare allarmante, nel cielo della crisi greca. Da un lato il governo di Atene ha raggiunto l’accordo, per il licenziamento di 30 mila dipendenti pubblici, con la troika, la commissione mista formata da esperti della Commissione Europea, del Fondo monetario internazionale e della Banca centrale europea. Poco meno che una rivoluzione: il posto di lavoro di quei 30 mila è o era garantito a vita dalla Costituzione, e loro sono un quinto di tutti gli occupati greci; ma la loro pensione anticipata, o il loro licenziamento, erano le condizioni obbligate per lo sblocco dell’ultimo prestito internazionale, 8 miliardi di euro, spasmodicamente atteso perché a fine ottobre le casse di Atene saranno completamente a secco. Nonostante le piazze in fermento, l’accordo dovrebbe essere approvato dal Parlamento. Ma dopo la schiarita, ecco già  il nuovo allarme: lo stesso ministro delle Finanze ha ammesso che le previsioni fatte finora sull’andamento del prodotto interno lordo nel 2011-2012 sono troppo ottimistiche rispetto alle prospettive reali; e adesso ci si attende quest’anno un calo del 5,5 per cento, peggio di quanto era stato promesso ai creditori internazionali. Gli obiettivi concordati con Ue e Fmi non saranno perciò raggiunti: prima — solo un mese fa — si prevedeva per il 2011 un deficit del 7,6%, ora si sfonda fino all’8,5%.

Tutte queste notizie piovono sui palazzi Ue all’inizio di settimane forse cruciali per la crisi dell’intera Europa. Sono due o tre settimane in cui tutto sembra accelerare, e in cui potrebbe decidersi molto. Dai ripetuti faccia a faccia Sarkozy-Merkel previsti già  in settimana, e più oltre fino al vertice del G20 fissato per novembre a Cannes, è un solo percorso a ostacoli. Con varie possibili deviazioni, e anche burroni: come le scelte incombenti per l’Fesf, il Fondo salva Stati, che a parole tutti — o quasi — vogliono potenziare, e che nei fatti resta però come uno strumento musicale poco usato, bello ma polveroso nella sua custodia.

Si comincia dunque oggi e domani, con le riunioni dei ministri finanziari Eurogruppo/Ecofin al Lussemburgo, da cui non sono attese decisioni epocali ma che comunque riapriranno e discuteranno il tormentato dossier Atene. Si continua giovedì a Berlino con il prevertice organizzato da Angela Merkel in preparazione del G20 di novembre (presenti anche Catherine Lagarde per l’Fmi, e Robert Zoellick per la Banca mondiale), e con l’ultima riunione della Banca centrale europea presieduta da Jean-Claude Trichet. Il 13 ottobre, è in agenda un Eurogruppo straordinario sulla Grecia. Poi, il 18-19, il vertice a Bruxelles dei capi di Stato e di governo europei: il primo, dopo quello che il 21 luglio — più di due mesi fa — avrebbe dovuto risolvere tutto. Per il 19 ottobre, tutti i Parlamenti nazionali dovrebbero aver dato ormai il loro via libera al rafforzamento del Fondo salva Stati, cioè all’aumento delle sue risorse o della sua flessibilità  operativa: e dunque non resterebbe che procedere — nei fatti — al secondo salvataggio della Grecia. Ma non è detto, neppure questa volta, che le tabelle di marcia siano tutte rispettate. Intanto, la crisi è sempre qui. E nella lontana New York, c’è gente che marcia su Wall Street.


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