«Obbedienti civili» per l’acqua pubblica

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ROMA. Centocinquanta giorni dopo, il popolo dell’acqua si ritrova ancora alla Bocca della Verità . Il 13 giugno festeggiava lo straordinario successo referendario. Oggi è di nuovo qui per non farsi scippare il voto popolare. «Quella che lanciamo da questo palco è una lettera di risposta alla Bce, ai poteri forti, alle multinazionali, alle banche, che vorrebbero privatizzare e liberalizzare servizi pubblici e beni comuni – urla dal palco Simona Santini del Coordinamento romano dell’acqua – perché non si svendono beni primari, e in quanto tali inalienabili, per far cassa». Che l’acqua non sia una merce lo hanno ben chiaro le decine di migliaia di persone che nel primo pomeriggio partono dall’Esedra. Il percorso lambisce in parte quello del 15 ottobre. Ma è una giornata di festa e non di scontri. E te ne accorgi dalle bandiere dell’acqua che sventolano da un palazzo di via Labicana dirimpetto a quella caserma dismessa del ministero della Difesa andata a fuoco 40 giorni fa. Lungo le vie dell’Esquilino e del Celio scivola il fiume di attivisti e militanti. Eterogeneo, multicolore, trasversale. Dalle parrocchie ai centri sociali, dai sindacati(Cgil, Cobas, Cub, Usb) ai partiti(Prc, Pdci, Sinistra Critica, Pcl, poche le bandiere di Verdi e Sel),dalle associazioni (Arci, Wwf, Legambiente) ai tanti senza bandiere : rappresentanti di piazza di quei 27 milioni di persone che chiedono che il voto vada rispettato. Altrimenti sarà  “obbedienza civile”, dicono all’unisono: una campagna dal basso che il Forum nazionale lancerà  dal prossimo giugno.
Oggi gli “obbedienti” sono davvero in tanti. Provenienti da ogni lembo dello Stivale. Dalla Basilicata («280 mila sì in Lucania e guai a chi li tocca») alle valli piemontesi, dall’Abruzzo alla Liguria, dalla Sicilia all’Emilia. Nutrito lo spezzone campano col gonfalone del comune di Napoli e Alberto Lucarelli, assessore ai Beni comuni, bardato di fascia tricolore. «Siamo orgogliosi che il primo caso di ripubblicizzazione dell’acqua e di gestione pubblica e partecipata dei servizi idrici sia proprio quello partenopeo» esclama Concilia Salvo del Forum campano. Il riferimento è ad ABC Napoli, istituita dall’amministrazione De Magistris il 26 ottobre scorso. Ma non son tutte rose e fiori. Perché le multinazionali non mollano l’osso così facilmente. Prendiamo un caso di scuola, quello laziale. «Acqualatina, con l’avallo del presidente della provincia pontina Cusani (Pdl), ha convocato una riunione dei sindaci che hanno deliberato un aumento del 7% delle tariffe in spregio ai referendum – ci spiega Alberto Bianchi del Comitato acqua pubblica Latina – e contro i comuni che non hanno aderito il presidente ha avuto l’ardire di presentare (invano) ricorso al Tar e poi appello al Consiglio di Stato. Se l’aumento tariffario non verrà  ritirato, e se si ostineranno a non rispettare il suffragio popolare, lanceremo un boicottaggio di massa, facendo saltare il banco non pagando le bollette».
Ma i “vampiri dell’oro blu” sono tanti. E non solo in Italia. Il Forum Palestina ricorda che «Israele sottrae l’80% dell’acqua proveniente dalle falde sotterranee della Cisgiordania ed il 100% di quella che scorre nel fiume Giordano negandone l’accesso ai palestinesi il cui 84% della popolazione non ha accesso alla quantità  minima d’acqua raccomandata dall’Oms». C’è poi Veolia, il colosso francese di acqua e rifiuti, che fa il bello e il cattivo tempo in giro per l’Italia. Come in Calabria dove è socio privato della Sorical, la società  idrica che gestisce i servizi idrici, «e dove l’aumento delle bollette ha superato il 20% – affermano Delio Di Blasi e Giuseppe Tiano del Coordinamento acqua pubblica Bruno Arcuri – con un assurdo e antieconomico spezzatino laddove l’adduzione dell’acqua spetta a Sorical, la gestione ai comuni e la depurazione viene data in appalto a ditte su cui stendiamo un velo pietoso considerato i danni che provocano all’ambiente in termini di inquinamento».
Insomma, la speculazione su acqua e beni comuni va avanti. Nonostante il responso del 13 giugno. Anzi, il governo uscente ha inserito in Finanziaria una nuova e più drastica serie di privatizzazioni, «per far pagare a tutti noi un debito odioso e illegittimo – dicono gli universitari di Atenei in rivolta – che noi non abbiamo creato, tutelando invece gli interessi degli artefici di questa crisi ossia banche e grandi imprese». Sia chiaro, dunque, che «l’acqua non è debito», gridano i manifestanti. Anzi «noi siamo in credito di trasporti, beni comuni e servizi pubblici perché li privatizzano».
Il messaggio è diretto anche a Mario Monti e ai suoi progetti di aumentare i tagli ai servizi pubblici, accelerando i processi di privatizzazioni e liberalizzazioni. «Acqua,rifiuti ed energia, i privati devono andare via” denunciano, inoltre, gli attivisti di Rifiuti Zero Lazio, perché il business sui rifiuti è florido quanto quello dell’acqua, e lanciano la manifestazione di sabato prossimo.
Costeggiando il Circo Massimo si nota poi lo spezzone dei migranti della campagna Welcome. «Siamo in piazza perché la partecipazione è un diritto di tutti» hanno pennellato sul loro striscione. E oggi a Roma c’era tanta fame di diritti ma soprattutto tanta sete di democrazia «perché i 27 milioni di sì all’acqua pubblica devono contare». Chi ha orecchie per intendere, intenda.


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