Tassa sugli immobili, tante ipotesi «povere»

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Una calcolatrice e un incubo: quanto ci costerà  la reintroduzione di una tassa sugli immobili? Non c’è giornale o sito che non esponga i suoi bravi esercizi contabili, che variano da un nonnulla a una «stangata», in base al tipo di riforma immaginata.
Meglio dirlo subito: se partiamo dalle parole di Mario Monti in aula (la tassazione nulla sulla casa è «un’anomalia tutta italiana»), tutto può essere. Aiuta fino ad un certo punto anche un’altra frase molto citata («chiederemo uno sforzo a chi fin qui ha dato poco»). Quindi – in attesa di decreti che però dovrebbero arrivare prestissimo – non possiamo far altro che esaminare le ipotesi più probabili e meno fantasiose. Mettendo da parte per ora il discorso sulla «patrimoniale», che rappresenta la trincea su cui si vorrebbe attestare il centrodestra al completo.
Reintroduzione dell’Ici e definizione dell’Imu (imposta municipale unificata)? Ridotta a ben poca cosa da Prodi nel 2007, abolita del tutto da Berlusconi nel 2008, l’Ici appare a tutti la soluzione più semplice. Ma integrale o parziale? Prima dell’abolizione rendeva 9 miliardi di euro l’anno. Se venisse ripristinato anche il sistema di detrazioni fissato da Prodi, ne sarebbe esente circa il 40% dei proprietari di casa, e il gettito stimato si aggira sui 3,5 miliardi. Il difetto principale è che questi soldi finirebbero – con le leggi attuali – nelle esauste casse dei comuni, non in quelle dell’erario.
Sull’Ici il Pdl (come detto da Alfano nel discorso ufficiale in aula) e Berlusconi non alzerebbero nemmeno un sopracciglio. Per aumentare il gettito, però, il governo potrebbe prendere in considerazione l’idea di renderla molto più «progressiva», colpendo in particolare i proprietari di più immobili. È una misura che incentiverebbe l’aumento delle abitazioni sul mercato degli affitti, contribuendo a calmerarli un po’. Non sarebbe infatti più conveniente tenere una casa vuota e sfitta, se gravata da una tassa «significativa».
L’alternativa è l’Imu, ovvero una service tax che riunifichi la Tarsu (sui rifiuti), la Tia, ecc. In fondo, si tratterebbe solo di anticipare dal 2014 (data pensata per evitare di presentarsi alle prossime elezioni con questa secondo «porcata» sulle spalle) al 2012. Anche qui tutto dipende dalle aliquote: il 2 per mille equivarrebbe a 1 miliardo. In ogni caso poca roba, già  solo per far fronte all’ipotizzata «manovra correttiva» – da varare prima di Natale – per trovare altri 20-25miliardi.
Un incremento serio del gettito potrebbe però arrivare accoppiando la reintroduzione di una qualunque «tassa sulla casa» con la revisione degli estimi catastali, ormai fermi ai valori di 15 anni fa, mentre i valori di mercato sono all’incirca triplicati. Un «adeguamento» anche limitato, il 10% in più, si tradurrebbe in 1,3-1,5 miliardi.
Messa così, in ogni caso non si rastrellano grandi cifre. La via maestra – una patrimoniale sulle «ricchezze accumulate» – darebbe tutt’altri risultati. Oltre a essere molto più «equa» socialmente. Verrebbe infatti colpito il cumulo tra proprietà  immobiliare e ricchezze mobiliari (fondi di investimento, azioni, depositi «ricchi», partecipazioni, ecc). Fa in qualche modo parte del programma letto da Monti alle Camere. Certo, Berlusconi salterebbe su come un Masaniello «fuori quota» (come proprietario è imparagonabile a chiunque altro, in Italia). Ma «ai mercati» non manca davvero l’artiglieria pesante per ridurlo alla ragione. L’hanno già  dimostrato il 9 novembre (spread a 575 punti, Mediaset -12%).


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