Sull’ordine pubblico è lite Il Pdl critico con Draghi

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ROMA — Il giorno dopo, lo scontro dalla piazza si trasferisce nel Palazzo. Non così violento, non così devastante. Ma comunque duro, di forte contrapposizione. Perché mentre ancora si contano i danni in una Roma ferita e attonita, tra maggioranza e opposizione partono le accuse reciproche e si rimpallano le colpe.

«Il governo doveva fare di più per fermare i violenti, ha stranamente permesso che i black bloc prendessero la piazza, e con la sua politica ha acceso gli animi», è la sostanza del j’accuse di Bersani, Di Pietro, dei finiani. Replicano a brutto muso dal Pdl: «È l’opposizione che ha alzato i toni in maniera sconsiderata, incendiando il clima politico, e addirittura con Di Pietro evocando il morto».

Ma anche nella stessa maggioranza la guerriglia di San Giovanni riapre vecchi fronti: Mantovano e Crosetto, in vista dell’audizione del ministro dell’Interno domani in Senato, chiedono a Tremonti di rivedere la politica dei tagli che rischia di penalizzare il comparto sicurezza. E Cicchitto alza l’obiettivo fino a prendersela direttamente con «banchieri e imprenditori manager pronti a scendere in politica» che avrebbero soffiato sul fuoco per spostare «sulla classe politica» le responsabilità  di un capitalismo «con conseguenze sociali assai gravi».

In questo clima di botta e risposta e di pericolosa divisione, resta ufficialmente in disparte Silvio Berlusconi. La consapevolezza che, comunque vada, gli scontri di piazza non favoriscono mai il governo, obbliga il premier alla prudenza, tanto che il suo portavoce Paolo Bonaiuti predica calma: «È interesse generale di tutti svelenire il clima, lo scontro non giova prima di tutto ai cittadini».

Ma le accuse mosse da Bersani al governo per la gestione della manifestazione, il dito puntato contro «gli speculatori finanziari e i provocatori visti in azione ieri» che impongono come risposta che «l’Italia riprenda in mano il suo destino e la sua dignità  per evitare di finire come la Grecia», per non parlare di Di Pietro che ipotizza una «scelta precisa di fare in modo che la manifestazione degenerasse per conquistare un argomento di facile propaganda politica», hanno fatto arrabbiare il Cavaliere.

Lo confermano le parole dei suoi fedelissimi. Non è solo il ministro Ignazio La Russa ad alzare il tiro («Ieri si è cercato il morto»), o Maurizio Gasparri ad evocare «la galera per gli estremisti di sinistra», o Gaetano Quagliariello a paventare un ritorno al passato. «Sembra che il tempo si sia fermato. Soprattutto per i cattivi maestri». Ma anche Fabrizio Cicchitto attacca e contrattacca.

L’affondo più inaspettato è, tra le righe, a Mario Draghi, Corrado Passera e Luca Cordero di Montezemolo, che prima della manifestazione avevano speso parole di comprensione per i giovani che contestavano: «Vediamo che alcuni banchieri e un industriale manager ieri si sono affrettati a solidarizzare con gli indignati, non sappiamo se per complesso di colpa o se per indirizzare solo sulla cosiddetta classe politica le responsabilità  della crisi in corso».

Ma Cicchitto se la prende anche con l’opposizione: «Visto che si permettono di attaccare il governo, ricordiamo loro chi ha alzato il livello dello scontro ricorrendo a un assurdo Aventino. E facciamo notare che non è vero che nella manifestazione c’erano solo moltitudini di pacifisti e pochi delinquenti: c’erano persone che volevano solo manifestare, c’erano 2-3 mila guerriglieri e c’erano molti loro simpatizzanti. E male hanno fatto gli organizzatori a permettere che una trentina di centri sociali notoriamente violenti partecipassero al corteo».

Insomma, le tensioni si acuiscono, e tracimano nello scontro politico quotidiano. Minacciando di proseguire nei prossimi giorni su un terreno molto pericoloso. Resta quindi quasi inascoltato il monito del ministro dell’Interno Roberto Maroni: «Di fronte a tanta violenza il Paese non può dividersi. I fatti di ieri sono di inaudita gravità , vanno condannati senza esitazione».


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