Di Pietro si sfila, la base lo contesta Bersani: fase critica e lui va per funghi
ROMA – «Capisci a me, noi non ci fidiamo». Antonio Di Pietro in un video sul web spiega a militati e elettori dell’Idv la linea anti-Monti. Stima e rispetto per l’economista non c’entrano, dice, «è che noi siamo come San Tommaso, vogliamo vedere programma e squadra, e casomai valuteremo legge per legge: non daremo una fiducia al buio». Boccia le larghe intese, l’ex pm, e online piovono proteste che vanno dal più gentile “ripensaci!!!” fino a sfiorare l’insulto: “Non ti è bastato l’errore di scegliere Scilipoti”; “Allora è vero che sei solo un populista e io che ti avevo votato!».
Ma lui non si scompone. La sinistra di Vendola è possibilista? Di Pietro rincara: «Accanto a un berlusconiano non mi ci potrei sedere mai…». E prima della riunione del gruppo parlamentare a Montecitorio, fa fotocopiare e distribuire la “Velina rossa”, foglio quotidiano di Pasquale Laurito, che rompe con il Pd e definisce «un’ammucchiata» il governo di unità nazionale. Nella stessa Idv c’è alla fine una divisione tra “falchi” e “colombe”. Pancho Pardi scrive una lettera a Tonino e agli altri colleghi dipietristi denunciando «l’Aventino sterile e improduttivo» in cui si stanno cacciando. Il risultato? «Attirarci la facile accusa di operare solo per lucrare voti o per interesse di bottega». Idv si aggiorna a una prossima riunione per valutare la squadra di Monti quando ci sarà .
Non teme Di Pietro di restare solo? La scelta di rompere sull’esecutivo di unità nazionale con il Pd cancella di fatto la cosiddetta “foto di Vasto” (l’alleanza Bersani, Di Pietro, Vendola) e il progetto del Nuovo Ulivo. Il segretario democratico proprio di questo avverte Di Pietro: «Non è che uno può andare per funghi durante il governo tecnico e poi tornare per la campagna elettorale». Un buon altolà per Sergio Chiamparino, che la “foto di Vasto” non ha mai amato. «Quindi bene un governo di larghe intese – osserva l’ex sindaco di Torino – che dovrebbe attingere alle riserve della Repubblica». Bersani, Casini e Fini insistono: «Prima di tutto il paese». La scelta dell’unità nazionale è indispensabile in un momento tanto grave per il paese. Il pressing di Casini è: «Siamo a un passo dal baratro, ci dobbiamo fermare e far prevalere l’unione, solo dopo torneremo a dividerci». E annuncia che di un governo Monti sarà il primo sostenitore ma non è disponibile «a ruoli o impegni di governo». Aggiunge che «l’esecutivo guidato da un tecnico non è una sconfitta ma l’ultima possibilità per la politica». Il leader centrista attacca Prodi. Per l’ex premier «Monti farà bene, ho piena fiducia ma un governo tecnico è un po’ una sconfitta per la politica». E Casini: «La sconfitta della politica è stata segnata dal fallimento di governi, come il suo, che non hanno saputo risolvere i problemi del paese».
Due questioni tuttavia agitano il centrosinistra a proposito di un governo Monti: la durata dell’esecutivo e la discontinuità . Nel Pd ci sono riunioni dei leader. La “sintesi”, come ama dire Bersani, è di insistere sulla discontinuità e sulla autorevolezza e competenza della squadra che spetta a Monti decidere. Un “modello Dini” 1995, quando furono chiamati nell’esecutivo Susanna Agnelli agli Esteri, Treu al Lavoro, Augusto Fantozzi alle Finanze. «È il momento di anteporre l’interesse generale», rincara Fini. Sui tempi. Il Terzo Polo prevede debba durare fino al 2013 e cambiare anche la legge elettorale. Ieri Parisi, il promotore del referendum anti Porcellum che ha raccolto un milione e mezzo di firme, incontra Mario Segni. Infine. Di Pietro chiede scusa alla comunità gay. In un dibattito aveva fatto una battuta omofoba: un governo di larghe intese è «un matrimonio tra uomini». Scuse accolte dalla pd Paola Concia esponente della comunità Lgbt.
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