Ci sono i taxi, non le correzioni promesse al Pd

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E così, dopo un’analisi attenta dei provvedimenti, viene fuori un decreto che esclude alcune delle misure più attese. Soprattutto una: l’ammorbidimento della sanzioni per chi sceglierà  di andare prima in pensione. Si tratta di quella correzione alla manovra in favore dei lavoratori precoci che il Pd aveva chiesto a gran voce. E che di fronte alla impermeabilità  del «salva Italia» era diventata un ordine del giorno, approvato. Eppure il governo se n’è dimenticato. I ministri hanno spiegato la clamorosa esclusione con l’esigenza di mantenere omogeneo il decreto. Ma lo schiaffo per i democratici è pesante, e non è il primo.
In serata è intervenuto l’ex ministro del lavoro Cesare Damiano, uno che con il consenso di Bersani non aveva risparmiato critiche agli interventi di Monti sulle pensioni. «Le correzioni alla previdenza erano state richieste dai partiti che sostengono la maggioranza negli ordini del giorni accolti dal governo e approvati alla camera», ha ricordato Damiano. Avvertendo che a questo punto il partito «insisterà  con gli emendamenti perché riteniamo indispensabile il rispetto degli impegni». Il governo, però, durante l’iter della manovra in parlamento, ha dimostrato di saper chiudere le porte alle richieste di modifiche. Un emendamento a un decreto non è poi il modo più facile per cambiare quella che l’esecutivo considera la riforma strutturale della previdenza. Possibile allora che servirà  un provvedimento in più, un nuovo decreto nel prossimo consiglio dei ministri convocato per il 28 dicembre.
Per il resto nel decreto «prosciugato» è rimasta la proroga del blocco degli sfratti (un anno), del termine di entrata in funzione del sistema di tracciabilità  dei rifiuti (fino al 2 aprile, le imprese fanno resistenza), la proroga della possibilità  per i medici di esercitare in intra moenia ben lontani dalle mura degli ospedali, e dunque nei loro studi privati (un anno), la proroga del commissariamento della Croce rossa (il commissario Francesco Rocca conserva l’incarico per un altro anno) e ancora una misura sui taxi, il rinvio (al 30 giugno) delle norme che dovrebbero impedire l’esercizio abusivo del servizio.
Oltre che nel lungo Consiglio dei ministri, Mario Monti è stato impegnato ieri nei colloqui con i leader del Terzo polo, il partito che con più convinzione sostiene il governo. Prima Casini e poi Rutelli sono stati ricevuti a palazzo Chigi (così da non restare esclusi dal giro che era iniziato con Berlusconi e Bersani mercoledì). Rutelli ha spiegato che le prossime mosse del governo saranno nel senso delle liberalizzazioni – dopo l’umiliante stop sui taxi e le farmacie – e per la crescita. Parole che aspettano di essere riempite di contenuti, ma intanto possono servire a confermare che la riforma del lavoro per quanto annunciatissima non è più nelle priorità  dell’esecutivo. Una buona notizia per l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori.
Casini ha raccomandato a Monti e a spiegato ai giornalisti l’esigenza di rafforzare il governo rendendo stabili le consultazioni con i partiti della maggioranza. Un metodo che però trova contrari il Pd e soprattutto il Pdl, i cui rappresentati ieri sono stati disposti ad incontrare il primo ministro alle otto del mattino pur di non incrociare altri alleati. Del resto il clima tra ex avversari è quello che è: La Russa ha confidato che «votare insieme a Bersani è una bruttissima sensazione». Pronta la replica del Pd: «È una brutta sensazione essere stati governati da La Russa».


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