«Fascisti», nella lite La Russa-Frattini spunta la leggenda del «manifesto»

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Quando lo scontro supera il «lei non sa chi sono io» e raggiunge le vette del «adesso dico a tutti da dove vieni», più che scontro franco e aperto o di «dibattito armonioso» – ha sfottuto ieri Formigoni – vuol dire che volano stracci e ricatti. Non sull’origine passata ma sulla credibilità  politica attuale. Ne è una prova lo sfogo di Frattini, ieri, contro l’ala degli ex An favorevoli ad elezioni anticipate, nel «dibattito» interno al Pdl sulla possibilità  di sostegno al governo tecnico di Mario Monti. «È bastato che crollasse tutto – ha sbottato Frattini – che questi fascisti sono tornati fuori, già  ci hanno fatto rompere con Fini e adesso provano a mandare tutto all’aria». Perché invece l’appoggio a Monti deve essere «chiaro e pieno». L’impavido dannunziano-afghano Ignazio La Russa, destinatario con gli altri ministri post-fascisti Meloni e Matteoli, delle parole del (ex?) ministro degli esteri, ha reagito perfidamente: «Frate… chi? Frate chi…? Non lo conosco. Chi è un militante del manifesto?».
Hanno fatto seguito smentite e conferme. Ma un chiarimento è d’obbligo. Purtroppo dobbiamo dare ragione a Silvio Berlusconi che, a conclusione della rissa tra i suoi ministri, ha restituito il pedigree pulito all’attuale inquilino della Farnesina. «Il ministro degli esteri Franco Frattini ha iniziato la sua carriera politica in Forza Italia dopo le dimissioni, caso unico nel recente passato, dal governo Dini che da tecnico si era trasformato in politico – ha dichiarato lapidario l’ancora per poco premier – Alcune ricostruzioni pubblicate questa mattina perciò contrastano con la verità  e con la storia di un esponente del nostro partito a me sempre leale nella politica e nel governo».
Una spiegazione lunga, circostanziata, abbastanza eccezionale, mirata a smentire l’affermazione risaputa che tutti in gioventù sono stati «comunisti». Non sia mai. Comunque, per la sua ufficialità , le parole di Berlusconi non possono non avere tenuto conto stavolta della versione dello stesso Frattini. Evidentemente assai preoccupato della propria sorte ministeriale nella nuova fase politica, per bocca di Berlusconi prende così le distanze dall’accusa – ohibò – di comunismo che gli rivolge quella bell’anima di Ignazio.
E ha ragione. Perché la «ricostruzione» di La Russa, di Wikipedia o di quant’altri che attribuisce a Frattini una militanza nel gruppo del manifesto e addirittura una sua collaborazione alla rivista e al nostro giornale, è a dir poco falsa e menzognera. Una favola politichese metropolitana che si è autoalimentata, anche fin qui per i silenzi doppiogiochisti del gommoso e sfuggente Frattini.
Chi scrive è stato negli anni Settanta tra gli esponenti e tra i responsabili del gruppo politico comunista (all’origine si chiamava Centro d’iniziativa comunista) del manifesto di Roma che nacque con i militanti radiati dal Pci già  a fine ’69, che facevano riferimento prima alla rivista e poi al quotidiano nato nell’aprile del ’71. Il gruppo politico del manifesto durò fino al 1973-1974, quando nacquero prima il Pdup-Manifesto e poi il Pdup per il comunismo. Bene, Frattini non c’era, né aveva ruolo alcuno. Certo non è da escludere che abbia partecipato alle assemblee pubbliche delle organizzazioni di quei tempi, o che abbia fatto riferimento negli anni della scuola (il Giulio Cesare, a Roma) a qualche collettivo che a noi si richiamava. Il movimento degli studenti interloquì subito con la nascita della nostra esperienza politica. Per la verità  va detto che molte figure anche di primo piano dell’allora manifesto di Roma e non solo furono coinvolte dopo gli anni Ottanta nell’esperienza del Psi di Craxi. Ma uno del manifesto alla Farnesina, pur avendoci provato da matti, non siamo mai riusciti a piazzarlo. Risulta invece una collaborazione «tecnica», da esperto e dall’esterno, sul nostro giornale di Giulio Tremonti, con alcuni articoli che intervenivano sul dibattito economico in corso a fine anni Ottanta.
Concludiamo con una salda certezza: il sanbabilino Ignazio La Russa, nonché ministro guerrafondaio della difesa, fascista era e fascista è rimasto. Concordiamo con il «compagno» Frattini.


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