La mossa: «sostegno diretto» dei leader

Loading

ROMA — Prima di tutto: «ascoltare, prendere appunti, dialogare». Non dare, cioè, l’impressione del salvatore della Patria calato giù dall’alto, quasi fosse un marziano rispetto alla politica. E poi, economia sì, al primo posto, ma accompagnata da equità  sociale e riforme, alcune subito, come il taglio ai costi della politica con la riduzione dei parlamentari, per dare «un segnale di vero cambiamento» rispetto al passato. È ciò che Mario Monti sta cercando di dimostrare da ieri nelle sue prime consultazioni con i partiti. E che ripete a tutti i suoi interlocutori. Uno sforzo che è stato facilitato dalla scelta di Giorgio Napolitano di farlo senatore a vita. Perché, a chi continua a guardarlo, nel bene o nel male, come una personalità  estranea al Palazzo, lui ormai può opporre l’immagine istituzionale di consultazioni che si svolgono nel Palazzo, per giunta a Palazzo Giustiniani, che è l’edificio «nobile» del Senato. Da quando domenica sera ha ricevuto l’incarico, l’ex commissario europeo non è quindi un semplice tecnico e non vuole più apparire come tale, ma un politico che vuole fare politica. Certo, all’inizio di un percorso, ma non per questo in lotta con quelle forze politiche che dovranno comunque votargli la fiducia.
Fa capire con chiarezza questa sua volontà , che del resto è una necessità : «Io, di fronte ai politici, ho voluto dimostrare apertura. Non mi sono chiuso di fronte alle loro richieste. Le ho prese in considerazione». A due diversi livelli. A tutte le delegazioni ricevute nella stanza accanto alla Sala Zuccari ha prima di tutto ripetuto la sua preferenza per un coinvolgimento diretto dei partiti, magari con i loro stessi segretari o, altrimenti, con l’indicazione di alcuni ministri presi dalle loro file. Ma, viste le difficoltà  che ci sono da parte del Pdl (soprattutto) e del Pd, ad accettare una compromissione totale con le misure, necessariamente severe, che dovrà  prendere per risanare l’economia, si accontenterebbe anche solo di un «pieno sostegno parlamentare». Cercherà  fino all’ultimo questo appoggio «diretto», quando oggi incontrerà  Pier Luigi Bersani e Angelino Alfano, ma se non ci riuscirà  andrà  avanti con una squadra di ministri tecnici, magari affiancata da viceministri e sottosegretari, almeno in parte politici.
Ma il secondo livello è il Parlamento. È questo il luogo in cui Monti vuole conquistare la fiducia dei partiti. Per questo ieri ha preso nota, con meticolosità , di tutte le proposte che gli sono state avanzate durante le consultazioni. Non solo quelle economiche perché, come ha detto in serata, il suo governo non si occuperà  solo dei sacrifici «per uscire dalla crisi», ma anche di «equità  sociale» e di «riforme». Dato che il termine temporale che vede davanti a sé, sfidando le più che probabili minacce di tenuta, è quello del termine di legislatura (primavera 2013). Non a caso ieri è stato molto attento alle proposte di modifica costituzionale che gli ha portato il presidente della commissione Affari istituzionali del Senato, Carlo Vizzini, da pochi giorni passato dal Pdl al Psi di Riccardo Nencini: il pareggio di bilancio in Costituzione, la riduzione dei parlamentari e, in una seconda fase, la riforma vera e propria del Senato.
Si tratta di leggi già  in cantiere, ma mai avviate a conclusione. È vero che richiedono quattro letture (due della Camera e due del Senato), ma se i partiti sono tutti d’accordo l’iter può essere di uno, due mesi, forse leggermente di più perché c’è di mezzo il Natale. E quando mai, se davvero partirà  il governo Monti, si verificherà  in futuro una situazione così favorevole, con un sostegno parlamentare di due terzi del Parlamento? Può darsi che poi alla fine non se ne farà  niente, ma si tratterebbe di una sconfitta. Per questo il premier incaricato si mostra attento e prende appunti: sa bene che se riuscirà  a mettere su la sua squadra non potrà  solo parlare di sacrifici, ma anche dimostrare che è la politica, per prima, a dover dare l’esempio. E via dicendo, con altre riforme, non costituzionali, come la Carta delle autonomie e, madre di tutte le battaglie, la legge elettorale. Ma per quella, lo sa, deve prendere tempo. È il puzzle più difficile da comporre. Meglio aspettare gennaio quando si pronuncerà  la Consulta. Che potrebbe anche bocciare i referendum che hanno come obiettivo il ritorno al Mattarellum. E allora ci sarebbe più tempo per ragionare.


Related Articles

L’alternativa possibile

Loading

Un’alleanza capace di sovvertire l’egemonia neoliberista è possibile. Ma fuori da ogni accordo con Pd e Udc. Le esperienze di Napoli e Palermo lo dimostrano. È necessario un messaggio forte e chiaro

Lo strappino di D’Alema

Loading

L’attacco di D’Alema: «Dirigenti arroganti e stupidi, dal malessere del Pd nascerà una nuova sinistra. La minoranza non dà battaglia»

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment