Cern. Ecco la prima traccia della particella di Dio

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A trovare il segnale, considerato la pista giusta ma non ancora tanto nitido da far gridare alla scoperta, sono stati due esperimenti guidati da fisici italiani. Fabiola Gianotti è a capo di Atlas, un rivelatore di 46 metri e 7 tonnellate che osserva i frammenti di materia prodotti dalle collisioni fra i protoni spinti al 99,99% della velocità  della luce in Lhc, anello sotterraneo di 27 chilometri. Compito sovrapponibile ha Cms, altra “macchina fotografica” per particelle elementari, 21 metri per 12,5 tonnellate, guidato da Guido Tonelli. I due rivelatori hanno raccolto dati segretamente l’uno dall’altro. Per essere sicuri di aver raggiunto l’Higgs, occorre infatti che i due esperimenti scattino la stessa foto segnaletica. Al lavoro ci sono 6mila fisici di oltre 100 paesi, fra cui un migliaio di italiani coordinati dall’Istituto nazionale di fisica nucleare.
«Quando Fabiola e io abbiamo aperto i computer scoprendo di avere risultati molto vicini, ci sono brillati gli occhi» racconta Tonelli. Entrambi gli esperimenti hanno osservato la possibilità  di una nuova particella a un’energia di 125 Gigaelettronvolt (Gev), uno dei livelli previsti del fisico britannico Peter Higgs nel 1964. Il suo articolo all’epoca fu rifiutato proprio dalla rivista del Cern Physics Letters e venne pubblicato negli Stati Uniti.
«Oggi abbiamo ancora un margine di incertezza. Ma l’anno prossimo avremo abbastanza dati per poter completare la ricerca dell’Higgs» spiega Gianotti. Questo margine di incertezza viene misurato con l’unità  di misura dei sigma. Per parlare di scoperta bisogna raggiungere i 5 sigma. Cms e Atlas sfiorano oggi i 3. «La definitiva conferma o la smentita dell’esistenza di questa particella arriverà  nel 2012, già  a partire dall’estate» conferma il direttore del Cern Rolf Heuer. «È come se stessimo cercando un pesce in un lago. A forza di togliere acqua per prosciugarlo, è spuntata una pinna. Se sia un pescecane o un pesce rosso però potremo dirlo fra qualche mese» spiega il direttore della ricerca del Cern Sergio Bertolucci. L’agenzia di scommesse britannica Paddy Power intanto da gennaio ha abbassato le quote sulla soperta da 12 a 1 a 3 a 1.
Per i teorici impegnati a decifrare i dati, un Higgs da 125 Gev pone più domande di quante ne soddisfi. «Per stare in piedi, il modello standard della fisica moderna avrebbe bisogno di una particella mille volte più pesante, come ordine di grandezza» spiega Luciano Maiani, uno dei padri della fisica teorica moderna, ex direttore del Cern e del Cnr. «Una soluzione potrebbe arrivarci dalla supersimmetria. Secondo questa teoria, per ogni particella a noi nota ne esiste un’altra più pesante detta supersimmetrica». Gian Francesco Giudice, fisico teorico del Cern, sostiene che «se l’Higgs fosse stato ancora più leggero, l’universo sarebbe risultato instabile, rischiando una transizione di fase capace di distruggerlo. Il valore di 125 ci fa restare in bilico sul ciglio di un burrone, ma non pone preoccupazioni immediate».


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